
Nel 2004 venne presentata la prima supercar elettrica, la Toyota Alessandro Volta. Nel 2017 una start-up dell’Università della California lanciò la prima “bicicletta intelligente”, battezzandola Volta Bike. Nel 2019 è nata un’azienda che produce tir ecocompatibili, con sedi a Stoccolma e a Londra, e ha deciso di chiamarsi Volta Trucks. Insomma, il mondo non ha dimenticato lo scienziato comasco, come conferma anche il Pantheon dei personaggi più influenti di ogni epoca compilato dal Mit di Boston: l’inventore della pila, nonché scopritore del metano, precursore delle telecomunicazioni e tanto altro, veleggia attorno al 290° posto tra le personalità di ogni epoca: lo cercano su Wikipedia in tutte le lingue da oltre 360mila persone ogni mese, primo tra i lariani, seguito a distanza da Plinio il Vecchio.
La premessa è utile per capire l’attesa che i comaschi giustamente hanno (o dovrebbero avere, i più distratti) per le celebrazioni del bicentenario della morte di Volta in programma nel 2027 - precedute dal 280° della nascita che cade quest’anno e dal 250° della scoperta del metano nel 2026 - e, soprattutto, l’impatto che una gestione brillante della ricorrenza potrebbe generare a livello planetario, portando attenzione non soltanto sullo scienziato, ma anche sui luoghi della sua vita e delle sue scoperte, in primis Como, e sul tema attualissimo delle energie rinnovabili e dello sviluppo delle tecnologie.
Dopo la presentazione del comitato locale per il bicentenario, avvenuta lo scorso 5 marzo al Tempio Voltiano sotto l’egida del Comune di Como, e quella del comitato nazionale, che ieri al Liceo Volta ha visto come promotore Alessio Butti, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’Innovazione, il primo bilancio positivo è senz’altro quello economico. Se per Plinio il governo aveva stanziato 60mila euro, per Volta siamo già a 9 milioni in tre anni (6 dalla legge istitutiva del comitato nazionale varata da Butti e 3 dal Ministero della Cultura). Considerando che nel 2023 l’anniversario più finanziato, nonché l’unico davanti a Plinio in graduatoria, fu quello di Calvino con 400 milioni, si capisce subito che per Volta è stata adottata un’altra scala di grandezze.
Le idee da realizzare non mancano, e ieri si è aggiunta quella messa sul piatto da Butti di dedicare a Volta anche l’unità di misura del potenziale dell’intelligenza artificiale. I dettagli, come per le puntate precedenti, li trovate in cronaca. Qui vale la pena di focalizzare l’attenzione su alcuni punti che possono fare la differenza nel prosieguo del triennio e rispetto all’eredità importante e duratura che queste celebrazioni ci auguriamo possano lasciare al territorio. In primis è fondamentale l’asse Como-Milano-Roma: il professor Giulio Casati, tra i bei nomi del comitato nazionale, potrà testimoniare che se la cinghia di trasmissione tra chi ci rappresenta ai tre livelli avesse funzionato meglio tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Terzo Millennio, il sogno di Como città universitaria, allora a uno snodo fondamentale, si sarebbe realizzato con dimensioni ben diverse da quelle che ha assunto oggi (il campus al San Martino è solo una delle possibilità sfumate). Su questo punto appare incoraggiante la presenza di Paola Dubini, presidente di Fondazione Volta, in entrambi i comitati.
Non meno importante è la partecipazione attiva della società civile, senza la quale le celebrazioni del ’27 non ci avrebbero lasciato il Tempio Voltiano, finanziato e regalato al Comune dall’industriale Francesco Somaini, il Faro, commissionato dall’Istituto nazionale dei postelegrafonici che lo donò a Como, in quanto città natale di Volta, sebbene si trovi a Brunate, e la Sala dei Nobel dell’Istituto Carducci creato dall’associazione Pro Cultura Popolare presieduta da Enrico Musa. Gli ultimi due beni citati sono peraltro da riportare all’originario splendore, e a una fruizione sistematica, per il 2027.
Oggi il cosiddetto terzo settore è vivace a Como. Ne ha dato prova organizzando tantissime attività a corollario del Bimillenario pliniano e tavoli strutturati su cui dialogare, o meglio “coprogettare”, favorirebbero esiti positivi, come quello del Progetto Volta del Comune di Brunate premiato dal bando Emblematici di Fondazione Cariplo, ricordato dal senatore Butti in coda alla conferenza stampa di ieri.
Tra i tanti ambiti in cui declinare le celebrazioni voltiane non è ancora stato citato quello sportivo, pure importante. Con il Calcio Como in grande spolvero, e che punta a rinnovare il Sinigaglia, non si può non ricordare che lo stadio venne inaugurato per le celebrazioni del 1927 quando si disputò la Coppa Volta, vinta dalla squadra cittadina battendo le grandi, tra le quali l’Inter in cui - nella finale per il terzo posto contro l’U.S Milanese - esordì il diciassettenne Giuseppe Meazza, mettendo a segno due reti.
Bella, e necessaria, anche l’idea di una fiction Rai, che Butti ha annunciato. È però importante che, anche in questo caso, si attinga a documenti e competenze per evitare i tanti errori e luoghi comuni su Volta che popolano il web e che capita poi di rileggere in articoli e libri. Anche ieri, per esempio, nel video di presentazione del bicentenario è stato detto che Volta è morto nella villa di Camnago (invece trapassò nella stessa casa del centro storico dove era nato, come attesta il certificato di morte della parrocchia di San Donnino) e negli interventi accademici è stato ricordato il Volta che nel 1775 entrò come docente di Fisica “nel palazzo dove siamo oggi”, cioè il liceo a lui intitolato, che però non esisteva ancora. Volta insegnò al liceo di via Tatti, gestito dai gesuiti quando lui lo frequentò da studente, e che dopo lo scioglimento della Compagnia di Gesù, e la soppressione di diversi monasteri, si trasferì nel 1802 nell’ex convento di Santa Cecilia, diventato nel ventennio successivo il bel palazzo attuale. Meglio prevenire quello che è già successo ad Alda Merini: dopo le tante poesie pessime che le vengono attribuite sui social , la “poetessa dei Navigli” si è ritrovata una fiction girata a Torino. Non accontentiamoci che il nome di Volta sia citato, ma facciamo il possibile perché sia conosciuto in tutte le sfaccettature evocate nelle presentazioni dei giorni scorsi e che aveva in mente san Luigi Guanella quando nel 1899 propose di celebrarlo con le tre luci del faro, ovvero non solo lo scienziato/naturalista, ma anche l’umanista/poeta e l’uomo di fede che ispirò a Silvio Pellico la conversione, come lo stesso scrittore racconta nel poemetto “Alessandro Volta” del 1837.
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