Lungolago:affronto alla verità e ai comaschi

Se, come sosteneva Cicerone, «la storia è testimonianza del passato, luce di verità, maestra della memoria», invertendo l’ordine degli addendi potremmo dire che la memoria è storia e, in quanto tale, luce di verità. Ribadirlo è utile, ancorché non ce ne vuole poi così tanta di memoria per ricordare ciò che avvenne 16 anni fa.

Eppure il siparietto andato in scena mercoledì pomeriggio sul lungolago, con tutto lo stato maggiore della politica cittadina e lombarda schierato a favore di telecamera per intitolarsi l’apertura di un centinaio di metri di una passeggiata promessa a cavallo tra 2007 e 2008 e arrivata (non ancora finita) solo nella primavera 2024, dimostra non già che la storia nulla insegna, quanto piuttosto che la memoria non solo è smarrita, ma che è pure un fastidio. Senza memoria, infatti, si può impunemente arrivare a sovvertire una realtà storica financo intitolandosi il merito dell’esito (quasi) finale. Per chi se le fosse perse, ecco le parole dell’ex sindaco Stefano Bruni, l’amministratore che inaugurò nel 2008 il cantiere paratie: «Il muro non è mai esistito, è stata tutta una bufala». Ad aggiungere confusione al caos ci si è messo pure l’ex assessore (alla Cultura) della giunta Bruni dell’epoca, Sergio Gaddi: «Questo – il lungolago per come lo potete ammirare oggi – è il progetto di Fulvio Caradonna».

Ora, che un cronista possa parlare di vero e falso può suonare stonato per chi ricorda la massima di Mark Twain secondo la quale «il giornalista è colui che distingue il vero dal falso… e pubblica il falso», ma le due frasi pronunciate dall’uomo che ha gettato la città nell’incubo lungolago di questi ultimi 16 anni e da uno dei suoi assessori di allora sono un affronto non già alla verità in quanto tale, ma piuttosto ai cittadini comaschi tutti.

Frase uno: il muro non è mai esistito. A modo suo Bruni ha ragione: quel muro la sua giunta l’aveva fatto passare per la “spalliera delle panchine”. Abbandonata l’idea delle paratie mobili perché troppo costosa, ricorderete, infatti si era optato per paratie fisse camuffate da arredo urbano. Vero che la foto diffusa all’epoca dall’ufficio stampa del Comune, nella quale si vedeva l’assessore Caradonna infossato nel cantiere con la famosa spalliera passargli ben oltre la testa, non aiutò a convincere la città della bontà dell’operazione. Ma forse l’ex sindaco dimentica un’altra foto, scattata dal marciapiede verso il lago all’epoca delle prime fasi del cantiere. Dove il Lario era scomparso alla vista dei pedoni. Un’immagine che spaventò l’ormai famoso Innocente Proverbio, ovvero il cittadino che svelò l’esistenza della barriera in cemento. Quindi sì, caro sindaco: quel muro è esistito eccome.

Frase due: “Questo è il progetto di Fulvio Caradonna”. Se così fosse, teniamoci stretti: perché tra non molto la scalinata davanti a piazza Cavour si inabisserà. Anche qui, forse, si conta nell’effetto oblio, ma per fortuna ci sono gli archivi del nostro giornale a rammentare che sulla passeggiata cosiddetta “Amici di Como”, la sola parzialmente ultimata ai tempi, esisteva una meravigliosa scalinata a lago. Miseramente crollata. Il motivo? Lo ha scoperto il tanto vituperato ex sindaco Mario Lucini (il solo che ha avuto il coraggio di non prestarsi, mercoledì, alla sorridente e festosa foto di gruppo) che aveva preteso di rivedere l’intero progetto perché aveva capito che, senza la realizzazione di palificazioni, la passeggiata sarebbe stata destinata a sparire sott’acqua. Come la famosa scalinata. E quindi no, caro consigliere Gaddi, il progetto che vediamo oggi non è quello dell’allora assessore Caradonna bensì il progetto Lucini poi appena rimaneggiato dalla Regione.

Dopo sedici anni di cantiere, di reti, di gru, di crepe sui palazzi del lungolago, di palizzate per coprire i lavori, sedici estati di passeggiate negate in riva al Lario, i comaschi non si meritano certo una rilettura in chiave fiabesca dell’incubo paratie. Il fallimento dell’inchiesta giudiziaria non è automaticamente una riabilitazione politica. E sarebbe bello (e, visti i commenti sul nostro sito, forse sarebbe anche meno controproducente per loro) che i politici attuali e passati evitassero, questa estate, di presentarsi con nastri da tagliare e pomposi discorsi per autoelogiarsi. Un bel: “Scusateci per il ritardo e per i danni causati” è sufficiente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA