“Cos’è la destra, cos’è la sinistra”?, oltre a essere una bella canzone di Giorgio Gaber è una domanda che è rimasta a lungo sospesa in un’Italia storicamente incapace di realizzare in senso compiuto uno dei due progetti politici sul modello delle grandi famiglie europee liberaldemocratiche (Ppe) e socialdemocratiche (Pse). Le ragioni sono note e sarebbe lungo elencarle: in sintesi l’incapacità di liberarsi di quegli estremismi, oggi, si possono anche ribattezzare “populismi” e “sovranismi”, malattie infantili mai curate con efficacia. Forse per questo, finché vi sono state le condizioni per cui potesse esistere, ha sempre prevalso il centro, rappresentato dalla Dc, incubatrice, a corrente alternata di entrambe le pulsioni presenti nel Paese sempre in forma largamente minoritaria anche sul piano culturale.
Tentativi ne sono stati fatti, confusi, strumentali, autoreferenziali, incapaci di concretizzarsi davvero in due grandi agglomerati politici in grado di portarci al passo con il resto dell’Europa: Francia, Inghilterra, Germania (dopo la Bad Godesberg della Spd) che hanno vissuto sull’alternanza tra forze liberal o socialdemocratiche, prima che, con la globalizzazione e la grande crisi partita nel 2008, anche questi grandi tradizioni politiche andassero in difficoltà. La pandemia per il Covid-19 e le sue conseguenze sul piano economico-sociale potrebbero rovesciare ancora il tavolo. Forse se ne sono accorti due protagonisti, uno antico e l’altro nuovo della politica italiana: Silvio Berlusconi, leader di quel che resta di Forza Italia, e Giuseppe Sala, sindaco di Milano in quota Pd ma senza cariche nel partito di Zingaretti. Ecco una cosa che accomuna i due: l’ex Cavaliere, con la sua forza politica padronale e impostata su di lui solo, a causa dell’età non riesce più a gestirla come prima e la vede sfarinarsi sul territorio. L’ex artefice dell’Expo, a sinistra, rappresenta un’anomalia poiché presenta un percorso politico alquanto tortuoso che lo ha visto anche city manager nella Milano guidata da Letizia Moratti.
Cos’hanno fatto Sala e Berlusconi? Il primo ho posto la questione di una nuova sinistra e ha tirato fuori dalla naftalina una parola: “Socialismo”, ancora proibita perché legata all’epopea di Craxi, frantumata da Tangentopoli. Eppure l’inquilino di palazzo Marino sottolinea un aspetto importante quando sostiene che solo in Italia questo concetto politico, con tutto quello che si porta dietro anche e soprattutto in termini di storia, sia stato del tutto accantonato. Da qui l’idea di un rilancio dell’idea che, vedremo più avanti, potrebbe trovare agganci concreti nell’attualità, pur nelle difficoltà del movimento a livello mondiale però pre pandemia.
L’ex presidente del Consiglio, invece, in risposta all’appello di Sergio Mattarella per una concordia politica tesa a portare il Paese fuori dalle secche di una crisi economica che rischia di diventare molto allarmante in autunno, nel giorno in cui, il 2 Giugno Festa della Repubblica, i suoi alleati scendevano in piazza contro il governo Conte, ha teso la mano al premier, pur precisando la contrarietà a governi di unità nazionale. Concetti ribaditi ieri in un’intervista a un altro quotidiano nazionale che non sono piaciuti a Matteo Salvini.
Non è un caso che l’interlocutore privilegiato di Berlusconi, isolato in Costa Azzurra nella villa della figlia Marina, sia Gianni Letta con cui l’ex capo del governo pare si senta due volte al giorno (non risultano chiamate del capo leghista o di Giorgia Meloni), uno degli esponenti più moderati nel variegato cerchio magico dell’ex Cavaliere. Che, con ogni probabilità, avrebbe voluto creare una forza politica liberaldemocratica, ma, una volta conquistato il potere ha ceduto al suo inequivocabile istinto peronista, soffocando il progetto in culla. Chissà, anche se forse è tardi, che non sia la volta buona. Perché la pandemia e le sue conseguenze appaiono destinate a cambiare lo scenario della politica. Facile che, con la rabbia sociale montante, vi sia un sussulto di ritorno sovranista e populista dopo l’appannamento dovuto ai comportamenti scombinati dei leader di questi filoni culturali (Trump e Johnson in testa) di fronte al contrasto del virus.
Va detto però, che siamo davanti a culture caratterizzate da una reazione contro l’estabilishment, di cui ormai i leader fanno o hanno fatto parte. Non dimentichiamo che, la storia ce lo insegna, il socialismo riesumato da Sala è stato una leva per il tentativo di riscatto dei ceti più disagiati e le culture liberaldemocratiche come quella tracciata da Berlusconi hanno rappresentato anche nell’Italia pre fascista, esempi di governo in grado di gestire al meglio i processi economici senza tracimare nello statalismo. Certo i due sono generali senza e senza più truppe. E in politica la cosa che conta di più, è la democrazia bellezza, si chiama consenso. Ma quello che succederà da qui in avanti, quando la priorità sarà quella non più sanitaria ma sociale è un finale aperto. E non si sa come andrà.
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