Politica: Berlusconi il “vecchio” più nuovo

Il bello di Silvio Berlusconi (ricoverato al San Raffaele per alcuni controlli) è che, nonostante le primavere sulle spalle e la lunga militanza politica, riesce sempre a dare l’illusione di rappresentare ancora il “nuovo”.

Lo ha fatto per la prima volta nel 1994 con la discesa in campo per fermare la marcia della sinistra verso il governo del paese, con un successo clamoroso, e continua tuttora nonostante il ridimensionamento elettorale di Forza Italia e i tentativi di Opa sul movimento da parte del terzo polo di Calenda e Renzi. A proposito di quest’ultimo, sembrava davvero essere l’unico, per capacità politica e spregiudicatezza, in grado di raccogliere l’eredità politica del Cavaliere, dopo i tanti bruciati nel camino di Arcore. E forse ce la farà, ma non in tempi brevi. L’idea è che finché non esalerà l’ultimo respiro, Silvio cercherà sempre di prendersi il centro della scena. Ormai è il leader di gran lunga più esperto di tutti, eppure non tramonta.

In questi giorni non si fa, infatti, che parlare del ribaltone dentro Forza Italia, con il cambiamento di establishment e di linea per avvicinarsi di più al premier Giorgia Meloni, dopo esserne stata la spina nel fianco.

A farne le speso sono stati coloro che si sono spesi di più in questa operazione, a partire da Licia Ronzulli, fino a ieri zarina e vestale del berlusconismo e passata in un amen dalle stelle alle stalle, senza, invero, nessun rimpianto da parte della volta celeste. Il bello, a pensarci, che il più pungente nei confronti dell’inquilina di palazzo Chigi era stato proprio lui, il Cav, a partire dai “pizzini” intercettati il giorno dell’insediamento del nuovo Senato.

Ma si sa, solo gli imbecilli non cambiano mai opinione, e Berlusconi non appartiene a quella schiera e oltretutto, poiché è quello che comanda, neppure deve renderne conto a chicchessia.

Quali sono le ragioni di questa svolta che, seppur intestata alla “quasi moglie” Marta Fascina, è tutta farina del sacco dell’ex presidente del Consiglio?

Certo, c’è la volontà di assecondare la vocazione governativa dell’azienda di famiglia per tenerla a riparo dai rischi. Ma non solo. Il Cavaliere, al di là della partita in corso sulle nomine negli enti pubblici, si è reso conto che, senza la spalla di Salvini, del tutto calato nel suo ruolo ministeriale, almeno finché non c’è in ballo la “ciccia” (su cui comunque manda avanti gli altri), rischiava di marginalizzarsi e diventare ininfluente, nel fare la fronda al governo. E allora si è reso conto che può essere più ingombrante mettendosi al fianco del premier, salvo poi magari, togliere il sostegno incondizionato quando lei meno se lo aspetta. Non a caso, la svolta plastificata dalla sostituzione del capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo, e dalla defenestrazione di Licia Ronzulli (ancora con il dente al curaro per la mancata nomina ministeriale) dal coordinamento della Lombardia, è arrivata in un momento in cui Meloni, in grande affanno per la questione migranti e non solo, ha bisogno di tutto salvo che del fuoco amico. Insomma la strategia di Berlusconi può essere quella di rendersi indispensabile, abituare l’alleata al sostegno senza se e senza ma, salvo poi, al momento opportuno, alzare il prezzo. Di certo in questo modo, Berlusconi si è guadagnato ancora il favore dei riflettori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA