L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle, senza troppi rimpianti, se non, per qualcuno, solo a livello personale, ha però segnato, o se volete consolidato una rivoluzione copernicana nella politica italiana. Le donne, infatti, hanno fortificato la leadership, sia nello schieramento di maggioranza, sia in quello di opposizione. Cominciamo da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio al maschile come ama essere definita, ma autentica star a livello nazionale nella sua coalizione e apprezzata a livello internazionale come forse solo Draghi in tempi recenti lo è stato. Il capo del governo e di Fratelli d’Italia è stata incoronata dal quotidiano statunitense “Politico” come la “persona più potente di Europa”. E questa definizione, a memoria, non ha davvero precedenti tra gli statisti italiani anche della Prima Repubblica, considerata superiore in maniera abissale, dal punto di vista della cultura politica di quello che sarebbero venute dopo (il condizionale è d’obbligo perché il precedente francese rivela che si può parlare di “nuove Repubbliche”’ cioè sistemi solo in presenza di significative modifiche della Costituzione, cosa che in Italia non è avvenuta). Nonostante i risultati non brillantissimi del governo, la costante litigiosità degli alleati, gli “sfondoni” di ministri e influenti esponenti del suo partito, Meloni è anche il presidente del Consiglio che registra un fisiologico calo di rendimento inferiore ai predecessori. Qualcuno potrebbe pensare che è facile per l’orbo regnare in un mondo di non vedenti, ma questo varrebbe solo per l’ambito nazionale. I riconoscimenti internazionali saranno anche favoriti dai problemi degli esecutivi di Germania e Francia (più che mai “italianizzati” nel senso tradizionale della politica), ma sono oggettivi.
Discorso analogo, e forse in parte anche più sorprendente, vale per l’antagonista di Giorgia Meloni, oggi assoluta leader dello schieramento di opposizione, Elly Schlein. Nonostante la concorrenza di Cinque Stelle (ora parecchio azzoppati dallo scontro tra il leader Giuseppe Conte e il padre fondatore Beppe Grillo) e quella crescente a sinistra di Alleanza Verdi e Sinistra, nonché l’ombra di Renzi nel presunto e asfittico centro, la segretaria Dem è riuscita, anche a suon di voti come dimostrano le ultime regionali in Liguria (dove il candidato Andrea Orlando è stato sconfitto, ma il partito si è imposto come prima forza), Emilia Romagna (conferma alla grande del primato regionale) e Umbria (riconquistata anche grazie alla scelta del candidato presidente, guarda caso donna: Stefania Proietti), a fare il vuoto e conquistare una leadership al momento indiscutibile. Ma, forse l’impresa più clamorosa, Elly l’ha compiuta sul “fronte interno”. Da che esiste il Pd è il primo segretario a non essere messo in discussione o sabotato dalle fronde che hanno azzoppato tutti i suoi anche illustri predecessori. E questo fa capire di che scorza sia la lady, su cui davvero pochi avrebbero scommesso al momento dalla vittoria su Stefano Bonaccini, già incoronato da buona parte dell’ “establishment” del Nazareno.
Anche il 2025 vedrà le due donne protagoniste nell’attesa di quella che già si annuncia come sfida per il futuro governo del Paese alle elezioni che, se tutto andrà come deve, non si svolgeranno prima del 2027. Salvo che Giorgia Meloni non inciampi nelle difficoltà della situazione economica o nelle liti tra Lega e Forza Italia. Ma c’è da essere certi che venderà cara la pelle perché la scorza politica c’è tutta, come ha dimostrato in questi primi due anni e rotti di permanenza a palazzo Chigi. Donne sotto i riflettori e uomini che rosicano. Ogni riferimento a Matteo Salvini e Giuseppe Conte non è puramente casuale.
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