Questa è la storia vera di un ragazzo (omettiamo le generalità per la privacy) e di un Paese, l’Italia. Lui, in quell’età beata a metà tra i 20 e i 30 anni, ha deciso di fare un’esperienza all’estero, in uno Stato agli antipodi del nostro, e non solo per la geografia come vedremo. La sua storia può assumere lo status di emblema su cui varrebbe la pena di riflettere. Due premesse: il giovane non è partito per necessità. Qui, viveva in una ricca provincia della Lombardia, aveva un buon lavoro sicuro e ben pagato, abbinato alla fortuna di non dover provvedere alle spese dell’alloggio e delle bollette.
E neppure si tratta del classico “cervellone” in fuga perché l’Italia non valorizza abbastanza le sue doti. Non che il nostro emigrante per diletto sia poco istruito, anzi. E neppure, come l’Alberto Sordi nel celebre “Bello, onesto, emigrato in Australia…” era in cerca di un’anima gemella, di cui è già provvisto. Sta di fatto che poco dopo essere sbarcato nella sua nuova e provvisoria “patria” , il protagonista del nostro racconto ha trovato un’occupazione stimolante e ben remunerata. Il suo datore di lavoro gli ha fornito mezzi di trasporto, vitto e alloggio e un trattamento davvero favorevole, anche per riconoscere i buoni risultati delle sue prestazioni. Cose purtroppo difficilmente realizzabili da queste parti.
Allora è successo che il ragazzo, in una telefonata alla mamma, si sia lasciato andare a questo sfogo: «Com’è diverso qui quello che si fa per i giovani. In Italia per noi questo governo è riuscito solo a varare le leggi contro i rave party e la cannabis light. Ora che sono qui mi rendo davvero conto delle differenze. Ho un primo stipendio che mi consente di vivere bene e di mettere da parte dei soldi, da voi se avessi dovuto anche pagare un affitto e pur ricevendo un compenso soddisfacente, avrei fatto fatica, perché trovare un alloggio a un prezzo abbordabile è impossibile».
Va detto che, per sgombrare il campo a interpretazioni malevoli, il protagonista di questo racconto è quanto di più lontano possa esserci, nell’universo giovanile, da rave e cannabis. Perciò il suo riferimento è del tutto disinteressato. E sarebbe bello che qualche suo coetaneo, leggendo questo pezzo segnalasse qualcosa fatto dall’attuale esecutivo, o anche dei precedenti, in favore della possibilità per i giovani di costruirsi un futuro. Ma qualcosa di concreto, non le solite misure di mera propaganda.
Appare difficile negare che questa storia sia davvero emblematica di un Paese, l’Italia, che, al di là delle classifiche internazionali che già ci spernacchiano in tutti i modi, dà la peggiore quanto realistica immagine di sé, se visto da lontano e paragonato sul campo ad altre realtà. Che futuro può avere una nazione che non ne dà uno ai suoi giovani? Questa è la domanda da cui dovrebbero partire i politici, tutti, non solo coloro che stanno al governo. E sarebbe il caso di fornire una risposta a breve. Se persino a chi “emigra” per diletto e non per necessità, passa la voglia di tornare indietro, immaginiamoci gli altri. Possibile che nessuno individui questo aspetto come prioritario? E l’esempio portato dal ragazzo da cui è stata avviata questa riflessione dovrebbe dimostrare che sarebbe possibile farlo, visto che altrove è successo.
Da noi, in questi giorni, si discute sull’assegno unico per i figli, già solo un pannicello caldo per le famiglie. E solo questo che si riesce a realizzare? Possibile che alle giovani coppie che vorrebbero mettere su casa sia negata la possibilità di farlo senza l’aiuto delle famiglie che appaiono comunque sempre più in difficoltà a fornirlo, visto che l’inflazione sta consumando stipendi e risorse accumulate? Certo, una delle cause sono gli affitti onerosi. Ma anche i salari del tutto inadeguati al costo attuale della vita. Sì, qualche misura per detassare gli stipendi dei neo assunti è stata adottata. Evidentemente però non basta perché nelle tasche di questi giovani non arriva abbastanza per garantire i l loro futuro. Un Paese che non guarda al futuro e che non investe su di esso è destinato a una lenta, ma inesorabile necrosi. E i suoi politici diventano come un gigantesco pitone che inghiotte tutto un po’ alla volta.
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