Ipocrisie e pasticci da politica e calcio

Da lassù di certo Papa Francesco sta sorridendo. Ma è un sorriso perplesso e un poco amaro. Perché lui era uno che i protocolli e le forme li viveva sempre con fastidio neppure malcelato.

Pare che neppure avesse le scarpe adatte per partecipare al conclave che lo avrebbe eletto come successore di Pietro e se le fosse fatte comprate: le stesse, probabilmente, che ha poi portato per i suoi dodici anni fuori dal palazzo apostolico, magari facendole risuolare.

Ha trasformato la Papamobile in un’utilitaria, voluto un funerale da “comune mortale” sepolto nella terra e, in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, si era vestito con il poncho e i pantaloni da semplice prete.

Chissà cosa avrebbe pensato di fronte ai cinque giorni di lutto nazionale proclamati dal governo italiano in suo onore e all’invito del ministro Nello Musumeci per la celebrazione di un 25 Aprile “sobrio”. Se si prende il termine alla lettera bisognerebbe vietare la vendita di alcolici domani. In senso lato ci si chiede, e forse lo farà anche Bergoglio dalla sua stanzetta in paradiso (avrà certo declinato l’invito ad alloggiare in una suite riservata ai vicari del Principale), come sia possibile. “Non nel mio nome”, potrebbe gridare. Quella della Liberazione per chi la vuole celebrare è una festa. Non può essere sobria. Pensate se fosse stato “sobrio” il primo 25 Aprile? Certo, magari, la sobrietà sarebbe stata auspicabile dopo, in modo da evitare tanta violenza spesso gratuita. A meno di non voler giustiziare Mussolini con pallottole di gomma (peraltro era il 28, quindi il lutto sarà finito: a Roma qualcuno ci ha pensato?) ed esporre un cartonato in piazzale Loreto.Si scherza, ovviamente. Ma è chiaro che quando il ricordo diventa formalismo burocratico, si apre la porta all’assurdo.

È evidente che il lutto “prolungato” si presta a speculazioni. Su questo Giorgia Meloni che, pure, per suoi meriti e demeriti altrui (siano nemici o amici ), ormai si sta cucendo addosso un abito da statista, continua a scivolare.

Il Papa non amava l’ipocrisia e neppure disdegnava la leggerezza. Ed era anche appassionato di calcio. Conterraneo di Maradona e Messi, preferiva però il brasiliano Pelè. Anche se la squadra del cuore era argentina: il San Lorenzo di cui era socio con  la tessera numero 88.235. Le ultime tre cifre, corrispondono all’ora di Buenos Aires in cui è avvenuta la sua morte. Ed è subito partita la cabala.

Il calcio ha dato davvero il peggio di sé nel tentativo di omaggiare il Pontefice, finendo per oltraggiarlo. Perché prima sono state programmate senza farsi troppi scrupoli partite a Pasqua e Pasquetta: del resto il calendario lascia poco scampo: bisogna andare in campo il più possibile per garantirsi gli introiti televisivi e inventarsi nuove competizioni. Poi però ti muore il Papa nel bel mezzo di una giornata e allora parte il contrordine: niente calcio il lunedì dell’Angelo dopo aver giocato nel giorno della Resurrezione. E neppure il sabato in cui si terrà il funerale di Francesco. Che di certo avrebbe preferito vedere anche gli stadi pieni come sarà piazza San Pietro. E di gente comune, non di Vip. Altro che omaggio al Papa. Ipocrisie e pasticci: come quello sul recupero di Roma-Inter, più facile risolvere il cubo di Rubik che trovare una soluzione che andasse bene a tutti. C’è di buono almeno che gli Ultras manterranno la necessaria sobrietà…

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