Le inchieste dei giornali e la sindrome del complotto

Il problema non è il fascismo. Il problema è il cretinismo. Che non si risolve né con il vittimismo né con il complottismo né, tanto meno, con il leccapiedismo.

L’inchiesta del sito Fanpage sulla formazione giovanile di Fratelli d’Italia che ha portato alle dimissioni di un paio di dirigenti dopo la pubblicazione di video e audio a forti contenuti nazifascisti e antisemiti ha confermato quello che già si sapeva da quando il partito è andato al potere. E che avevamo già visto in passato. E cioè che qualsiasi formazione politica passi in pochi anni dal 3% al 30% è inesorabilmente condannata a “subire” da una parte l’assalto alla diligenza di affaristi, carrieristi, traffichini, portatori di voti e clientele e dall’altra a essere sprovvista di una classe dirigente strutturata che può emergere solo con il tempo e con un radicamento progressivo nei territori.

E che quindi sia quasi inevitabilmente gravata - specie un partito che arriva dalla vecchia destra italiana e chi conosce la nostra storia dagli anni Cinquanta in poi sa perfettamente cosa significhi arrivare dalla vecchia destra italiana – da uno stuolo di vecchi tromboni, macchiette, poveracci, scappati di casa del postfascismo “idealistico”, personaggi degni di una commedia di Monicelli, e da mandrie di giovani imbecilli che parlano di cose che non conoscono, commentano vicende storiche che non sanno posizionare nel tempo e nello spazio e che, generalmente, fanno parte dell’inarrestabile armata degli analfabeti funzionali. Tipo questi dirigenti di Gioventù nazionale, che sembrano confermare che l’unico vero genio italiano sia stato Cesare Lombroso. La prevalenza del cretino, appunto.

Ma il tema non è questo. Il tema è la lettura, purtroppo sbagliata, data alla vicenda dal presidente del consiglio, che avvitandosi in una dinamica vittimistico-complottista tipica dei politici, non pone l’attenzione su quel gigantesco problema che è la sua classe dirigente – ripetiamolo, lo stesso identico che hanno avuto partiti esplosi in pochissimo tempo: Forza Italia, 5Stelle, Salvini - ma sulla legittimità dell’inchiesta di Fanpage, definita non giornalismo, ma “metodo da regime”.

Ora, è vero che qui siamo su un terreno oggettivamente borderline, ma il giornalismo d’inchiesta e, nello specifico, il giornalismo sotto copertura, il giornalismo infiltrato, esiste da sempre, è legittimo da sempre, è applicato da sempre, soprattutto nel mondo anglosassone - leggermente più serio e autorevole del nostro - ed è supportato da svariate sentenze della Corte costituzionale. Il metodo da regime è se il governo infiltra una spia all’interno di un giornale, non se un giornale infiltra un cronista in un partito, che è pure di maggioranza e che quindi ha l’obbligo etico esigibile alla massima trasparenza. Il giornalista non può essere ridotto a mero fruitore passivo di notizie graziosamente concesse dall’interlocutore, ma può e deve procurarsele in modo indipendente senza alcuna mediazione. Salvo l’obbligo di verifica, naturalmente. Altrimenti facciamo un eterno copia-incolla di comunicati spediti a suo piacimento dal padrone del vapore e buonanotte. Oppure a un’eterna sequela di interviste sullo stile di quelle di un noto conduttore di un noto programma di un noto canale nazionale, che prevedono come prima domanda “Allora, presidente, come va?”, come seconda “Ma quanti problemi nel mondo, signora mia?” e come terza “Crede anche lei che l’Italia sia un paese meraviglioso?” e al sedicente giornalista di cui sopra è concesso di sdraiarsi di fronte al presidente - di destra, di centro, di sinistra - e nel frattempo spazzolargli le scarpe e leccargli i piedi. E su questo state certi che dai nazisti di Abbiategrasso agli stalinisti di Ambivere Mapello sono tutti quanti d’accordo. Perché alla fine sono tutti italiani.

In un mondo normale comanda la notizia. Se il giornalista raccoglie una notizia vera e di interesse pubblico, che lo faccia in maniera ortodossa oppure sotto copertura, infiltrandosi o simili è del tutto irrilevante. Se invece raccatta solo pettegolezzi, millanterie personali, frasi fuori contesto, chiacchiere da macchinetta del caffè, livori da ufficio, contesti goliardici o informali eccetera quelle non sono notizie, sono evidenti violazioni della privacy e quindi non vanno pubblicate o, nel caso, perseguite. Punto.

Qui la notizia c’è. La teorizzazione dell’antisemitismo da parte di politici con incarichi ufficiali non è consentita – almeno fino a oggi - e quindi c’è poco altro da dire. Ti vergogni, ti dimetti e sparisci. Approfittando magari del tempo libero per conseguire almeno il diploma di terza media. E sbaglia due volte il presidente a denunciare che questo si fa solo con lei, con il suo partito eccetera, perché alla stessa stregua nessuno impedisce ai tanti giornali e siti e talk di destra di infiltrarsi e lavorare sotto copertura in qualche centro sociale, in qualche formazione antagonista o universitaria per beccare il tipico intelligentone di sinistra con tanto di incarico ufficiale a dire qualsiasi cosa sugli sporchi ebrei e a fare proclami pro Hamas, che in quanto ad antisemitismo, un antisemitismo da galera, uno schifo da vomitare, un puro spurgo di fogna, la sinistra estrema è molto peggio della destra. Giusto per dire come siamo messi da una parte e dall’altra. Lo facciano, e facessero dimettere qualche premio Nobel sinistroide che ulula che gli ebrei sono i nuovi nazisti: sarebbe un’inchiesta da applausi.

E’ vero che l’establishment politico culturale burocratico non accetta la Meloni e non accetta il suo governo ed è vero che in tanti talk show e in tanti giornali c’è una pregiudiziale aprioristica contro questo nuovo mondo. E’ smaccato ed è irritante, oltre che perdente. Ma l’unico modo di combatterla è quello di essere autorevoli, credibili e immuni da tutto il marciume vecchio e nuovo che troppo spesso emerge da quelle parti. Prendersela con l’informazione è la cosa più facile, ma anche la più sbagliata.

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