Sarà forse una miopia incipiente non corretta con le lenti a contatto, ma in molti si sono chiesti la ragione del nuovo look sfoggiato da Matteo Salvini, uno che comunica anche con ciò che indossa, vedi le celebri felpe a tema, ma anche il petto nudo e boxer esposti nella scellerata epopea del Papeete e dell’utopia dei pieni poteri. Se con Silvio Berlusconi, bandanate estive di altri tempi a parte, puoi andare sul sicuro: lo troverai sempre fasciato nei suoi doppipetto Caraceni come Paperino con la “marinara”, il caso del leghista è diverso. Perché alle lenti con montatura di medio calibro ha associato con costanza, nelle ultime apparizioni, la giacca e la cravatta. Alla fine un corredo da democristiano doroteo, il più lontano possibile dalle bluse con il cappuccio buone per mettersi alla guida della ruspa. Forse Salvini, al di là della sanatoria sugli immigrati irregolari al lavoro che potrebbe fargli riprendere per un attimo le vecchie abitudini, ancora una volta, ha capito cosa vogliono adesso gli italiani. Qualcosa a cui, quando ce l’avevano non davano o non davamo importanza, come capita sempre in questi casi.
Si chiama normalità ciò che ci manca da mesi e che la Fase 2 ci ha restituito solo in minima parte. Delle cose eccezionali, dei pieni poteri, dei porti chiusi, dei clandestini che ci invadono (ora non più peraltro) abbiamo smesso di interessarci. Di necessità si fa virtù. Così è la vita. Salvini, animale politico, questa sensazione che alberga nell’animo degli italiani l’ha colta in pieno e ha tentato di adeguarsi attraverso un cambio di look, forse consigliato dal team che lo supporta per la gestione dell’immagine. Anche perché, il capo del Carroccio, sondaggi alla mano, si è accorto che l’altra strategia, quella sopra le righe, non attecchiva più. Il problema però è che, in questo caso, se Salvini ha azzeccato la prognosi non possiede la cura. Perché la normalità non è una sua esclusiva, anzi è in larga parte praticata dagli altri leader politici e forse con maggiore spontaneità. Non parliamo di Giuseppe Conte, con il suo look da avvocato di lignaggio e i messaggi privi di enfasi e retorica che infonde a ridosso dei Tg della sera, magari impappinandosi (ad arte?) anche un po’. Ma pensate a Nicola Zingaretti, uno che ha lasciato al fratello Luca, commissario Montalbano, tutta la razione di carisma in dotazione alla famiglia e appare talmente normale da essersi preso, come purtroppo tantissimi italiani, il coronavirus. Qualcosa che, senza merito e senza neppure fare più di tanto, lo rende immedesimabile per tanti connazionali. Sarà per questo che il Pd stagnante nell’azione politica segna una crescita, per carità non eclatante, ma, appunto, ordinaria, nei sondaggi. Per Salvini, poi, c’è la anche la concorrenza interna di uno che, a parte lo scivolone sui cinesi che banchettano con i topi vivi è un’altra quintessenza di una normalità e di una concretezza veneta che lo ha portato a bagnare il naso alla Lombardia in quanto a efficienza e tempestività nella gestione della pandemia. Un normale che, oltretutto, è quanto di peggio potrebbe ritrovarsi sulla strada il Capitano: mediti di degradarsi a caporale di giornata per tornare in sintonia con gli italiani. Un problema quello della difficoltà a veicolare un messaggio di normalità che si ritrova nell’altro Matteo, Renzi, che almeno neppure tenta di camuffarsi, anzi procede a plotoni appaiati nella sua “eccezionalità” che però, ormai, sempre stando ai sondaggi, non incanta più nessuno. Peccato non vi siano più in circolazione quei vecchi, grigi anonimi e tanto rassicuranti democristiani. Con le loro grisaglie, le loro montature ciclopiche di occhiali, i loro pallori da impiegati del catasto e magari anche con le loro qualità politiche, si metterebbero in tasca tutti.
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