Non vorrei che la curiera, che la va sö e giò, diventasse solo un’immagine poetica, di una canzone di altri tempi, perché oggi come e oggi, andare su e giù sulla Regina diventa una piccola eternità. Ne sanno qualcosa, ovviamente, i pendolari scolastici, i quali, specialmente al ritorno, si rendono conto che gli orari del pullman sono qualcosa di puramente indicativo e arrivano a casa anche con un’ora o più di ritardo.
Accade ai miei figli e ai loro compagni e possedendo un’automobile a sette posti, diverse volte ho dovuto svolgere il servizio corriera per riportare tutti indietro. Potrebbero scendere in aliscafo, e quello non è quasi mai un problema, ma se per tornare indietro devono affrontare tutte quelle code che fotografate quasi quotidianamente su “La Provincia”, diventa un altro incubo. Si potrebbe pensare a un servizio dedicato e se ne discute da anni. Per la verità di tutti questi problemi di traffico si discute da anni, a livello istituzionale, ma anche nelle chiacchiere dell’uomo della strada.
Perché qui vediamo passare di tutto. Vediamo automobili sempre più grandi, soprattutto sempre più larghe: ogni tanto mi avventuro a piedi per le vecchie strade da Menaggio a Dongo e lì mi rendo conto di quanto certe macchine che ci sembravano delle ammiraglie, come la Fiat 125, siano dei tavolini in confronto alla più piccola di oggi. Per non parlare dei suv e di altri giganti della strada. Poi ci sono i pullman turistici, non sempre dimensionati per quello che per loro è un sentierino. Non solo: ho notato che tanti punti vendita dei biglietti non sono più attivi. Ora si fanno a bordo, ma la figura del bigliettaio non esiste più. Deve fare tutto l’autista che, magari, deve caricare quindici persone, fare a tutte il biglietto, incassare, allungando ulteriormente i tempi. A questo si aggiunge tutto l’armamentario di motociclette e motorette, ma anche di monopattini e altri mezzi di fortuna che stanno utilizzando i locali per passare velocemente da un paese all’altro, magari per una spesa, per lavoro o semplicemente per gli affari loro, senza impiegare un’era geologica.
E ripenso a quello che già tanti anni fa diceva mio papà: non è concepibile che un luogo che ha la fortuna di avere un lago, sposti tutto su strada e non su acqua. Un tempo era la normalità. Penso ai trasporti pesantissimi che arrivavano dalle acciaierie di Dongo, via lago e poi via treno, senza occupare un centimetro di strada. Non voglio sembrare ancorato al passato, ma era tutto un via vai di comballi, gondole, trasporti di ogni tipo: per spostare i materiali l’acqua è sempre stata la via privilegiata. Con l’avvento del motore tutto il trasporto è passato dalla strada, perché era più veloce. Ma arrivati a questo punto, guardarsi indietro non è sbagliato. Certo, non ci sono porti adatti alla bisogna in questo momento, ma una soluzione va trovata, non possiamo limitarci a parlare e a lamentarci.
Ho letto il grido di allarme del sindaco Mauro Guerra, che è quello di tanti altri primi cittadini, di tanta gente di questa parte (ma non solo: se il sindaco di Bellagio è ridotto a chiedere ai turisti di andare altrove alzando le braccia significa che non si intravvedono via d’uscita nell’immediato). Sono d’accordo: o si cerca di spostare il traffico, e l’unico mezzo a cui posso pensare è quello acquatico, o si limita. Ma i limiti erano già stati adottati tempo fa. C’erano orari da rispettare e multe di certo non leggere, ma tutto questo, è evidente, non ha sortito l’effetto sperato. Auspico un brainstorming di chi è coinvolto e ha potere su questa situazione per studiare contromisure efficaci: penso che trovare un sistema per spostare i materiali pesanti dei cantieri da Como fino all’Alto Lago possa essere una via – acquatica – percorribile. Lo avevano capito gli antichi, che costruendo una piroga si arrivava prima dall’altra parte. Altrimenti la Regina sembrerà sempre di più una vignetta di Jacovitti, tutta affastellata di persone e cose, con i turisti che banchettano in mezzo alle auto ferme perché non sanno più che fare.
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