Isaac Bashevis Singer, forse il più grande narratore del Novecento, amava i giovani. Soprattutto, amava i bambini. E ha scritto un vero e proprio decalogo per spiegare le ragioni per cui scriveva racconti dedicati a loro.
Vediamolo: ai bambini non importa niente dei critici; non leggono per scoprire chi sono; non leggono per sbarazzarsi del senso di colpa; non sanno che farsene della psicologia; detestano la sociologia; non cercano di capire “Finnegans Wake”; amano le storie interessanti, non i commenti; quando un libro è noioso sbadigliano apertamente, senza timore dell’autorità; non si aspettano che lo scrittore riscatti l’umanità, per quanto giovani sanno che non ne ha il potere: solo gli adulti hanno illusioni così infantili. Ma, soprattutto, Singer amava i bambini perché “credono ancora in Dio, nella famiglia, negli angeli, nei diavoli, nelle streghe, nei folletti, nella logica, nella chiarezza, nella punteggiatura e in altre simili cose obsolete”. Strepitoso, vero?
Ora, al netto che Singer era un genio - chiunque abbia letto “La famiglia Moskat” ne è rimasto dannato - è straordinario come ci aiuti a capire quanto patetiche e penose e spassose e grottesche, ma soprattutto ridicole – ridicole, capito? ridicole! – siano le polemiche che alcuni sedicenti statisti di sinistra e alcuni sedicenti scrittori di sinistra e alcuni sedicenti giornalisti culturali di sinistra hanno scatenato una volta appresa la notizia dell’intenzione del ministro dell’istruzione Valditara – che una volta tanto ne ha azzeccata una – di introdurre lo studio della Bibbia alle scuole elementari. Una riforma a loro avviso passatista, reazionaria, autoritaria, occhiuta, bacchettona, confessionale, patriarcale, codina e propagandistica, simbolo della nuova destra restauratrice che rifiuta il futuro e il mondo che verrà per rifugiarsi nel passato, nell’ortodossia, nella censura dello Stato laico e bla bla bla.
Onestamente, come si fa a non ridere? Come si fa a rimanere seri di fronte a delle scempiaggini del genere? Perché è vero che anche i sedicenti politici di destra, i sedicenti intellettuali di destra e i sedicenti giornalisti di destra fanno ridere (basta pensare al loro concetto di mercato, di concorrenza e di evasione fiscale per iniziare a sghignazzare e non fermarsi più) ma mai quanto fanno sbellicare gli scienziati di sinistra quando discettano, tronfi ed egagri, di scuola e cultura.
La Bibbia, dunque. La Bibbia. Solo uno sciocco o uno in malafede può dire che la Bibbia riguardi soltanto chi ha fede. Un bambino, un bambino di Singer, non lo penserebbe mai. Un trombone laicista ferrovecchio ex sessantottardo invece sì. La Bibbia rappresenta per chiunque - credente, agnostico, ateo, cristiano, ebreo, musulmano - il libro fondamentale della civiltà, la pietra d’angolo della nostra struttura mentale, fucina della stragrande maggioranza degli archetipi culturali e letterari dell’occidente. Proprio per questo è il “libro dei libri”. Lì dentro c’è tutto. Storia, geografia, etica, morale, tradimento, saccheggio, sangue, sopruso, delitto e castigo, ricchezza e povertà, sesso e amore, caduta e resurrezione, speranza, infamia, ingiustizia, solitudine, carità. C’è tutto. E’ tutto lì. E’ tutto lì da sempre, nei secoli dei secoli. Non c’è questione attuale, attualissima che non trovi la sua chiave di lettura in quel testo. Che è un testo sacro per chi crede, ma è anche un testo mitico, un testo epico. E i bambini hanno una capacità assoluta, profondissima, commovente, di entrare nella dimensione mitica, nella dimensione epica e di cogliere lì il senso della vita, della morte, del dolore, del riscatto. E quindi i bambini, i bambini delle elementari, sono i lettori perfetti della Bibbia, come sapeva Singer e come non sanno i cervelloni di cui sopra. Sempre che un bambino non sia un imbecille - ma quelli non sono mai i nostri, naturalmente, sono sempre quelli degli altri - anche se in quanto a imbecilli diciamo che gli adulti, specialmente quelli che si occupano di cultura, non temono confronti con nessuno.
La verità è che pure questo argomento, frutto tra l’altro del lavoro di un gruppo di studio molto qualificato presieduto da uno storico di vaglia come Ernesto Galli Della Loggia, che giusto ieri sul “Corriere” ha fatto a pezzi le ridicole - ridicole, capito? - argomentazioni dei suoi detrattori, è finito nel frullatore della polemica politico-ideologica che caratterizza la guerra per bande che governa questo povero Paese da decenni. Con esiti grotteschi. Nell’era berlusconiana la sinistra aveva fatto le barricate contro la scuola delle “tre i” - inglese, imprese, informatica - nel nome della difesa della classicità e dei valori umanistici figli della riforma Gentile (che paradossalmente era pure un fascista, non a caso fatto fuori dai partigiani) e adesso che si tenta un serio ritorno ai valori storico-umanistici lo si contesta lo stesso. Misteri.
Quante stupidaggini. Un bravo docente - è questo che fa la differenza, è questo il protagonista di una scuola seria, autonoma e meritocratica - farebbe a dei bambini di sei anni delle lezioni meravigliose su Abramo e Isacco, così come su Ettore e Achille, così come su Ulisse e Diomede, così come su Giuda e Lucifero. E questi bambini sarebbero così capaci di “entrare” nel mondo da quella porta di accesso e di costruirsi piano piano una visione complessiva della storia, della vita, della realtà e, poi, di formarsi un carattere e imparare un metodo di studio - non è questo il vero compito della scuola? - e poi, solo poi, di specializzarsi. E diventare così architetto o macellaio, ingegnere o falegname, filosofo o top manager, impiegato o astronauta, egittologo o ballerino di bachata, stilita o seduttore, art director o influencer. Diventare adulto.
Ma noi preferiamo gli adulti bambocci, quelli che a scuola leggono Murgia, Scurati, Cazzullo, Fabio Volo o qualche patetico premio Strega. Che, in fondo, sono la Bibbia che ci meritiamo.
@DiegoMinonzio
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