Oggi parliamo un po’ di noi. Del nostro giornale e di quest’anno straordinario. Del nostro giornale all’interno di quest’anno straordinario.
A febbraio nessuno avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare cosa sarebbe accaduto nei dieci mesi successivi e nessuno avrebbe potuto prevedere le conseguenze di una crisi di questa portata sulle aziende editoriali. Bene, ora che l’anno, quest’anno unico e, comunque sia, indimenticabile, volge al termine possiamo dirlo con i numeri in mano. La Provincia non è mai andata così bene nella sua storia recente: il bilancio chiuderà in attivo, un piccolo attivo, ma in attivo, e le copie vendute saranno di più di quelle del 2019.
Chiunque conosca anche superficialmente il mondo dell’editoria e le sue dinamiche nell’ultimo ventennio capirà facilmente quanto sia significativo un risultato del genere, caso rarissimo in un mondo devastato dalla crisi economica iniziata nel 2008, da quella sanitaria esplosa nel 2020, ma soprattutto dalla rivoluzione digitale che sta cambiando tutti i parametri di riferimento e sta realizzando un tale cambiamento antropologico nella fruizione delle notizie da mettere a rischio la sopravvivenza di un settore vecchio, pletorico, immobilistico e autoreferenziale come quello dei quotidiani.
Qui nessuno è un fenomeno. Nessuno è un dio pantocrate onnipotente. Nessuno ha scoperto la pietra filosofale. Nessuno si abbevera alle fonti della verità rivelata. Ma, al contempo, nessuno è un cialtrone o un traffichino che gioca a prendere per il naso i lettori e gli investitori. E quindi, tutto quello che andava fatto è stato fatto. Abbiamo tagliato i costi, abbiamo accorpato la fattura delle nostre tre edizioni di Como, Lecco e Sondrio in un’unica redazione, lasciando però tutte le risorse giornalistiche sui vari territori, perché è questa l’unica cosa che conta, avere giornalisti capaci sui territori, poi dove si impagini il giornale è del tutto irrilevante. Abbiamo fatto scelte drastiche e anche dolorose, ma improcrastinabili, e quindi ci siamo presentati all’evento imprevedibile della crisi sanitaria con una struttura snella e sostenibile.
E quando la crisi è arrivata, prendendoci tutti quanti a schiaffi, abbiamo capito che non c’era niente da inventare o da arzigogolare o, peggio, da piagnucolare, ma solo proseguire nell’unica cosa che dobbiamo e sappiamo, a tratti, fare: cercare le notizie e scriverle.
E sono mesi e mesi che le scriviamo, mesi e mesi che raccontiamo tutto quello di drammatico, anzi, di tragico, è avvenuto e sta avvenendo nelle nostre terre, ascoltando tutti, dedicando tutto lo spazio che ci sembra necessario e scrivendo sempre tutto. Tutto. Anche perché, caso raro nel mondo dell’editoria italiana, qui non arriva nessuno in redazione a chiedere, a pretendere o, addirittura, a ordinare. Innanzitutto, perché abbiamo un azionista libero e liberale, e tutti i giornalisti della Provincia - che quest’anno hanno dimostrato una capacità di lavoro eccezionale - lo sanno bene, visto che lo sperimentano ogni giorno sulla loro pelle. E poi perché, nel caso arrivasse qualcuno atteggiandosi a capetto del quartiere - deputato, sindaco (uno in particolare...), padrone delle ferriere o sindacalista che sia - verrebbe scaraventato fuori dalla redazione a pedate nel sedere dal direttore in persona, che è uno venuto giù con la piena dell’Adda e che è noto per i suoi modi un po’ bruschi.
Le nostre stupidaggini, che non mancano e spesso si ripetono e ogni tanto immergono chi scrive questo pezzo in profondi stati depressivi, sono tutte farina del nostro sacco, state tranquilli, non del sacco di qualcun altro. E sappiamo che lo sapete, perché altrimenti non avreste continuato a darci tutta questa fiducia, nonostante i nostri limiti evidenti, in mesi così tremendi e non avreste continuato a leggerci, a seguirci, a comprarci.
Ecco, a comprarci. A pagare. A pagare per leggerci. Perché anche questo dettaglio è stato fondamentale. Continuare nella linea ferrea e intransigente che pretende che l’informazione si paghi. La Provincia cartacea in edicola si paga. La Provincia cartacea in abbonamento si paga. La Provincia digitale si paga, e il clamoroso successo della campagna per gli abbonamenti a due euro a settimana sta lì a dimostrarlo. Le nostre riviste patinate si pagano. I nostri tabloid si pagano. I nostri inserti settimanali - attenzione, a gennaio ne uscirà un altro - si pagano. Qui nessun pasto è gratis. Qui non c’è manco mezzo euro di sovvenzione statale. Qui si sta sul mercato, quello vero. Se nel nostro giornale c’è un valore, e speriamo che sia così, beh, quel valore si paga. Altrimenti non è un valore. Se una cosa è gratis, vuol dire che quella cosa non vale niente, ricordatevelo tutte le volte che vi fate sommergere dalla fuffa, dal pattume, dal ciarpame che vi regalano e che può apparire un favore, un omaggio, un dono grazioso - un dono di chi? - ma che invece rappresenta solo il soffocamento della vostra capacità di scegliere, di selezionare, di decidere.
Solo chi paga è libero. Solo chi paga è padrone di quello che ha comprato. È per questo che i lettori della Provincia ne sono anche i padroni. Buon anno a tutti.
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