Il socialismo reale si incontra in spiaggia

Uno dei dilemmi più controversi di questa torrida estate è se faccia più ridere la destra oppure la sinistra.

Quest’ultima, ad esempio, nelle settimane scorse non ha mancato di coprirsi di ridicolo con la melodrammatica denuncia dell’occupazione sistematica di tutti i programmi Rai da parte della nuova destra autoritaria, razzista e revanscista che toglie ogni spazio di dibattito, promuove solo i suoi servi e i suoi lacchè e impone il metodo delle veline di regime. E vedere gli eroici giornalisti delle Brigate Santoro prendere scarponi e moschetto e andare sui monti per combattere il nazifascismo imperante, dopo aver passato i secoli e i millenni a mangiarsi pure le gambe del tavolo e a prendersi tutte le posizioni, tutti i ruoli e tutti gli incarichi della televisione di Stato, è una delle immagini più spassose e più grottesche a cui si è potuto assistere negli ultimi mesi. Più spassose e grottesche degli strafalcioni del ministro della Cultura Sangiuliano che, contrariamente a quanto si dice in giro, è uno molto colto. Solo che lo nasconde benissimo.

Ma la destra, per non essere da meno, ha toccato puri vertici di arte circense sulla questione dei balneari, freschi di una serrata di due ore per protestare contro un governo che credevano amico e che invece li obbligherà – tradimento! - a mettere fine, con due secoli di ritardo, alle loro eterne, sempiterne e praticamente gratuite concessioni. Ora, che il dibattito politico di una nazione sedicente moderna ed evoluta si incentri, con toni da guerra civile, su categorie marginali come quelle dei balneari e dei taxisti la dice lunga sul livello di (sotto)sviluppo della nazione di cui sopra. Ma il tema non è questo. Il tema è il nanismo della destra - del tutto simile a quello del centro e della sinistra, a dir la verità - sul tema dei balneari. E cioè sul tema della concorrenza. E’ qui, è sempre qui che casca l’asino italiano. Che nessuno ha la capacità e il coraggio di scozzonare.

Margareth Thatcher, che non era una mammoletta e che era una di destra-destra, talmente di destra che più destra non si può, il problema dei balneari lo avrebbe risolto in un minuto. Tutto a gara. Tutto a gara subito, immediatamente. E vinca il migliore. Così come, nello stesso minuto, avrebbe risolto il problema dei taxisti. Licenze libere. E vinca il migliore. Perché l’unica cosa che conta è il cliente, il servizio al cliente, non i comodacci di chi detiene, chissà perché, da tempo immemore una rendita di posizione inscalfibile e immodificabile.

E quindi di solito costosa e inefficiente. Questa è la destra, la destra vera, puro distillato di cultura individualista anglosassone secondo la quale deve prevalere sempre il merito e quindi la possibilità per tutti – per tutti, pure per gli ultimi della fila, non solo per gli amici degli amici - di fare impresa. E nel confronto corretto e normato del mercato a trarne vantaggio sono i migliori. E di conseguenza i consumatori.

Ovvio che la Thatcher non è la Bibbia e che i lati negativi del liberismo sono tanti e profondi, alcuni inaccettabili, ma almeno questa è una linea chiara. Feroce e spietata, certo, ma trasparente. Mentre qui dobbiamo sorbirci la solita difesa fangosa, tartufesca e platealmente clientelare di una categoria parassitaria che versa la scandalosa cifra di poco più di cento milioni l’anno in tutta Italia - pensate a quanto costa un ombrellone e due lettini nel più scalcagnato stabilimento della Liguria, della Romagna o della Toscana e fate due conti - di fronte a un valore di mercato immensamente superiore delle nostre tantissime spiagge. Che sono demaniali e quindi di tutti: chiaro?

Ma non è finita qui. La difesa a oltranza di questa corporazione ha ridotto nel corso del tempo in maniera impressionante il numero delle spiagge libere, ridotte a schifose latrine marginali per diseredati e scappati di casa, senza servizi, senza docce, senza parcheggi. Perché l’equazione è semplice nella repubblica delle banane: se hai i soldi puoi permetterti la giornata al mare, altrimenti sei un morto di fame e quindi stattene a casa tua. In Francia, giusto per citare un paese di bolscevichi dove da sempre vige il socialismo reale, anche nelle località più esclusive - Saint-Tropez, Cannes, Porquerolles – i lidi sono liberi, praticamente tutti, poi trovi qua e là degli stabilimenti dove ti portano allegramente via la tredicesima e pure il Tfr, certo. Ma lo hai scelto tu, ben sapendo dove andavi a passare le vacanze. La lunga spiaggia della Promenade a Nizza è liberissima. E ben servita, con le docce e tutto il resto e anche qui se vuoi stare comodo e farti spennare hai solo l’imbarazzo della scelta. Ma non è una scelta obbligata. E potremmo fare altri esempi in tanti altri paesi.

Le spiagge pubbliche non sono un concetto da Stati comunisti, ma da Stati liberali, questa è la grande truffa della nostra culturetta consociativa e stracciona che ci marchia a fuoco e che rende patetici tutti i proclami dei nostri variopinti governi. Ed è veramente penoso, oltre che spassoso, vedere come un esecutivo di centrodestra, che dovrebbe avere nello scardinamento delle rendite di posizione e nell’esaltazione del mercato e della meritocrazia il suo cuore pulsante, difenda l’indifendibile, prenda in giro i balneari con promesse che non può mantenere e prenda in giro pure l’Europa dopo aver firmato un accordo vincolante sulla concorrenza.

I soliti italiani. La solita Italietta. La solita Italietta delle protezioni, delle sovvenzioni, delle prepensioni, delle affiliazioni, delle corporazioni, delle cooptazioni, delle finte fatturazioni - fattura? fattura? cosa significherà mai questa parola sconosciuta? – delle evasioni, delle lamentazioni, del contante, dello stellone, del mi manda Picone, dello Stato padrone. Perché la verità è che l’unico paese dove vige ancora il socialismo reale - in versione macchiettistica, ovviamente - è proprio il nostro. E che alla fine la Meloni, checché se ne dica, è uguale alla Schlein.

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