Chi non è andato ai seggi sabato e domenica (purtroppo la maggior parte degli italiani) non sa cosa si è perso. Non per la qualità dei partiti e il valore dei candidati (anche se qualcuno c’era). Ma per il piacere di votare con uno dei migliori sistemi elettorali in circolazione: quello proporzionale con più preferenze.
Perché gira e rigira le leggi elettorali sono come il Monopoli: prima o poi bisogna tornare al via. E, in questo caso, il punto di partenza è l’esecrata, rimpianta odiata e amata Prima Repubblica. Già, i parlamenti, dal 1948 al 1987 sono stati eletti, almeno la Camera dei deputati, con questo sistema, poi vituperato .
Già nel 1992, la prima volta in cui i simboli dei partiti sono stati riprodotti a colori, era arrivata la preferenza unica, la pallina di neve destinata a provocare una valanga nei sistemi elettorali del nostro paese. Tutto questo, intendiamoci, fatto in assoluta buona fede e con le migliori intenzioni da Mariotto Segni e C…, gli artefici dei referendum sulle leggi elettorali che poi, una volta che la pallina o palla, è tornata in mano ai partiti non più tramortiti da Mani Pulite, hanno dato il peggio di sé, regalandoci sistemi sempre a peggiorare, l’ultimo è il Rosatellum, quello in vigore.
Ma torniamo al periodo delle schede con i simboli in bianco e nero. Era l’epoca in cui, con qualche eccezione, le legislature duravano cinque anni, sia pure con parecchi cambi di governo, specie negli ultimi tempi. E quando al voto si recava meno dell’85% degli aventi diritto, veniva lanciato l’allarme astensione. Pensa te. Si potevano esprimere tre preferenze (proprio come sabato e domenica scorsi) e questo aveva portato ad alcune degenerazioni tra cui quella degli elettori che entravano in cabina con un foglietto in mano scritto da altri, o di chi tracciava nomi e cognomi in un determinato ordine così da rendere il voto riconoscibile. A queste brutte abitudini si era aggrappato il movimento referendario per lanciare il quesito sulla preferenza unica. Il vento di Tangentopoli cominciava già a soffiare, la credibilità dei partiti era comunque finita sotto le scarpe e molto interpretarono il quesito come un voto anti sistema, senza entrare più tanto nel merito e magari comprendere che, con la preferenza unica e in assenza di primarie, si finiva per delegare ancora di più alle segreterie politiche la scelta dei candidati. L’invito di Bettino Craxi, segretario del Psi eletto a simbolo di tutto il malaffare, a disertare le urne per andare al mare aveva finito per trasformarsi in un detonatore: la preferenza unica era stata scelta con una percentuale bulgara.
Il successo aveva spinto i referendari a rilanciare con il tentativo di introdurre il maggioritario. Altro botto al referendum, l’ultimo peraltro perché poi sarebbe arrivato il reflusso dei partiti. E già dalla seconda consultazione popolare era scaturito il Mattarellum, sistema di voto ideato dall’attuale capo dello Stato, un mix tra maggioritario e proporzionale che, per la prima volta, introduceva i listini bloccati con cui si eleggeva il 25% dei deputati. Faceva testo la posizione in lista che, ovviamente, era determinata dalle segreterie dei partiti. Un’idea a cui si è forse ispirato Ettore Rosato, parlamentare ora di Italia Viva ed ex Pd, relatore dell’attuale legge elettorale per le politiche che aumenta i seggi assegnati con le liste bloccate. Gli altri sono determinati dai collegi uninominali. Con queste norme la volontà dell’elettore è del tutto annientata. E c’è da star certi che i partiti si guarderanno bene dal cambiare un sistema che assegna alle segreterie la scelta e, quindi il controllo degli eletti. Altro che vincolo di mandato escluso dalla Costituzione. Ecco perché il sistema con cui si sceglie l’Europarlamento resta uno dei migliori e, bisogna dire, che i pochi che si sono recati ai seggi ne hanno fatto buon uso nella scelta dei candidati a cui dare la preferenza dovendo scrivere il nome sulla scheda anziché limitarsi a tracciare una croce (non della Decima Mas, eh) su un pre stampato. Ecco perché chi è rimasto a casa si è perso qualcosa. Del resto, a questo siamo ridotti.
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