“Summertine”per la politica italiana più che una canzone è una serie come quella in voga su una piattaforma digitale. L’estate per i nostri aspiranti statisti è sempre una stagione creativa. Forse perché liberati dalle rigidità del rito parlamentare, si lanciano in proposte, idee, tattiche e strategie... che al mercato mia madre comprò.
Una volta, ai rimpianti tempi della Prima repubblica, alcuni politologi affermavano che i mesi più caldi erano quelli della “mossa del cavallo” che precedeva le future della stagione autunno-inverno in cui si volevano decidere i destini del paese.
Quest’anno si segnala un gran movimento (ma non è una novità) di Matteo Renzi, forse perché il periodo lo impegna meno come conferenziere nel mondo arabo. Prima l’ex di tante cariche ha suggellato la pace con il suo ex partito, il Pd, prefigurando una futura alleanza nel campo largo con l’obiettivo di dare lo sfratto al governo Meloni. L’ha fatto dopo l’ormai celeberrima partita di calcio per beneficenza giocata tra i politici e la nazionale cantanti. L’assist alla segretaria Dem, Elly Schlein per un gol comunque annullato per fuorigioco, ha rappresentato la scintilla.
Poi il leader di Italia Viva è stato additato da Alessandro Sallusti, direttore del “Giornale”, tra gli artefici di una presunta futura iniziativa della magistratura contro Arianna Meloni, sorella del premier.
Insomma, nonostante il pacchettino di voti del suo movimento, neppure sufficiente, anche unito a quelli di altre forze, a sfondare la soglia per entrare al Parlamento europeo, Matteo riesce sempre a stare in mezzo alla scena. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, quando il fiorentino ex premier tornerà a quella Festa dell’Unità già poco amata ai tempi in cui guidava i Dem e avrebbe voluto cambiare il nome alla kermesse. E se si guarda ad alcuni estati passate quando era riuscito a buttar giù i due governi guidati da Giuseppe Conte (che il campo largo lo minerebbe per boicottare l’ingresso del nuovo socio), ci sarebbe da stare poco tranquilli nei panni del presidente del Consiglio.
Che, oltretutto, di rogne ne ha anche in casa. Perché, oltre alle divisioni su nomine Rai e altre faccende, la “mossa del cavallo” di Antonio Tajani, numero uno di Forza Italia, è stato il convinto lancio dello Ius Scholae per conferire la cittadinanza italiana agli stranieri che completino il ciclo obbligatorio dell’istruzione. Figurati il piacere che ha fatto questa proposta agli alleati, Lega in testa, che si è opposta fieramente con motivazioni più o meno becere o ben argomentate come quelle di Luca Zaia sul concetto di cittadinanza.
Ma l’ex giornalista prestato alla politica senza obbligo di restituzione non sembra sentire ragioni. Neppure il redivivo Silvio Berlusconi, fatto apparire in un video dai leghisti per dire che era contrario alla cosa (ma non con la formula ipotizzata da Tajani) ha fatto arretrare di un passo il ministro degli Esteri. Forse perché, dietro alla sortita c’è la longa manus dei due eredi del Cavaliere, Marina e Pier Silvio, principali azionisti del movimento fondato da papà che, in varie prese di posizione pubbliche, hanno chiesto una svolta rispetto alla linea troppo appiattita sugli altri partner di governo.
Al mite Tajani non è rimasto che inventarsi qualche cosa. Oltretutto, visto che sia FdI con il premierato, sia il Carroccio attraverso l’autonomia differenziata si erano intestati una riforma importante, lui non ha voluto essere da meno, andando a pascolare nel sociale.
Come andranno a finire le partite indirizzate dalle “mosse del cavallo” lo scopriremo solo vivendo, in autunno, soprattutto a novembre, quando il test elettorale in tre Regioni: Emilia Romagna, Liguria e Umbria assumerà un valore che va ben oltre il significato locale. L’impressione è che nei due schieramenti la situazione sia diventata molto più fluida. Da una parte perché l’ingresso di Renzi nel campo largo non ha visto un gran srotolare di tappeti rossi e sacrifici di vitelli grassi, dall’altra perché una rottura del centrodestra sui diritti (aspetto non secondario dell’identità di coalizione) con il malcelato obiettivo di mettere Salvini (già alle prese con la ventilata scissione del generale Vannacci) in un angolo creando così, di riflesso, difficoltà al premier (chapeau a Tajani per la tattica se questi sono gli obiettivi, ancor di più se la sortita è propedeutica per una sua candidatura al Quirinale) diventa molto difficile da gestire. Per non farsi mancare nulla, poi, c’è la questione di una legge finanziaria che, più che mai, il ministro Giorgetti sarà costretto a tenere lontano dalle promesse elettorali in termini di fisco e pensioni e di una politica estera resa molto più complessa dall’evoluzione della guerra in Ucraina e dalla scelta di Giorgia Meloni di non appoggiare la maggioranza “Ursula” in Europa. Su entrambi le questioni non vi è sintonia nella coalizione di governo. Insomma con la ripresa post estiva siamo destinate a vederne delle belle. Ma non c’è da preoccuparsi. La politica italiana vive di “Deja vu”.
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