Non pensate che qualcuno non l’abbia già fatto il calcolo. Quanto vale nei sondaggi un segretario di partito positivo al coronavirus? Perché, diciamo la verità, senza sottovalutare il momento drammatico che sta attraversando il nostro paese e non solo, alla fine la vita deve continuare. E per i politici la vita è anche se non soprattutto apparire sulle prime pagine dei giornali, nei talk show, in tv e sui social: un mondo di cui si è impossessato il temibile morbo. Se non parli del virus, se non ha che fare con lui, di questi tempi bene che ti vada finisci a pagina 12 nei quotidiani. Per comparire nei titoli del Tg, la malattia te la devi prendere, come è accaduto a Zingaretti.
Persino il “povero” Silvio Berlusconi, per sgomitarsi un quarto d’oretta di celebrità, si è visto costretto a svelare la sostituzione della ormai storica fidanzata di 34 anni con una di 30. E non è casuale che abbia usato il suo partito, Forza Italia, come canale di comunicazione. A parte il giudizio etico sulla vicenda, è comunque un innegabile messaggio di ottimismo che arriva da un over 75, una fascia di cittadini che certo non sta vivendo un momento tranquillo.
A Zingaretti e non per preferenza politica, va comunque dato atto di una tecnica di comunicazione impeccabile nell’annuncio del contagio. Sorriso aperto, viso florido e rassicurante, toni pacati senza alcun allarmismo. Anzi, una sensazione di normalità anche nel rivelare che resterà a casa a lavorare perché le sue condizioni non sono tali da richiedere il ricovero in ospedale. Senza, anche qui, voler esprimere un giudizio politico, il paragone con il presidente della Lombardia Fontana e la sua mascherina indossata male è apparso inevitabile.
Quel che è certo e non solo per la positività del segretario del Pd, è che il coronavirus sta cambiando in maniera radicale la politica. La maggior parte dei nostri rappresentanti appare spiazzata di fronte alla nuova emergenza a cui, nessuno va detto, poteva essere preparato. C’è chi cerca comunque di sfruttare il momento e chi procede a zig zag e cambia ogni giorno la propria linea e il proprio orientamento. Per tutti però vale la spietata legge dell’informazione per cui il coronavirus sta monopolizzando tutto e qualunque messaggio che non sia riferito alle misure per contrastare il virus, dalla polemica sul governo Conte al rinvio del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, arriva ovattato. E svanisce subito nell’immaginario collettivo. Non che sia un male, visto che veniamo da mesi di scontri al calor bianco, un problema per molti che vedono il loro consenso ridursi proprio per la difficoltà a far passare le proprie parole nel traffico da ora di punta della continua informazione sul Coronavirus. Chissà, forse questa emergenza, se, come nessuno si augura, dovesse protrarsi, finirà per cambiare ancora la comunicazione politica. Gli spin doctor dei leader sono già al lavoro per cercare di venirne fuori consci che la scala delle priorità è mutata in maniera radicale. Di certo è stata già percepita l’esigenza da parte dei cittadini di non assistere più a polemiche e scontri. Anche perché a nessuno può essere attribuita la responsabilità della situazione, specie dopo che il contagio è dilagato anche in altri paesi europei. E se il coronavirus, al di là della momentanea preferenza certo non auspicata dall’interessato, per Zingaretti, non è né di destra, né di centro né di sinistra, non ha senso affrontarlo con l’approccio tradizionale. Chi ha provato a farlo è stato subito sconsigliato con decisione dai suoi e ha modificato la rotta. Per ora meglio abbozzare e adeguarsi al clima bipartisan. Perché in questo momento gli elettori chiedono solo soluzioni e neppure fanno caso a chi le propone, ma soltanto se si rivelano efficaci o meno. Di fronte a una situazione drammatica che non fa distinzioni di età, ceto o classe sociale e che perciò ciascuno può toccare con mano, le promesse non attaccano. Nelle democrazie le grandi emergenze hanno sempre unito le forze politiche, la resa di conti arriva quando il pericolo e sconfitto in maniera definitiva. E allora possono anche arrivare sorprese come accadde nell’Inghilterra che, dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale, mandò a casa il premier che gliela fece vincere: il grande Winston Churchill. Però prima la guerra bisogna terminarla con la sconfitta del nemico.
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