Adesso che è il 26 aprile si può dire, anzi ribadire perché la zuppa è sempre la stessa: si stava meglio quando si stava peggio. E adesso è anche peggio del peggio perché siamo nel mezzo della più devastante pandemia dai tempi della “spagnola” della prima metà del secolo scorso che, se si va a spiluccare nelle cronache peraltro scarne dell’epoca, fu certo fronteggiata meglio dalla politica italiana che pure viveva un’epopea turbolenta che sarebbe sfociata di lì a poco in quel fascismo di cui ieri abbiamo festeggiato il capolinea, perché poi tutto si tiene e magari anche qualche tentazione di “uomo forte” che serpeggia più o meno inconfessata tra qualche rappresentante del popolo ancora ingolosito dai “pieni poteri”.
Il problema, che non migliora con il trascorrere del tempo, anzi, è: possiamo dire di avere una classe dirigente politica all’altezza delle sfide che ci troviamo ad affrontare? Per carità, proviamo a tirare una riga sulla tragedia del coronavirus che avrebbe messo in difficoltà Cavour, anche se sulla gestione quantomeno balbettante e incerta tanto della fase uno quanto della due ventura (e tocchiamo tutto il materiale metallico che ci capita sotto mano) non poco ci sarebbe da dire. Ma verrà il tempo per farlo. Pensiamo perciò al prima che è come il dopo un po’ meno complesso. Come se l’è cavata il ceto politico, tanto la parte governativa che l’opposizione? In questo caso la mano corre al velo, naturalmente ornato di pietà.
Perché tanto per restare alla sanità, in molti hanno puntato il dito sul fatto che la gestione di ospedali e Ats è stata lottizzata dalla politica per spiegare le tante inefficenze dell’oggi e le scelte sbagliate dell’ieri. Però verrebbe da rispondere che era così anche l’altro ieri. Con una differenza: la qualità delle persone. Perché ai tempi l’idea dell’uno che vale uno non passava neppure nell’anticamera del cervello di un esponente politico che predicasse più di tutti gli altri l’eguaglianza sociale. E per valere, per ottenere una nomina, anche per la gestione di una struttura sanitaria ,bisognava aver studiato e farsi valere. Erano i partiti, deprecati vilipesi e ingiuriati a governare questo processo che sfornava manager magari disonesti ma non incompetenti o catapultati dall’oggi al domani su una poltrona strategica.
Per avere un esempio concreto del progressivo scadimento della qualità del ceto politico andatevi a leggere l’intervista rilasciata sul Foglio di ieri a Claudio Cerasa da tal Silvio Berlusconi. Sì, proprio lui che subito dopo la discesa in campo era stato spernacchiato e indicato, nel più benevolo dei casi come un parvenu. E così appariva al confronto dei giganti (politicamente, il giudizio morale è altra cosa) che lo avevano preceduto. Oggi appare come un gigante mentre tenta di spiegare l’opportunità di utilizzare il Mes con le nuove condizioni concesse dall’Europa a chi, anche a casa sua (magari non proprio invitato) continua a non capire o a fare finta spinto dal proprio tornaconto. Ecco allora che, una volta passata questa infernale buriana che dobbiamo gestire con chi ci passa il convento perché ogni alternativa rappresenta un rischio oggettivo, sarebbe il caso di studiare una “Fase 2” anche per la politica. E non solo in Italia per carità. C’è chi sta peggio. Se l’uomo che ha in mano i codici nucleari in grado di distruggere il mondo suggerisce iniezioni di disinfettante ci possiamo quasi consolare. Ma non basta. È il momento di recuperare il bambino che è stato buttato via insieme a tutto il liquame putrido sversato da Tangentopoli. Questa emergenza deve insegnarci una volta di più che abbiamo bisogno di una classe dirigente del paese, e non solo in politica, più autorevole e preparata. E che i meccanismi di selezione non possono essere quelli di un portale informatico. Quell’epoca è finita, per fortuna. Purtroppo ci sono voluti tanti, troppi morti per spazzare via uno sciocchezzaio da far paura. Ma lo sanno tutti che dalle macerie si deve ricostruire. Le prime a rendersene conto, con un non facile sforzo di onestà intellettuale, devono essere le forze politiche. Ma anche la società civile deve fare la sua parte. Altrimenti sarà attesa da un destino fatto solo di cocci da raccogliere.
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