E ora abbiamo anche l’euro alla Nutella. Un tentativo della perfida Bce per propinarci una moneta che ancora oggi, a più di vent’anni dalla sua introduzione, molti trovano indigesta? Non proprio: trattasi di operazione numismatica e, nel contempo, celebrativa, come sempre accade quando la Zecca accende le macchine per produrre monete destinate ai collezionisti.
In questo caso, ha stampato una moneta d’argento dal valore nominale di 5 euro che, da un lato, reca il celebre barattolo della crema al cacao e nocciola e dall’altro il profilo dello storico stabilimento della Ferrero, l’azienda che dagli anni Cinquanta produce e distribuisce (ma come resistere alla tentazione di dire “spalma”?) la crema medesima in tutto il mondo. I collezionisti, e non solo loro, potranno acquistarla a partire da martedì 26 gennaio. Con questa operazione, spiegano alla Zecca, anche attraverso il conio si valorizza e si omaggia una delle grandi “eccellenze” italiane.
Sarà forse perché la parola “eccellenza” - così come “territorio” e “resilienza” - sta provocando un po’ ovunque casi di allergia se non addirittura di scabbia, a qualche numismatico la scelta di associare un marchio commerciale con la moneta corrente non è andata giù. Pare quasi, infatti, di trovarsi davanti a un caso di sponsorizzazione: forse che a breve sugli euro stampati in Germania campeggerà la stella Mercedes e su quelli francesi il leone della Peugeot? In questo caso, allora, bisognerebbe riconoscere agli irlandesi di essere stati in vantaggio sui tempi: già sulla sterlina irlandese trionfava l’arpa celtica, ora trasferita sull’euro, così come era (ed è) riprodotta nel marchio della birra Guinness. Ma l’arpa (e la birra) erano e sono un simbolo irlandese al di là di ogni considerazione commerciale e sarebbe problematico confinarli nei limiti della definizione di “eccellenza”.
È immaginabile, ora, una gara tra aziende per infilare la propria “eccellenza” su una moneta, una banconota o quantomeno su un francobollo? La serie, assicurano alla Zecca, è destinata solo a quei marchi che, nel fare la storia dell’industria italiana, superano l’ambito commerciale e si collocano in quello culturale. E che la Nutella sia cultura lo possono confermare, all’ora di merenda, tutti i bambini dai 4 ai 90 anni.
Piuttosto, fa impressione veder messo alla porta, per una volta, tutto l’armamentario retorico che, alludendo allo Stato e alla Nazione, da sempre trovava posto sulla cartamoneta così come sulle monete di conio: allori, stelloni, corone, ruote dentate. E poi i personaggi storici: le lire ci portavano a spasso da Verdi a Caravaggio passando per Raffaello, Colombo e Alessandro Volta. Se gli Stati Uniti avevano scelto, per il dollaro, le facce dei presidenti, l’Italia replicava con la cultura, ovvero con pittori, navigatori, scienziati, musicisti. Oggi passiamo dritti agli imprenditori: o meglio, ai prodotti creati dagli imprenditori. Un modo per ribadire che la cultura si fa anche in senso moderno, ovvero producendo, rischiando, vendendo e modificando, con il commercio, il gusto comune. E perché no? Perché dovremmo respingere l’idea della moneta-industria sempre e comunque a favore di una retorica polverosa fatta di lance e antiche rovine, glorie guerresche e teste coronate, profili di dittatori e astrazioni magniloquenti?
Viva l’EuroNutella allora? Un pieno “sì” è condizionato a un solo sospetto: che anche attraverso il conio si ribadisca come ciò che conta – anzi: l’unica cosa che conta – sia sempre e comunque il fatturato, il Pil, la crescita economica. In altre parole, il denaro, con la merce, è forse arrivato a celebrare se stesso perché, in fondo, esso non è altro che merce assoluta, merce perfetta.
Personalmente, non pensavamo ci fosse bisogno di una moneta per portare ancora più in alto nella considerazione degli italiani un prodotto come la Nutella. Il giochetto, come si diceva all’inizio, potrebbe invece giovare all’euro. E chissà che così facendo anche l’enorme debito nazionale non diventi spalmabile all’infinito.
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