Jorge Bergoglio è un Papa che piace moltissimo a noi borghesucci conformisti che viviamo di banalità e di luoghi comuni. Ma quanto è simpatico, ma quanto è sudamericano, ma quanto è alla mano e aperto e informale e coraggioso nel fare pulizia anche a casa propria. Ognuno prende il pezzo che gli serve, un po’ come al supermercato, di questo Papa del quale pensiamo di aver capito tutto e del quale invece non abbiamo capito niente.
E infatti quando il Papa si mette a fare il Papa - e lo fa con costante regolarità - e definisce l’aborto un omicidio e definisce un killer chi lo pratica, ecco, all’improvviso, assordanti silenzi, vuoti pneumatici, cespugli che rotolano nel deserto. Non parla più nessuno. Non motteggia più nessuno. Non cinguetta più nessuno. Il Papa ha detto una cosa scandalosa, ha espresso la sua verità - la verità - e cioè che il feto è un essere umano e che quell’essere umano non deve essere ucciso e chi lo permette diventa complice di un assassinio. A pensarci bene, forse non è così simpatico quel simpaticone di Bergoglio…
Anche perché, in soldoni, dice le stesse cose messe nero su bianco dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che, con un atto clamoroso, ha stabilito che non esiste il diritto di aborto. Il tema è devastante. Probabilmente non c’è nulla di più profondo, di più dirimente di questo, perché è della vita, del suo mistero, che stiamo parlando e di come questo diritto assoluto si possa conciliare con la libertà di scelta del singolo individuo. C’è da diventare pazzi ad addentrarsi in questa materia, da picchiare la testa contro il muro. E’ evidente che questa cosa non può non essere normata e visto che la legge italiana in vigore è piena di falle ed è stata solo parzialmente applicata, questo choc potrebbe essere l’occasione per la nostra classe politica - la nostra ignorante, infida, ridicola classe politica – per scrivere una nuova legge assolutamente priva di demagogia, ideologia e cialtronismo che metta al punto uno la coesistenza del diritto alla vita con il rispetto della libertà. E sarebbe un’occasione anche per noi, cosiddetta società civile, che generalmente ce ne strafreghiamo del diritto alla vita e pensiamo che il rispetto della libertà sia equivalente al catrafosso di farci gli affaracci nostri. E invece, dalle prime polemiche dopo la sentenza, siamo alle solite: grandissimo clamore dei tromboni di destra e di sinistra, scene isteriche degli invasati pro life e pro choice, pseudo femministe e pseudo catechiste che sventolano bandierine e lanciano maledizioni. Il solito circo…
Ora, è evidente che ogni norma che diminuisca i diritti di scelta è destinata a fallire ed è evidente che la scelta della donna è una pietra d’angolo che non può essere rimossa: saremmo fuori dalla storia. Al contempo, se non fossimo in una società allo sbando per la quale la vita non è più un valore - l’apericena è un valore, il weekend al mare è un valore, l’ultimo video su Instagram è un valore - avremmo già operato una riflessione radicale sull’aborto vero scandalo etico del nostro tempo e avremmo messo in atto tutti gli strumenti per evitare il più possibile che ci si arrivi.
Dicono che molte donne abortiscono perché non hanno i mezzi economici per mantenere un figlio. Bene, questo non può essere un motivo. Perché se esistesse uno Stato serio – non lo Stato barzelletta, occhiuto e inefficiente che ci meritiamo - dopo un secondo provvederebbe a tutto quello che serve, dalla carrozzina all’asilo, per tutto il tempo che serve. Troppo difficile, insopportabili tromboni che ci rifilate la tiritera della centralità della famiglia a ogni campagna elettorale per infischiarvene bellamente un secondo dopo?
Dicono che molti aborti siano conseguenza del mancato utilizzo di metodi anticoncezionali. Bene, al netto di chi non ne vuole fare uso per legittimi e sacrosanti principi religiosi, quei metodi maschili e/o femminili sono sicuri praticamente al 100% e se in un paese sviluppato come il nostro qualcuno non li usa vuol dire che quelli sono due imbecilli o, molto peggio, due menefreghisti per i quali l’aborto non è altro che un metodo contraccettivo estremo: massì, chi se ne importa, caso mai abortisco…
Può sembrare una follia, invece è solo il frutto di una subcultura nichilista che ritiene che quello che hai dentro di te sia un mero scarto, non un essere umano, autonomo e irripetibile, per quanto dipenda in tutto e per tutto da te, non una cosa “altra” che nessuno ha diritto di uccidere, al quale nessuno chiede se ha voglia di morire e che è del tutto inerme. Perché non c’è nulla di peggio che fare del male a chi non può difendersi. Il bambino non “è” della mamma. Certo, è anche della mamma (e pure del papà, è permesso ricordarlo?), ma non è “suo”. E’ di un altro, di qualcos’altro (Dio? Natura? Mistero? Fate voi…) e anche dopo poche settimane è già se stesso. Avete visto un’ecografia ad alta definizione di un feto di tre mesi, cioè eliminabile secondo la legge? C’è qualcuno che dopo averla guardata ha il coraggio di non considerarlo un essere umano a pieno titolo? Ce n’è anche uno solo? Ma come abbiamo fatto a ridurci così?
Quindi, una volta ribadito che una legge serve e che la donna deve comunque avere l’ultima parola, da lì in poi c’è un oceano di intelligenza e cultura e coraggio e rispetto e serietà e, soprattutto, amore della vita che eviterebbe il 90% degli aborti e salverebbe ogni anno milioni di bambini. Invece di ululare e strepitare e scapricciare sulla sentenza della Corte Suprema, approfittiamone, passato ormai mezzo secolo, per una riflessione non ideologica sul primato della vita e sul rispetto - vero - delle donne e aggiorniamo le nostre leggi di conseguenza.
Noi, tutti quanti noi, abbiamo solo quello. Non c’è altro. Non c’è niente altro che conti. Soldi, fama, potere, carriera, intrighi, vendette: tutta fuffa, tutta merda. Noi abbiamo solo la vita. Una sola. Solo quella. Non c’è niente di più mostruoso di negarla a chi vuole viverla.
@DiegoMinonzio
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