La squallida propaganda
sul caso Cucchi

È vero che la guerra in Ucraina è argomento totalizzante che affolla le nostre giornate e moltiplica timori e tremori sia per la sorte di quella popolazione civile sia per le conseguenze sui nostri stipendi e le nostre bollette. Ma nel bel mezzo del conflitto sarebbe meglio non perdere di vista alcune porcherie che nulla hanno a che vedere con Putin e che sono invece totalmente made in Italy. Perché quando si parla di crudeltà e propaganda nessuno può vantarne il copyright.

Il caso Cucchi, ad esempio - che si è chiuso definitivamente nei giorni scorsi con le condanne dei carabinieri autori materiali dell’omicidio del giovane e degli altri militari che hanno organizzato il depistaggio delle indagini - è una delle vicende più schifose, ignobili e nauseanti della storia repubblicana, peraltro già ricca di suo di storie schifose, ignobili e nauseanti. Lo è nei fatti: il pestaggio gratuito, immotivato e sadico di una persona inerme che ha trovato la morte non durante una rapina o nel mezzo di una battaglia, ma dentro una caserma delle forze armate che, per statuto, dovrebbero invece essere il simbolo, il simulacro della legalità, delle garanzie costituzionali, del rispetto e della sicurezza delle persone. E lo è anche in tutto quello che è stato organizzato da quel lontano 2009 in poi da altissimi gradi dell’arma per insabbiare la verità, cosa forse addirittura più grave dell’omicidio preterintenzionale del giovane, perché qui c’è anche l’aggravante inaudita della premeditazione e della difesa omertosa dei commilitoni responsabili.

Ma la cosa più riprovevole, ora che è passata tanta acqua sotto i ponti e che il processo Cucchi, dopo la sentenza in Cassazione, è ormai consegnato alla storia, è la propaganda costruita ad arte che ha trasformato un tragico fatto di cronaca in una mazza ferrata da brandire nel nostro dibattito politico - il nostro vergognoso dibattito politico, il nostro avvilente dibattito politico, il nostro inqualificabile dibattito politico - secondo il quale quel fatto non era un evento da indagare e verificare, ma un drappo rosso da sventolare davanti agli occhi iniettati di sangue del popolo bue assetato del Verbo. E cioè, da una parte i carabinieri, difensori dell’ordine, della giustizia e della legalità, e dall’altro un tossico, uno sbandato, uno scappato di casa, un autolesionista, che era morto di suo, che era caduto dalle scale, che era stato abbandonato dalla famiglia e bla bla bla. Insomma, quel tossico, che in quanto tossico non era un essere umano, ma un essere subumano, era andato un po’ a cercarsela, diciamoci la verità.

Ora, visto che il tempo non è galantuomo, ma è impalcabile e spietato e che la carta canta e ancora di più cantano e trillano e cinguettano i social, ci sono a verbale svariate dichiarazioni negazioniste di statisti di destra che a rileggerle ora - una roba che fa senso, una roba che fa schifo, una roba che fa vomitare - suggerirebbero agli statisti di cui sopra di salire a bordo di un camion travestiti da soldati tedeschi e di dirigersi verso l’alto lago e il ridotto valtellinese, poi di scavare una buca di un paio di metri e sotterrarcisi per almeno un lustro, il tempo minimo per spurgare le loro nefandezze. E questo non c’entra un bel niente con la destra o la sinistra - anche perché preme sottolineare che a chi scrive questo pezzo la parola “sinistra” fa venire le bolle - ma c’entra tutto con la dignità e la decenza. Un essere umano è un essere umano. E un essere umano nelle mani delle forze dell’ordine deve essere l’essere umano più protetto del mondo, chiunque sia, qualunque cosa abbia fatto, di qualsiasi crimine possa essere accusato. Nessuno deve permettersi di torcere un capello a Hitler né a Stalin né a Putin, che ultimamente va molto di moda. E’ chiaro? E quindi, tanto meno a Stefano Cucchi o a chiunque altro.

E invece ci siamo dovuti beccare anni di propaganda politica di serie C – vero genius loci - dove questi chiacchieroni, questi fanfaroni, questi insopportabili cialtroni hanno bellamente nascosto la verità sul processo che era in corso per vendere ai loro elettori semi alfabetizzati una storia che non aveva alcun contatto con la realtà. Con l’aggravante di aver scatenato nei peggiori dello schieramento opposto - i cialtroni e gli analfabeti funzionali sono equamente distribuiti tra destra e sinistra, cosa credete? - di partire con la tiritera sui carabinieri che sono tutti fascisti, sulle forze dell’ordine che sono il braccio armato della reazione, della casta e dei poteri forti e tutto il resto del peggior vocabolario forforoso anni Settanta che ha già fatto tanti di quei danni che ne pagheranno le conseguenze pure i nostri nipoti.

Anche in questo caso - come per l’Ucraina? - a nessuno, o comunque a ben pochi, interessa cosa sia realmente accaduto in quella caserma - e a cosa accade nel Donbass? - ma solo avere un argomento aprioristico, indiscutibile, totalitario, qualche che sia - Cucchi, i migranti, la Corea del Nord, le tasse, il rosario, i transgender, il suicidio assistito, gli spaghetti allo scoglio - da utilizzare come manganello contro i nemici di schieramento, di classe o di corporazione.

Ci sono due carabinieri che hanno ucciso Stefano Cucchi. Ci sono un generale, un colonnello, quattro comandanti e altri due carabinieri che hanno depistato le indagini. Punto. Tutti gli altri carabinieri d’Italia non c’entrano niente. E per fortuna che ci sono e ci proteggono dalla malavita. Che i tromboni di sinistra si mettano il cuore in pace con il loro ridicolo pacifismo e il loro ridicolo antimilitarismo.

C’è un giovane che è stato ammazzato senza alcun motivo. Punto. E che fosse un tossico non c’entra nulla. Che i tromboni di destra che lo hanno sempre negato abbiano la decenza di vergognarsi e di chiedere scusa. Soprattutto a Ilaria Cucchi e alla promessa che ha fatto davanti al corpo martoriato del fratello sul tavolo dell’obitorio: “Ti giuro, non finisce qui”. Questo sì che è uno statista.

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