La corsa per le elezioni comunali a Como si dovrebbe svolgere tra un anno più o meno in questo periodo e qualcosa comincia a muoversi sulla griglia di partenza. Dove sono già collocati in pantaloncini e pettorina con il numero, i “civici” Alessandro Rapinese e Bruno Magatti che non temono rosolatura.
Novità anche per la corsia riservata al centrodestra. Il sindaco uscente, Mario Landriscina, appare meno amletico sull’ipotesi di ricandidatura, cosa che suscita timori e speranze tra gli alleati. Intanto, Alessandro Fermi, forzista forse con la valigia pronta per un viaggio sul Carroccio, nonché presidente del Consiglio regionale, ha messo fuori la testa per interposta persona. Chissà se va, come direbbe Raffaella.
Nell’altra metà del cielo politico comasco, quella del centrosinistra, vige il consueto marasma tra rifiuti eccellenti, veti incrociati, aspirazioni e autoreferenzialità. Il rischio è il solito arrivo all’ultimo momento già con il fiato corto prima ancora che lo starter dia il colpo di pistola per l’avvio della gara.
Allora, forse si potrebbe ribaltare il metodo. Anziché mettere davanti i nomi, si potrebbero privilegiare i programmi. Ma non con la ritualità del riflesso condizionato di ogni elezione, anche perché, visto che i problemi e le sfide di questa città sono sempre in finto movimento come il coro dell’Aida, si rischierebbe di risolvere tutto con un bel copia e incolla. Invece sarebbe bello e utile da parte delle forze politiche, magari assieme a quelle sociali, alle categorie e alle associazioni, lanciare dei progetti di città. Non però i libri dei sogni. Ma obiettivi individuati, ben definiti con modalità, tempistiche, risorse e reperibilità delle medesime e soggetti di intervento. Proposte per Como, il cui ritorno alle urne coinciderà, facendo tutti gli scongiuri del caso, con quello alla piena normalità post pandemia, alla conclusione dei lavori sul lungolago, a un rimbalzo vorticoso del comparto turistico, a una rivoluzione obbligata degli ambiti produttivi e commerciali nel segno della sostenibilità e dell’innovazione, a una crescente emergenza sociale da assorbire nel più breve tempo possibile, alla necessità di individuare un destino per aree strategiche cittadine da anni in attesa di una definizione possibilmente coordinata e raccordata nelle funzioni, alla capacità fondamentale di attrarre investimenti sul territorio, a soluzioni efficaci per il problema di un traffico che, già ora sta tornando ai livelli pre Covid e non può più essere sopportato, anche in termini di tutela ambientale, dalla convalle e dalle periferie.
Certo, le idee per viaggiare hanno bisogno delle gambe e anche delle teste delle persone. Però è vero anche il contrario: senza idee gambe e teste lavorano a vuoto. Ecco perché sarebbe il caso per una volta di dare priorità alle prime. Non più i nomi poi i programmi, ma viceversa. In modo che ai comaschi sia data la possibilità di valutarne l’efficacia e la possibilità concreta di realizzazione da parte di coloro che si proporranno per farlo, nel rispetto delle differenze politiche. Queste ultime però potrebbero anche allentarsi di fronte a intenti, obiettivi e mezzi per raggiungerli comuni. Le ideologie sono finite da un pezzo. Figuriamoci che senso possono avere nell’amministrazione di una città.
Quello che abbiamo vissuto sta spazzando via tanto di ciò che c’era prima. Ora servono nuove modalità per le sfide cruciali che attendono Como.
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