Siamo tornati quattro amici al bar. Ma non è più bello come era nella nostra vita precedente. L’atmosfera era strana, inconsueta, costellata di novità che disturbano. Ed è stata fiacca, priva di allegria quasi senza sorrisi, senza strette di mano, pure la festa per il nostro ritrovarci finalmente davanti a un bicchiere di vino. E come si poteva festeggiare una rimpatriata tra amici, la quale più che un incontro si rivelava una separazione, un distacco di persone con quel poco sorridere che, nonostante tutto, cercava di farsi largo sotto le mascherine? E quello stravagante plexiglas sul bancone? Mi pareva di essere in banca.
Ognuno degli amici finalmente ritrovati, seduti a oltre un metro di distanza, come separati da una barriera che pur essendo quasi invisibile era come il muro di Berlino di lontana memoria. E si è dovuto alzare un po’ la voce per quegli ovvi scambi di dialogo che non andavano molto oltre : «E alura me la va?», “Eh è stata dura questa clausura ma finalmente….». Questo dover alzare tanto voce, però, non era indubbiamente un problema perché la caratteristica principale dei bar è sempre stata quella di alzare la voce, di dialogare urlando.
Gridando agli amici ritrovati chiacchiere di circostanza, ho avuto l’impressione che questo mio comportamento sia rimasto l’unica sopravvivenza di quelle vivaci, gaudenti, rustiche atmosfere popolari che erano connotati, requisiti e soprattutto pregi dei bar della nostra vita di prima. Quei ritrovi che tramandavano atmosfere e vezzi delle vecchie osterie (tutte scomparse) e che hanno resistito al mutare dei gusti della gente, soprattutto dei giovani, fino a quando qualche mese fa si è scatenata la pandemia. Ho dunque l’impressione che questo coronavirus, oltre a portare tanto dolore, infinite paure e parecchi cambiamenti nella nostra vita, abbia appioppato pure il colpo di grazia ai bar vecchia maniera, uccidendo definitivamente questi luoghi di svago, di vecchia tradizione, cari soprattutto a noi anziani che abbiamo tanta difficoltà a socializzare.
Certo: sto parlando dei bar che ancora sapevano un po’ di osteria dove il devoto avventore era l’amico ma anche un po’ padrone, dove non c’era bisogno di fare la comanda perché all’ “oste”, o all’”ostessa” dietro il banco, bastava un’occhiata , o un cenno con la mano, perché un attimo dopo ti trovavi sul tavolo la bevanda che desideravi. Al bar si passava il tempo, si tirava sera, si tirava notte, chiacchierando, magari discutendo calorosamente, qualche volta litigando. Poi però tutto si dirimeva e si andava avanti a discutere fino a sera: il più delle volte di calcio, poco di politica, preferibilmente di mangiari più gustosi, del vino. Di donne non si parlava più ormai da parecchio tempo. Solo qualche volta emergeva, tra le chiacchiere, un tenue riflesso nostalgico, dei “bei tempi andati”. Ma le malinconie annegavano in fretta nel bicchiere di vino. Come vuole un’opinione diffusa, il conversare del bar non poggiano su piedestalli di grande cultura. Infatti diffuso è il modo di dire “chiacchiere da bar”, per dare un esempio di discorsi di scarso livello. Però la discussione al bar era un modo per passare il tempo, stemperare qualche angoscia, molto spesso per ridacchiare e, insomma, divertirsi.
Adesso, almeno in questi momenti in cui permangono ancora tante limitazioni, il bar non è più il bar: perché non si può nemmeno giocare alle carte. Come si fa a mettersi in quattro intorno a un tavolo per una bella partita a scopa o a briscola, oppure a “ciappanò”? Quindi temo che questo sia ostacolo che ridurrà notevolmente l’afflusso della clientela. Ci dobbiamo dunque scordare le belle litigate che si alzavano ai tavoli della scopa per l’errore del compagno? È probabile che sarà difficile giocare ancora a carte ai tavoli del bar. Tutti questi cambiamenti che mortificano i nostri cari bar, o caffè che siano, sono alcune delle tante brutte novità (non certamente delle più gravi ma di sicuro molto significative) che , in un modo o nell’altro, questa stramaledetta e tragica pandemia ha sconvolto la nostra vita.
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