C’è qualcosa di brutale nel modo in cui Mario Draghi tratta i leader dei partiti che sostengono il suo governo. Qualcosa di sprezzante, di irridente, di liquidatorio. Addirittura di ingiusto.
Venerdì sera, ad esempio, durante la conferenza stampa di presentazione dell’ormai iconico Green pass ha dato sostanzialmente del pirla a Salvini. Certo, senza parolacce e articolando una prosa molto british, asciutta e sintetica, però, insomma, ha detto proprio così – “l’invito a non vaccinarsi è un invito a morire” -, e in tutta onestà mai si era visto il capo del primo (?) partito d’Italia preso così sadicamente a ceffoni in diretta televisiva. Ma lo stesso identico trattamento il premier lo ha riservato qualche settimana fa al maggiore antagonista di Salvini, e cioè il segretario del Pd Enrico Letta, svillaneggiato e strapazzato pure lui in diretta tivù sulla proposta di aumento delle tasse di successione sui patrimoni oltre i cinque milioni di euro. Due schiaffi a freddo – “questo non è il momento di prendere i soldi dai cittadini, ma di darli” - e via andare pure lui. Per non parlare di Di Maio, che forse non se ne è ancora accorto, ma quell’altro sta facendo anche il ministro degli Esteri.
Ora, la questione non è tanto su chi alla fine abbia ragione sull’oggetto del contendere. Magari sull’obbligo surrettizio di vaccinazione ha in parte ragione Salvini, magari sulla necessità di tassare di più le grandi eredità come si fa in tutta Europa ha in parte ragione Letta, magari ha torto marcio Draghi oppure ha ragione su tutto o solo a metà. Ognuno la pensi un po’ come vuole. Il punto non è questo. Non è sul merito delle questioni. È sul metodo che Draghi utilizza per dirimerle. Il punto è sul potere, sul potere vero, sulla natura del potere, sull’essenza carismatica del potere, che segue un percorso del tutto difforme da quello tanto sbandierato dal leader (?) dei populisti, mai visto in uno stato di tale difficoltà come in queste settimane di continue sconfitte politiche e di continua erosione dei consensi da parte dei populisti che stanno fuori dal governo. D’altronde, la cosa sembra pure piuttosto logica. Se devo scegliere tra un vero populista e un populista che parla e parla e s’infervora e fa fuoco e fiamme, ma poi vota tutte le leggi del governo meno populista d’Europa, di cui fa pure parte, se devo scegliere tra il modello originale del populismo e quello “riformista”, alla fine scelgo sempre l’originale.
Salvini ha pensato di poter approfittare del classico posizionamento di lotta e di governo. E gli sarebbe anche potuta andar bene, se si fosse trovato come presidente del Consiglio un Gentiloni, un Tajani, un Conte e altra nomenclatura del genere. Ma con questo non ce la fa. Questo si porta via tutto. Questo non ti lascia neppure le briciole. Ti permette sì di pontificare e declamare e vaticinare e trombonare su questo e pure su quello, ma poi proprio su questo e pure su quello fa quello che vuole e a te non resta altro che votare a favore, perché se facessi il contrario sarebbe un suicidio. Diciamoci la verità, ma voi ve lo vedete un imprenditore grande o piccolo o un professionista del nord o comunque uno con il senso della realtà e la testa sul collo che vota a destra, ma anche a sinistra, al quale, nel pieno della campagna vaccinale e con la prospettiva di gestire una vagonata di miliardi europei, si dica “adesso facciamo cadere Draghi e formiamo un nuovo governo tipo gli ultimi due”? Ma si metterebbe a inseguire al galoppo Salvini, Letta, Berlusconi e compagnia con il forcone in mano.
Oltretutto, non si può nemmeno bollare l’ex presidente della Bce come “semplice” espressione della casta e dei poteri forti, come tecnocrate trilaterale che vive nella torre d’avorio dei banchieri, dei massoni, dei milionari eccetera eccetera perché il personaggio ha in più occasioni dimostrato di conoscere a menadito il carattere degli italiani, noto popolo di ferrei principi e di spigolosa dirittura etico-morale. E infatti per convincere i milioni di no vax e boh vax e scettici e sospettosi che mai e poi mai si sarebbero piegati alla nuova dittatura sanitaria e che mai e poi mai avrebbero rinunciato al principio sacro e inviolabile della libera scelta e che mai e poi mai si sarebbero fatti inoculare sieri sconosciuti che a voi ve lo dicono che li hanno testati e che invece mio cugino mi ha detto che poi vedrai cosa ti succede e che i quarantamila macachi che hanno sperimentato lo Pfizer adesso sono tutti morti e che se non vai a letto dopo Carosello arriva l’AstraZeneca e ti mette dentro a un sacco, insomma, a tutta questa massa iraconda, intrattabile e incorruttibile ha detto una semplice cosa. Niente Green pass? Allora, niente caffè al bar e niente spaghettata in trattoria. Attenzione, non ha detto niente scuola, niente lavoro, niente trasporti (cose poco importanti). Ha detto niente caffè e niente spaghetti (cose molto importanti). Bene, dopo un nanosecondo c’era gente che si scapicollava alle prenotazioni, salti di coda, raccomandazioni di porporati, lei non sa chi sono io, io sono invalido della Grande Guerra, mio zio era bersagliere e tutta una sequela di palle spaziali pur di ottenere il permesso di farsi un giro di bianchi sporchi in fiaschetteria assieme agli amici del biliardo, alla faccia di tutto quello che avevano giurato e spergiurato nei mesi precedenti e alla faccia di Borghi, di Di Battista e della Meloni, che l’hanno lasciata sola a ululare sulla vergogna del terrore vaccinale. Gli italiani, che popolo meraviglioso.
C’è un abisso tra Draghi e i politici. Un abisso abissale. Un abisso inquietante, nel quale il premier può fare quello che vuole. Forse è questo il Gog e Magog di cui la politica dovrebbe occuparsi, invece di straparlare di vaccini e invece di dare patenti di eroe o di killer a un ex assessore pistolero senza sapere nulla di quello che è successo. E’ a forza di cialtroneria e di demagogia che dalla democrazia si finisce nella monarchia.
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