Tirateci fuori da questa palude

L’Italia. L’Italietta. L’Italietta baffo nero mandolino. La repubblica delle banane. Alberto Sordi. Il marchese del Grillo. Qui è tutto un magna magna. Franza o Spagna purché se magna. Il primo che si alza, comanda. Non è di mia competenza. Il dottore è fuori stanza. Le faremo sapere eccetera eccetera eccetera.

L’ultimo scandalo fra i tanti, infiniti e ignobili scandali che abbiamo dovuto sopportare nella nostra vita da sudditi è quello della Variante della Tremezzina, che ha registrato in questi giorni l’ultimo passo, forse quello definitivo, verso gli abissi della vergogna. I lavori, già lunghi, già lenti, già in ritardo dal primo minuto, sono al palo. I cantieri sono stati addirittura sbaraccati in pieno giorno, senza avvisare nessuno, senza spiegare niente a nessuno, senza preavviso e senza una motivazione seria. È tutto fermo. Sulla Regina c’è il caos e qui è tutto fermo, o quasi.

I cervelloni di Anas, gli scienziati di Anas, gli strateghi di Anas non hanno saputo dirci il perché. Innanzitutto perché, probabilmente, non lo sanno. Poi perché, sicuramente, non gli interessa (tanto noi contiamo qualcosa in questa vicenda?). E soprattutto perché, matematicamente, se ne fregano. Questi stanno a Roma, che non è un luogo fisico, ma uno stato mentale, una realtà extracorporea, un labirinto alla Borges o, meglio, un incubo alla Kafka o, meglio ancora, una pagliacciata alla Fellini, dove ci si occupa di tutto – delle regole del burraco, delle proprietà degli integratori adattogeni, degli schemi del Bayer Leverkusen - fuorché delle necessità dei cittadini, che sono poi quei poveri imbecilli che gli pagano lo stipendio, ai Nobel di Anas, ai Pulitzer di Anas, agli Einstein di Anas.

Noi sappiamo in quali condizioni è ridotta la mobilità sulla statale Regina e sappiamo quanto diventi ogni giorno più insostenibile il traffico su quella strada, soprattutto dopo il boom turistico degli ultimi anni e l’allungamento della stagione da marzo a novembre. Il territorio non regge, questa è la verità, non può reggere. I residenti non possono più vivere in queste condizioni, così come le attività economiche e quelle sociali. E la beffa davvero insopportabile è che l’unica soluzione sarebbe quella di accelerare il più possibile i lavori della Variante e contestualmente potenziare al massimo, garantendo un servizio tutto l’anno, la presenza dei movieri nelle strettoie – che i fenomeni di Anas facessero il piacere di pagare al 100%, invece di istituire ridicoli tavoli nei quali elargiscono ridicole mance per finanziare un ridicolo servizio - e invece non succede niente. Questi fischiettano, questi lavoricchiano, questi perdono tempo. Impuniti, intoccabili, inamovibili. E questa è una roba che fa senso. Una roba che fa schifo. Una roba che fa vomitare.

Ora, se non vogliamo prenderci in giro, la prospettiva della rescissione dei contratti e del blocco dei lavori per chissà quanti mesi è del tutto realistica, così come quella di un cantiere che verrà concluso tra dieci, quindici, vent’anni. Come se fossimo in un paese africano, in un paese sudamericano, in pieno terzo mondo, che è poi quello che siamo, alla faccia di tutte le nostre chiacchiere e di tutti i nostri distintivi.

Bene, senza pensare di essere chissà chi, ma con tutta l’autorevolezza dei nostri centotrentadue anni di vita - perché un giornale locale se non presidia il territorio, se non cerca di promuoverlo e, soprattutto, di difenderlo dai lanzichenecchi è meglio che chiuda i battenti e si occupi di altro - farà di tutto, tutto il rumore possibile, tutto il casino possibile per impedire che questo scempio prosegua a tempo indeterminato. Useremo tutti i mezzi comunicativi legali, chiederemo l’alleanza di tutti e la pressione di tutti e l’indignazione di tutti per far capire ai filosofi di Anas che questo non è soltanto un luogo di delizia, una cartolina di primavera o un luna park per vacanzieri ricchi, ma anche e soprattutto un luogo reale dove la gente vive, studia e lavora. E che pretende il rispetto che merita.

E lo ricorderemo anche ai nostri fenomenali politici, ai nostri statisti, ai nostri De Gasperi - a partire dal ministro delle Infrastrutture, che invece di perdere tempo con impossibili ponti sullo Stretto farebbe meglio a pensare ai possibilissimi e urgentissimi lavori sul lago di Como – così che tra il taglio di un nastro e una conferenza sulle magnifiche sorti e progressive dei loro rispettivi autorevolissimi partiti, non si dimenticheranno che i voti per andare al Pirellone o in Parlamento li prendono qui. E qui se li devono guadagnare.

È vero che gli italiani spaghettari di cui sopra – e i comaschi in particolare - hanno la memoria corta e tendono a fregarsene e a farsi gli affari loro, per poi regolarmente lamentarsi quando piove governo ladro. Ma questa volta si è passato il segno. Cercate di rammentarvelo da oggi in avanti e tirateci fuori, di corsa, da questa palude. Perché fra poco si vota e vi presentiamo il conto.

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