Nell’aprile 1994, poche settimane dopo il clamoroso successo elettorale che portò il centrodestra al governo e Berlusconi alla presidenza del consiglio, si tenne l’edizione più storica del raduno di Pontida.
In quella sede, tra i militanti accatastati a migliaia, le intemerate di Bossi e le provocazioni coltissime del professor Miglio, era toccato a Roberto Maroni, che già allora era il democristiano della compagnia, esporre ai giornalisti la strategia futura di quel Carroccio inarrestabile e travolgente. E cioè che la Lega non aveva alcun interesse ad accaparrarsi il potere in quanto tale, non voleva diventare sistema, il suo vero obiettivo era operare una rivoluzione culturale che trasformasse il vecchio Stato romano, centralista e prefettocratico in una plaga delle autonomie e delle libertà. Raggiunto quello scopo, seminato quel principio guida, la ragione sociale della Lega avrebbe potuto dirsi esaurita perché da lì in poi tutti i partiti sarebbero diventati autonomisti. Sarebbe nata una nuova Italia.
Non è andata precisamente così. Lo Stato, il nostro Stato, il nostro insopportabile Stato occhiuto, autoritario, cialtrone, inefficiente e indifferente, ha continuato a mettere il naso, i piedi e le mani nelle vite e nelle tasche degli italiani, l’autonomia è rimasta campanilismo e la libertà menefreghismo. Come sempre, ha vinto la solita Italia. E’ questo il vero fallimento, quello più amaro, del sogno, anche affascinante, di Bossi, basti pensare che la Lega di Salvini, al di là delle chiacchiere da campagna elettorale, è l’esatto contrario della sua.
Chi invece rischia paradossalmente di cogliere il bersaglio nel momento di crisi più profonda, di disgregazione e di implosione strutturale sono invece i 5 Stelle. Ormai li danno tutti per spacciati. Continuano a perdere voti, continuano a perdere pezzi, continuano a perdere la faccia, i sondaggi prevedono una Caporetto elettorale senza precedenti, i giornali li irridono, le televisioni li sbertucciano, i loro stessi elettori, tra scissioni ed epurazioni, non ci capiscono più niente. Sembra tutto finito. Eppure potrebbe essere vero il contrario, perché se uno guarda i programmi dei partiti e sente le fanfaluche della campagna elettorale non può non cogliere che, dopo dieci e più anni di martellanti parole d’ordine, il grillismo è diventato una categoria dello spirito, un modo di essere, una chiave di lettura della realtà, un sentire talmente comune da non avere più bisogno, proprio come vaticinava Maroni per la Lega, della guarnacca dei 5 Stelle per diffondersi e penetrare ovunque.
Ormai sono tutti grillini. Sono tutti grillizzati. Non possiamo non dirci grillini. Alla faccia di tutto, hanno vinto loro. Ogni partito è strutturalmente pervaso dalla demagogia, dalla faciloneria, dallo statalismo, dal populismo, dal qualunquismo, dal gentismo, la gente, la sacrosanta gente benedetta, e ce lo dice la gente e ce lo chiede la gente e la gente ha sempre ragione e soldi di qua e sovvenzioni di là e bonus di sopra e pensioni di sotto. Tutto per la gente. Sembra che un decennio di scollegamento con la realtà – il principio di realtà, la realtà effettuale – e di retorica sulle qualità innate di quello che non sa niente, di quello che non ha studiato, di quello che non si informa perché tanto è tutto un complotto, di quello che siamo tutti uguali e uno vale uno e lo Stato dov’è? lo Stato cos’è? lo Stato non c’è! e di guerra scientifica al lavoro, di guerra ideologica all’impresa e al suo rischio e al merito e alla selezione e alle capacità individuali perché tutto deve essere garantito a tutti a prescindere tanto poi paga Pantalone, abbia devastato il livello cerebrale degli italiani - abbiamo la percentuale di analfabeti funzionali, cioè gente che non è in grado di capire un testo complesso, più alta dell’occidente - e quello programmatico dei partiti.
Insomma, cosa c’è di più grillino della flat tax proposta dalla Lega, che una qualsiasi persona che non abbia l’anello al naso sa perfettamente che non si farà mai, che è una presa in giro, è senza coperture, non è applicata in nessuna parte del mondo? Cosa c’è più di grillino nella promessa del Pd dei bonus ai diciottenni prendendo i soldi ai “ricchi”, che sono cattivi, e degli aumenti agli insegnanti - tutti, assolutamente tutti, per carità - senza selezione, senza valutazione, senza percorso di carriera, senza autonomia delle scuole e dei presidi? Cosa c’è di più grillino delle dentiere gratis e delle pensioni minime a mille euro di Berlusconi - ovviamente senza copertura - che d’altra parte, essendo un genio assoluto della comunicazione e dell’annusamento dei tempi è stato grillino molto prima dei grillini? Cosa c’è di più grillino della proposta di Fratelli d’Italia sul blocco navale anti immigrati - che non si può fare - o sulla prevalenza del diritto interno rispetto a quello comunitario - che non si può fare, salvo diventare come la Polonia o l’Ungheria? Cosa c’è di più grillino dei proclami delle frattaglie di ultra sinistra, che ogni cosa che proponga la destra parte la mobilitazione perché quelli sono tutti fascisti? Cosa c’è di più grillino del reddito di cittadinanza dei grillini? E infine, cosa c’è di più grillino - per dire la gravità della situazione, visto che stiamo parlando di un fuoriclasse - del passaggio dell’ultimo discorso di Draghi in Senato nel quale diceva che lui stava al governo perché glielo “chiedevano gli italiani”?
Sono tutti grillini, questa è la verità. Siamo tutti grillini. Ci è tutto dovuto. Tutto deve essere sovvenzionato e spesato. Dobbiamo essere protetti dalla culla alla bara, ma al contempo liberi di parcheggiare in tripla fila, non pagare le tasse, andare in pensione a cinquant’anni, avere il posto fisso inamovibile e, soprattutto, pontificare al bar che il governo è ladro e che è sempre colpa di qualcun altro. Che è sempre stata la nostra vocazione esistenziale. E poi dicono che Grillo non capisce niente di politica…
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