Allarme per i medici di famiglia
«Ne mancano 79, insostenibile»
In città ci sono 6 posti vacanti. I giovani? Preferiscono l’ospedale - Rivolta: «Età media alta, paghiamo gli errori nella programmazione»
Como
Nella nostra provincia mancano 79 medici, ci sono tanti ambulatori vuoti che attendono l’arrivo di professionista. Difficilmente arriverà.
Ogni cinque medici, un posto vuoto. Ci sono alcuni paesi periferici da tempo in forte difficoltà, ma 6 studi sono vacanti anche nel capoluogo. Tanto che nelle scorse settimane, a fronte del pensionamento di stimati medici di medicina generale, Ats Insubria ha dato ad alcuni colleghi la possibilità di aumentare il numero massimo di assistiti.
Ogni medico può assistere fino a 1.300 cittadini, chi vuole può arrivare anche a 1.500, più una quota di 250 persone che chiedono un’assistenza da fuori provincia, succede ad esempio con gli stranieri.
Ora l’ex Asl ha domandato ad alcuni medici di Como città di curare 1.750 cittadini, oltre al consueto fuori quota.
I camici bianchi si lamentano perché in questo modo riescono a fare meno visite, quasi mai a domicilio, limitandosi di fatto a fare ricette, a distanza. I numeri delle specializzazioni per i prossimi anni, le nuove leve da formare, non bastano a coprire i fabbisogni. I neo dottori preferiscono concentrarsi sulla carriera in ospedale. Durante tutta la pandemia le autorità politiche e sanitarie hanno ripetuto mille volte l’importanza della medicina del territorio, della capillarità della medicina di base, dell’importanza di investire sui nuovi medici. Oggi però è peggio di ieri. «Ci sono tanti colleghi vicini alla pensione, a Como come a Erba e a Olgiate – fa notare Giuseppe Enrico Rivolta, segretario regionale del Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami) e membro del consiglio dell’Ordine dei medici di Como - Sulle scuole di formazione la programmazione ha fatto danni, i numeri dei giovani non bastano. Per un mestiere che ha perso appetibilità, è in corso un travaso verso gli ospedali. Il territorio così vede venir meno una presenza, un servizio radicato».
La pandemia ha imposto ai medici più cautele e protocolli, ma anche nuove responsabilità. Ci sono territori come detto meno appetibili, con più studi da tenere aperti in contemporanea, dove giovani sostituti si alternano per breve tempo. Ma anche in città o a Cernobbio ogni volta che va in pensione un medico si crea un problema di difficile soluzione. L’età media nella categoria è alta.
All’orizzonte c’è la riforma del sistema che guarda, per la verità da anni, alle case della salute, dei centri per raggruppare i medici, oggi libero professionisti. Il presidente dell’Ordine Gianluigi Spata a questo proposito si dice contrario all’idea di «infilare i medici dentro a dei mini ospedali, costruendo una rete sempre più concentrata e meno vicina alle persone che hanno bisogno di cure».
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