Voto a Como il “fuori
programma” della sinistra

È noto che la vocazione a farsi male nel centrosinistra comasco e non solo, fa impallidire la natura dello scorpione che uccide la rana con la consapevolezza che morirà anche lui, narrata da Esopo. Le farraginose e goffe trattative per far sì che la candidatura di Barbara Minghetti non diventi una Ferrari costretta a viaggiare con le prestazioni di una Bianchina, sono lì a provarlo.

I fatti sono più o meno noti. La manager indicata da Svolta Civica, lista che l’ha già portata in consiglio comunale, ha ricevuto il sostegno del Pd e dei Verdi, ma non ancora delle altre più o meno forze di centrosinistra e dei Cinque Stelle divisissimi sulla questione. Le manovre vanno avanti a fatica tra tanti stop e pochi go. E il rischio, la capiscono anche i sassi (ma nel centrosinistra locale c’è anche materia molto più dura) è di arrivare, all’appuntamento elettorale che ormai si avvicina, salvo variazioni da varianti, con una candidatura indebolita o addirittura con un’altra scelta se lady Barbara, anche se la cosa appare improbabile, dovesse stancarsi di questa cottura a fuoco lento.

Sarebbe non solo imperdonabile, ma anche, con ogni probabilità, la fine, per lungo tempo, delle chance della sinistra di poter governare Como. Chiaro che non vi è nell’alleanza, un Catone che auspichi questa “Delenda Carthago, ma si sa che, come afferma l’impareggiabile Pierluigi Bersani, “in politica quando tiri un filo rischia di venire giù tutto un maglione”. Ecco, questa massima dovrebbe essere distribuita a ogni tavolo prima di cominciare le trattative. Altro che aggrapparsi al “programma” come sta facendo qualcuno che ricorda quei calciatori usi a far melina per cercare di mantenere il risultato. Con la differenza che, in questo caso, siamo ancora sullo zero a zero con il forte rischio di prendere gol.

Già il “programma”, che bell’alibi, nobile al punto giusto per far capire una volta di più che noi rifuggiamo lusinghe, poltrone e fette di potere. E giù a darsi di gomito e non riuscire a trattenere omeriche risate. Perché del programma, ammesso che sia mai successo prima, non frega più a nessuno. Siate sinceri, cari lettori ed elettori, ma avete mai letto un programma per orientare il vostro voto? E se sì, ci avete capito qualcosa? E in caso di ulteriore risposta positiva è servito per farvi decidere? Di programmi, come di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno. I programmi sono categorie del Novecento e anche nel Secolo breve, quasi mai erano rispettati.

Qualcuno si ricorda la sintesi programmatica del primo governo Berlusconi con il milione di posti di lavoro e la riduzione a tre delle aliquote fiscali, con la più alta al 33%? Oppure il programma dell’Unione che sosteneva il governo Prodi che a furia di accogliere le richieste di tutte le forze che lo appoggiavano aveva finito per produrre un documento che occupava più spazio negli scaffali di un’edizione dell’enciclopedia Treccani. O anche i tanti programmi realizzati con il metodo del “copia e incolla” e lì è davvero incredibile che qualcuno se ne sia accorto.

Vogliamo addentrarci nel linguaggio dei programmi? Politichese così puro da sembrare uscito da un distillitatore: termini arcaici, poco usati, polverosi, sintassi astruse, costruzione del periodo ardita. Una barba ormai del tutto priva di senso, nell’epoca della comunicazione smart e light veicolata dai social. Non che sia un bene, ci mancherebbe, ma anche la struttura del programma dovrebbe cambiare per dare ancora un senso alla sua storia che ancora un senso non ce l’ha. Perciò cari furbetti del centrosinistra e non solo, inutile appigliarsi al programma e nascondervi dietro i veri intenti. Se avete a cuore davvero il bene di Como e dei comaschi, sedetevi e, per una volta, i coltelli che nascondete sotto al tavolo tirateli fuori e venitene a una. Questo sì sarebbe un bel “fuori programma”. Perché un’altra occasione così, con il centrodestra dal fiato corto e zavorrato dal non esaltante bilancio della giunta Landriscina, non vi capiterà più. Vero Alessandro Rapinese?

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