Regionali ed europee: marasma politico

Si sa che l’appetito vien mangiando, anche e soprattutto in politica. Allora perché stupirsi se Giorgia Meloni, forte di un consenso elettorale che non sembra conoscere crisi e che fa “pesare” il suo partito, FdI, ben oltre i due alleati Lega e Forza Italia, chieda qualche presidenza in più nelle Regioni che andranno al voto? Forse Matteo Salvini e Antonio Tajani dimenticano che se hanno ottenuto il governo di Sardegna, Umbria, Basilicata e Piemonte è per la stessa logica. Eppure sembra che non si trovi la quadra nel centrodestra, anche se il leghista Massimo Garavaglia sostiene che, come al solito, l’accordo arriverà un quarto d’ora prima del deposito delle candidature. Per ora la partita sembra chiusa sulla Sardegna, che passerà a FdI con il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, fedelissimo del premier in corsa per la presidenza al posto dell’uscente Christian Solinas a cui bisognerà dare un contentino. Che si troverà. Più difficile appare l’intesa sul terzo mandato per i presidenti di Regione, invocato da Salvini per lasciare Luca Zaia sulla sua poltrona di “Doge” nel Veneto, territorio anch’esso appetito da Meloni. Qui però si voterà nel 2025, perciò c’è tempo, anche se il capitano leghista per tamponare lo smacco sardo non sembra accontentarsi neppure di una cambiale.

Il bello è che a questo marasma interno al centrodestra, l’opposizione risponde come al solito dividendosi. In Sardegna dove pure Pd e Cinque Stelle sarebbero pronti a correre uniti, c’è il problema di Renato Soru, ex presidente regionale di centrosinistra che si è già fatto una sua lista e non dovrebbe neppure avere il problema di raccogliere le firme grazie all’aiuto “disinteressato” del centrodestra isolano.

Anche per le Europee le acque non appaiano tranquille. Sia Giorgia Meloni sia Elly Schlein sarebbero pronte a candidarsi come capolista in tutte e cinque le circoscrizioni in cui è divisa l’Italia. Il presidente del Consiglio fa paura ai suoi alleati. Se infatti, la sua presenza trainasse il consenso di FdI, ovviamente a scapito di Azzurri e Carroccio, cambierebbero i rapporti di forza nel governo. Salvini si è chiamato fuori dalla partita, un po’ per evitare una conta che potrebbe vederlo perdente in maniera pesante, ma anche nella speranza che magari Meloni segua il suo esempio. Del resto il leader della Lega per guadagnare voti conta sul generale Vannacci.

Nell’altro campo la questione è tutta interna al Pd. C’è chi disapprova l’inganno nei confronti degli elettori da parte di Schlein che nel caso di una scontata elezione non andrebbe certo all’Europarlamento, ma favorirebbe i secondi più votati nelle circoscrizioni e chi invece incoraggia la segretaria a espatriare per liberarsi di lei, soprattutto con il ritorno di Paolo Gentiloni alla politica italiana. Certo, questa scelta di presentarsi ovunque senza mirare all’elezione, come peraltro sembra orientata a fare Giorgia Meloni è veramente spiacevole. Però forse andrebbe corretta la legge che consente a una sola persona di candidarsi per cinque poltrone. Un’assurdità che però dimostra quale sia la serietà di nostri politici nei confronti delle istituzioni europee.

D’altro canto agli elettori è comunque data facoltà di sfuggire all’inganno: sapendo che sia Schlein sia Meloni non accetterebbero l’elezione basterebbe non votarle.

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