Si sa l’uso che noi operatori dell’informazione spesso sappiamo fare dei ventilatori. Lo stesso che è stato adottato nel caso dell’assessore comunale di Como, Angela Corengia, balzata alla ribalta delle cronache nazionali dopo essere stata filmata mentre toglie una coperta a un senzatetto accampato a San Francesco per gettarla nello spazio erboso vicino assieme alle altre. Tutto qui: un gesto che si può interpretare come si vuole, a seconda, neppure serve dirlo, della convenienza politica. Chi lo legge come un tollerabile atto di violenza e prevaricazione nei confronti di una persona fragile e inerme e chi vi vede una semplice operazione logistica nell’atto di agevolare l’intervento quotidiano di pulizia dell’area.
I primi però sono di gran lunga soverchianti. Le pale del ventilatore hanno preso a girare a tutta birra e il caso comasco, sui media, è stato additato come un esempio del clima d’odio in cui siamo immersi e accostato alla deprecabile aggressione ai danni di Matteo Salvini e, addirittura, alla morte violenta del povero Willy a Colleferro. Risultato: ancora una volta è stata veicolata l’immagine di una Como intollerante e brutale, come già accaduto in passato. Vien da chiedersi cosa possono aver pensato gli abitanti del Basso Molise o dell’alto Friuli che hanno visto il filmato dell’assessore con la coperta in quel contesto così degradato, solo pochi giorni dopo le scintillanti riprese del summit Ambrosetti a Villa d’Este: i protagonisti della politica e dell’economia in posa con il lago più bello del mondo sullo sfondo.
Ormai è fatta, però. Ma al di là di come sia veramente andata, che conta fino a un certo punto e degli interrogativi sulla presenza di uno o più componenti dalla giunta a San Francesco, dove ormai si sa come va il mondo, ci sarebbe da porre la vera questione. Perché tutto questo non sarebbe accaduto se l’amministrazione comunale di cui Angela Corengia fa parte, avesse risolto il problema anziché, come sospetta non a torto qualcuno, contribuire ad alimentarlo. Si sa che da oltre un anno, il consiglio comunale ha votato un documento che impegna l’esecutivo ad attivarsi per realizzare un nuovo dormitorio dove collocare i senzatetto di San Francesco e gli altri disperati che dormono all’addiaccio in vari anfratti della città. Di fronte a questa volontà, chi regge le sorte del Comune sembra imitare l’atteggiamento di Bertoldo che, dopo aver ottenuto la facoltà di poter scegliere l’albero dove essere impiccato, riuscì a portare a casa la ghirba. E intanto mentre a palazzo si bertoldeggia, a San Francesco va in scena ogni giorno una sorta di “spot” elettorale vivente. Che non è detto sia a beneficio solo di alcune forze del centrodestra (non tutte perché Fratelli d’Italia da sempre batte sul tasto del dormitorio a dimostrazione che il problema ha molte sfaccettature, non ultima quella del degrado urbano), ma anche di coloro che traggono vantaggi nel denunciare la situazione e magari a enfatizzarla con iniziative come quella del video che ritrae Angela Corengia ma non è certo che rappresenti la realtà dei fatti. Certo, a questi ultimi non si può imputare la mancanza di iniziativa per cambiare le cose, che, ripetiamo, è tutta dell’amministrazione Landriscina. Questo episodio, l’ennesimo che ha portato i riflettori a puntare sul porticato dell’ex chiesa, potrebbe essere l’occasione per armarsi di buon senso e farla finita. Non con le recinzioni che sarebbero solo un “rinforzino” allo spot elettorale ma con un’azione mirata, ispirata alle leggi in vigore, che porti al risultato di garantire un giaciglio a chi non può permetterselo e ha le carte in regola per restare qui e le doverose sanzioni agli altri. Sembra facile, non lo è. Ma governare e amministrare non è semplice. E comunque continuare a farlo attraverso gli spot elettorali, come se si fosse ancora all’opposizione, magari sul breve produce vantaggi, ma alla lunga stanca. Soprattutto gli elettori.
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