Consoliamoci: alle prime elezioni della storia d’Italia, si erano recati alle urne 418.693 cittadini, pari all’1,89% della popolazione. Le legge di allora, quella estesa dal Piemonte al resto del paese, concedeva il diritto solo agli uomini con almeno 25 anni di età, che sapessero leggere e scrivere, e pagassero un “censo” di imposte dirette non inferiore alle 40 lire. Vista l’esigua percentuale si può desumere che l’evasione fiscale fosse molto elevata anche allora. Il problema adesso però è anche l’evasione dal voto. Perché oggi, con il suffragio universale, tutti gli italiani possono esercitare il proprio diritto, ma, in maniera sempre maggiore decidono di non farlo.
Premesso che il tema rimane sotto i riflettori giusto un paio di giorni a ridosso delle urne, poi torna nell’ombra, va detto che le percentuali raggiunte alle Regionali in Lombardia sono inquietanti. Siamo al 41,63% quasi nove punti al di sotto della metà degli aventi diritto. Chi ha deciso di recarsi ai seggi ha premiato, con una larga maggioranza, il governo uscente. Si può dire che quella del leghista Attilio Fontana è stata una riconferma con poco entusiasmo. Cinque anni fa, quando i seggi erano rimasti aperti solo la domenica c’era stato oltre il 30% degli elettori in più. Dov’è finita tutta questa gente? E si parla, su un corpo elettorale di 7,8 milioni di quasi due milioni e mezzo di persone. Perché non vuole più scegliere i propri rappresentanti? Se si guardano le tendenze degli ultimi anni si può azzardare una risposta approssimativa. Con ogni probabilità di tratta di coloro che, a ogni elezione dopo la fine della Prima Repubblica, sono andati a cercare la novità. L’ultimo partito a giovarsi di questo trend (e in parte ha continuato a farlo anche questa volta) è stato Fratelli d’Italia del premier Meloni che ha vinto anche nelle regionali in Lazio e Lombardia. Prima era toccato nell’ordine a Forza Italia, Pd di Renzi, Movimento Cinque Stelle e Lega di Salvini. A ogni consultazione però la pattuglia dei “proviamo anche questo” è andata ad assottigliarsi perché la disillusione è cresciuta e il demiurgo, alla prova del governo, non si è dimostrato tale. Da qui l’incremento del fronte astensionista. Per carità non è una tragedia.
Da tempo, in una democrazia evoluta come quella degli Stati Uniti, la scarsa risposta all’appello delle urne, è una regola. Nell’Italia era sempre andata diversamente, anche perché quella del voto, dopo vent’anni di dittatura, era stata una conquista sofferta e non indolore. Alla fine però il tempo ha cancellato i ricordi.
Ma forse sarebbe il momento per il ceto politico, di smetterla di ignorare il fenomeno. Sul dato della partecipazione di domenica e ieri, dovrebbero riflettere prima di tutti i vincitori. Perché Giorgia Meloni, al di là del fuoco amico che non cesserà dopo questo risultato, anzi, dovrà anche guardarsi dalla disaffezione di coloro, che grazie alla sua coerente e tenace opposizione agli ultimi governi del paese, l’hanno inquadrata come novità, portatrice di cambiamenti che, per ora, ma è presto, non si sono visti. Questa sorta di ottimismo per il nuovo, però, sta andando a scemare. La lettura del voto della Lombardia, peraltro non privo di qualche sorpresa dice che non c’è stato, appunto, grande entusiasmo per gli uscenti, ma non esistevano alternative poiché neppure la somma dei consensi ottenuti da Pierfrancesco Majorino e Letizia Moratti, uguaglia il risultato del centrodestra di Attilio Fontana che è andato al di sopra delle aspettative. E questo può consolare il Pd della scelta fatta .Ma alla fine, nessun candidato, ha scaldato più di tanto i cuori dei lombardi.
La debacle maggiore è certo quella del Terzo Polo, dove forse è mancato anche il calore da parte della componente renziana nei confronti dell’ex presidente della Rai. Certo, questo risultato ridimensiona di molto ambizioni e proclami. Nel centrodestra poi, la Lega migliora la performance delle politiche (ma il voto regionale è più nelle corde del Carroccio) e anzi, con la somma dei voti ottenuti dalla lista civica di Fontana, smentisce i pronostici e si avvicina a Fdi che registra una leggera flessione, mentre Forza Italia è stabile. Dall’altra parte il Pd guadagna qualche punto e vista la situazione ectoplasmatica del partito e l’effetto Panzeri è già qualcosa.
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