Quante volte nella vita ci siamo trovati di fronte al proverbiale dilemma per cui è meglio ridere piuttosto che piangere? Ecco quello della tangenziale monca di Como potrebbe essere un caso di scuola. Il secondo lotto non è stato realizzato, con ogni probabilità non si farà mai, eppure ci sono ancora politici senza pudore che buttano lì le solite promesse destinate a rimanere tali. Anche qui siamo nel classico.
Ma sapete com’è. La legislatura regionale non è lontana dalla scadenza e allora è il caso di darsi da fare. Hai visto mai che questi creduloni di comaschi, che si sono già bevuti la storia di Laura Ravetto e Adriano Galliani, parlamentari eletti qui e mai più comparsi dopo la campagna elettorale, si sorbiscano anche quella per cui il secondo lotto della tangenziale è “una priorità”.
Se questa frase, pronunciata l’altro ieri dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, l’avessimo sentita dieci anni fa, ci avrebbe fatto un altro effetto. Oggi si può solo scegliere se versare lacrime di rabbia o prodursi in un’omerica risata.
Niente di particolare contro Fontana, non fosse altro che prima di lui queste parole sono state dette da una schiera di politici più o meno in campagna elettorale. E comunque, noi comaschi, del fatto che la parte mancante all’inutile strada moncherino sia una priorità lo sappiamo da tempo e ce ne accorgiamo ogni giorno, quando siamo fermi in coda sulle nostre inquinanti autovetture, con buona pace anche di quegli ambientalisti che ritengono l’opera troppo impattante. L’attuale numero uno di palazzo Lombardia è il terzo occupante di quella poltrona che ci viene a dire questa cosa. Possiamo essere un filino disillusi?
La verità è che non è mai esistita la reale volontà politica, a tutti i livelli, di realizzare quest’opera. Anche quando ai vertici di Società Pedemontana sedevano esponenti espressione del territorio comasco.
La stessa tormentata autostrada in costruzione da Varese e Bergamo, di cui si parla da almeno cinquant’anni è la dimostrazione di quanto poco interesse via sia per i nostri lidi. Perché di pedemontano, nel tracciato è rimasto ben poco. Eppure erano stati espropriati territori molto più a Nord dell’attuale percorso. Se si fosse mantenuta la volontà originaria, quella di realizzare un’autostrada che servisse le zone sopra Milano e non, come accade ora, il capoluogo lombardo, la tangenziale di Como non sarebbe servita, nel senso che la stessa infrastruttura avrebbe assolto al compito di poter bypassare la città per andare da Est a Ovest e viceversa. Invece la tangenziale di Como è diventata necessaria proprio a causa del progressivo avvicinarsi del tracciato all’hinterland milanese. E allora perché non è stata ultimata? Questa è la domanda che attende da anni una risposta vera, certa e soprattutto credibile.
Perché da lì forse si può partire per raggiungere un risultato che, però, ormai sembra avere le fattezze della chimera. E le responsabilità, al di là del palleggio che continua, sono di tutti: Regione, Stato, destra, sinistra e centro. Fare solo metà dell’opera è stata una c... ata pazzesca, per dirla con Fantozzi che non si sbaglia mai. Sarebbe stato meglio non realizzare nulla e utilizzare quei fondi in una maniera più utile alla collettività. E, comunque, altre domande che meriterebbero risposte non da specialisti nell’arrampicata sugli specchi: perché ci sono state le risorse per il primo lotto e non per il secondo? E come mai sono saltati fuori i quattrini per finire la Pedemontana che pareva impantanata a Lentate sul Seveso a guisa del moncherino comasco e non per quest’ultimo?
Perciò meglio il bel tacer. Non parli più nessuno del secondo lotto della tangenziale di Como, almeno fino al giorno se mai arriverà, in cui potrà essere posata la prima pietra. Allora potrete dire tutto ciò che volete.
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