
Quello del terzo mandato negato ai presidenti di Regione è una pallina da flipper che rimbalza per l’Italia con risvolti anche grotteschi. Per chi non fosse aggiornato perché, giustamente, ha cose più importanti a cui pensare, nei giorni scorsi la Corte Costituzionale ha bocciato la legge della Campania per consentire a Vincenzo De Luca (Pd) di superare il traguardo del doppio lustro alla guida della sua Regione. Scene di giubilo nella segreteria Dem per il rimbalzo di uno dei “cacicchi” che Elly Schlein vorrebbe togliere di mezzo. Poi per non farsi mancare nulla, al Nazareno ha pensato bene di buttar là l’idea della biologa Antonella Viola come candidata presidente del Veneto (dove, come vedremo, rotola la pallina del flipper). Peccato che costei abbia lanciato una feroce campagna sulla nocività del vino che da quelle parti è piuttosto popolare. Un po’ come proporre un vegano a capo delle guardie della torre di Londra, i Beefeaters (mangiatori di manzo).
Digressione a parte la mannaia della consulta scattata per la legge campana fa sentire i suoi effetti anche nelle terre Serenissime perché toglie al popolarissimo presidente leghista del Veneto Luca Zaia, la possibilità di calare il tris. Beffa doppia, anzi tripla. Perché nel vicino Friuli Venezia Giulia, Regione a statuto speciale, nessuno potrà negare il terzo mandato all’altro leghista Massimiliano Fedriga. Insomma il Veneto, dove il 98% dei cittadini ha votato a favore dell’autonomia, oltre a non poter fare come gli pare, deve adeguarsi a decisioni prese su questioni del Sud. Qui e in Campania si voterà a breve. Il viceré De Luca potrebbe essere costretto a cedere lo scettro al pentastellato Roberto Fico, candidato di un campo più o meno largo, mentre al posto del doge Zaia, il Carroccio vorrebbe comunque collocare un altro leghista. E allora la pallina del flipper ricomincia a rimbalzare fino alla Lombardia, territorio le cui urne sono fissate nel 2029. Anche qui il presidente, il leghista Attilio Fontana, sarebbe a fino corsa poiché al secondo mandato. E poi Fratelli d’Italia ha fatto capire che il primo partito a livello nazionale non può essere l’unico senza neppure una guida della Regione del Nord. E già si sfoglia la rosa delle candidature che vede ora favorito l’europarlamentare Carlo Fidanza. Bisogna vedere se la Lega, in un rigurgito identitario, accetterà di rinunciare ancora a guidare la sua Regione “culla”.
Questa faccenda del terzo mandato negato a qualcuno e permesso a molti (oltre ai presidenti delle Regioni a Statuto Speciale e ai sindaci di grandi Comuni ci sono praticamente tutte le altre cariche istituzionali da capo dello Stato in giù) andrebbe in qualche modo messa in dima: magari con una legge ispirata al principio del “tutti o nessuno”.
Ma, come si è visto, per un verso o per l’altro non esistono le condizioni politiche. E allora i poveri presidenti di Regione che magari gli elettori rivedrebbero volentieri al loro posto, sono paragonati ai segretari del partito comunista della Cina: un partito Stato. Così, almeno li vedeva uno di loro: il celebre Deng Xiao Ping (quello che non dava importanza al colore del gatto) che aveva imposto il limite. Poi i suoi successori lo hanno cancellato. Però da quelle parti, si sa, la volontà degli elettori conta poco a nulla. Un po’ come da noi. O no?
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