I disastri che combinano i padri. I padri in generale. Tutti i padri. Non c’è bisogno di aver letto i Karamazov per capire quanto sia profonda la spaccatura esistenziale destinata a separare i padri dai figli, ma d’altra parte basta la propria esperienza di vita per capire che avventurarsi in spericolate e molto spesso trombonesche (“ai miei tempi sì che c’era rispetto, caro lei…”) analisi psicologiche e sociologiche è un rischio mortale. Ogni disastro paterno è un caso a sé.
Eppure, in questa nostra epoca melliflua e fanghigliosa, nella quale domina il grottesco e dove nessuno sembra essere all’altezza della propria parte in commedia, la figura del padre sta via via assumendo una dimensione ridicola, patetica, pagliaccesca, che dà il tono a tutta la scalcagnata società che la circonda. Dei recenti fatti che hanno coinvolto uno dei figli di Ignazio La Russa l’aspetto meno interessante è proprio quello della ipotetica violenza e di tutto il codazzo di cronaca legato a discoteche, party, cocaina, deejay, ragazzotti, ragazzotte, letti, divani e tutto il resto del ciarpame sul quale penserà a scrivere parole chiare e, si spera, definitive la magistratura. È una situazione drammatica e delicatissima sulla quale sarebbe meglio sospendere ogni giudizio, evitando di gettare letame nel ventilatore e nelle vite private di ragazzi sprovveduti o marpioni, ma di certo in qualche caso certamente innocenti.
No, l’aspetto interessante non è questo. L’aspetto interessante - e devastante - è il profilo dei padri che emerge dalle cronache dei giornali, dei tg e dei social. Ma che padri sono? Che personaggi sono? Da quale film di Monicelli o di Scola o, più probabilmente, dei fratelli Vanzina sono usciti questi qui? Che linguaggio usano? Cosa pensano veramente degli altri, dei propri figli e soprattutto delle donne, non solo delle loro mogli, ma soprattutto delle loro figlie o delle fidanzate o delle amiche dei loro figli? Una roba allucinante, da commedia all’italiana, da italietta cialtrona, fanfarona e albertosordesca, anche se non fa ridere neanche un po’.
Il primo per distacco - e un po’ dispiace, perché è una persona anche simpatica - è Ignazio La Russa, che oltre a essere un politico di lunghissimo corso e pure un avvocato che dovrebbe conoscere a menadito i criteri e le garanzie del codice penale, è soprattutto - speriamo non a sua insaputa - leggerissimamente il presidente del Senato. E la cosa incredibile è che la seconda carica dello Stato, appena esploso lo scandalo, ha seraficamente comunicato a reti unificate alla nazione che aveva pensato lui a “interrogare” suo figlio e che, quindi, aveva desunto la certezza adamantina che fosse innocente. Interrogare! Interrogare!! Il presidente del Senato che interroga il figlio a casa sua e poi lo assolve. Ma dove siamo, in Bolivia? O in una puntata del Bagaglino? O in una sequenza del “Colonnello Buttiglione”? Come è possibile che l’istintiva e comprensibile e, a pensarci bene, anche commovente pulsione di amore oblativo, di animalesca protezione del proprio cucciolo, tracimi fino a dileggiare - da presidente del Senato! - una ragazza che denuncia una violenza? Tutto vero.
Altro profilo vanziniano, grazie all’affastellarsi di tutta una sequela di luoghi comuni raccolti in un‘intervista alla “Verità” - sessantenne, sportivo, capelli lunghi, compagna giovane, auto di lusso - che sembrano messi lì apposta per sostenere la nostra tesi, è senz’altro quello del padre della ragazza, che, insomma, è tutta colpa di sua madre, è tutta colpa della sua ex moglie e certo che la ragazza sniffa cocaina, e non è bello, ma d’altra parte non dipende più da lui e non ha avuto l’educazione che voleva darle, perché è sempre colpa della sua ex moglie, e questi ragazzi del giorno d’oggi guarda un po’ che vita fanno e poi lì dentro erano tutti drogati e adesso lei dopo la denuncia la faranno fuori dai giri della gente giusta perché, signora mia, Milano è una città molto selettiva, ma quello là non pensi di farla franca perché anche lui ha fatto qualche esame di giurisprudenza. Tutto vero pure questo.
E a chiudere, il padre del famoso deejay, che ormai, prontamente messo nel dimenticatoio il figlio di La Russa - si sa che dopo tre giorni qualsiasi notizia inizia a tanfare di pesce marcio - è diventato il nuovo idolo dei pezzi pruriginosi da Londra, patria delle modelle, delle notti pazze e della gente che piace alla gente che piace. E anche questo, nell’intervista concessa sempre alla “Verità”, è, drammaticamente, un vero spasso: d’altronde mio figlio sta a Londra, forse da un anno, forse da due, chi lo sa, e dopotutto è un gran piacione che piace alle donne e le donne piacciono a lui, proprio come a suo padre, buon sangue non mente, e fa il deejay, ma forse ha aperto una start up, ed è un gran bravo ragazzo e poi sa come sono le ragazze del giorno d’oggi, prima magari fanno sesso, poi si accorgono con chi lo hanno fatto ed è un attimo che vanno a denunciare le persone, però non so, chi lo sa, chi può dirlo… Non ci crederete, però è tutto vero pure questo.
Ma come fanno dei padri - i padri, noi padri - a gestire una vicenda così delicata e così straziante in questo modo? Come facciamo a essere così superficiali, così conformisti, così mammoni da finire tutti quanti in branco a dire - prima che siano state svolte delle indagini, verificati dei fatti, sentiti dei testimoni - che in fondo quella ragazza era un po’ zoccola e in fondo se l’è cercata? Non è poi la stessa cosa - per quanto molto più grave - del fatto che tutti i genitori pensano e dicono che è sempre e solo e tutta colpa degli insegnanti, che sono cattivi e mascalzoni, e mai dei loro figli, che sono dei perseguitati? È questa la catastrofe a cui ci siamo condannati, a cui decenni di infantilismo senescente, di deresponsabilizzazione civile, di familismo amorale, di furbettismo nazionale, di analfabetismo funzionale hanno ridotto le sedicenti figure dei padri? Mistero.
Poi, ci sarebbero da dire due cose anche sulle madri. Ma forse è meglio tacere, perché questo sarebbe un lungo, lungo discorso…
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