Addio Clemente, era l’ultimo deportato di Ponte Lambro. Il ricordo della cattura: «Dite a mia mamma che mi hanno preso»
La storia Nava aveva 98 anni, aveva conosciuto le privazioni e il dolore dei campi di prigionia nazisti. L’anno scorso aveva ricevuto dal prefetto la medaglia d’onore. I funerali domani alle 15 nella parrocchiale
Ha conosciuto le privazioni della guerra e il dolore della prigionia nei campi di lavoro nazisti, ma è riuscito a tornare a casa dalla madre e a ricostruire la propria vita a Ponte Lambro. Clemente Nava è morto lunedì sera all’età di 98 anni, nel gennaio 2022 aveva ricevuto dal prefetto di Como la medaglia d’onore. Lascia i figli Danilo e Anna Maria, il funerale verrà celebrato domani alle 15 nella chiesa parrocchiale del paese.
Nava era un uomo riservato, non parlava volentieri della sua esperienza nel corso della Seconda guerra mondiale. Lo fece lo scorso anno, in occasione della Giornata della Memoria, quando il prefetto Andrea Polichetti e il sindaco Ettore Pelucchi gli consegnarono la medaglia d’onore concessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il ricordo
«All’epoca lo intervistai - ricorda Manuel Guzzon, presidente provinciale dell’Anpi e consigliere comunale di Ponte Lambro - volevamo fare un video perché era l’ultimo reduce pontelambrese ad aver fatto la seconda guerra mondiale. Quest’anno gli abbiamo consegnato una tessera ad honorem dell’Anpi: fu uno dei militari italiani che non aderirono alla Rsi, preferendo restare nei campi di prigionia nazisti». Guzzon era molto legato a Nava. «Ero molto affezionato a lui, non ho mai conosciuto mio nonno caduto sul fronte russo e lui per me era un po’ un nonno. Ha avuto una vita molto lunga, tornato dai campi di prigionia è riuscito a ricostruirsi una vita in paese. Prima di andare in guerra lavorava al cotonificio, al ritorno venne subito riassunto e non era scontato, all’epoca la disoccupazione era molto diffusa».
Nava venne arruolato in fanteria nell’agosto del 1943, all’età di 19 anni, e l’8 settembre si trovava di stanza ad Alba. Lì venne catturato: «I tedeschi circondarono la caserma - ha ricordato nella video-intervista a Guzzon - e svaligiarono tutto. Passai una settimana a portare giù tutta la roba per loro, poi caricarono sul treno anche me». Prima di partire lasciò a una donna un biglietto con su scritto: «Sono Clemente Nava, di Ponte Lambro. Dite alla mia mamma che mi hanno preso».
Venne internato nel campo di prigionia di Kustrin, in Polonia: «Ci davano un cucchiaino di zucchero, un pezzettino di marmellata e una fetta di pane al giorno. Ne ho viste di tutti i colori. Poi ci trasferirono in un altro campo, passammo anche vicino ad Auschwitz: nelle stazioni vedevamo ebrei con la stella gialla, ma non sapevamo cosa stesse succedendo. Pensavamo fossero considerati anche loro dei traditori, pensavamo di andare tutti a morire».
Salvo per miracolo
Nava invece se la cavò lavorando come contadino. «Dissi ai miei amici che facendo i contadini avremmo salvato la pelle, mangiando magari la pelle delle patate, ed è stato così. Poi nel febbraio del 1945 arrivarono i russi». Il ritorno a casa, dalla sua mamma, avvenne con un carro bestiame, in condizioni difficili. «I primi due anni a Ponte Lambro furono ancora molto duri per la povertà - ricordò Nava - ma venni subito assunto al cotonificio. Presero tutti i reduci e gli ex combattenti, tutti».
Per il sindaco Pelucchi, Ponte Lambro «perde un personaggio importante. La sua era l’ultima memoria viva di quanto avvenne nel corso della seconda guerra mondiale, ma la sua voce resterà immortalata anche nel museo sulla storia del cotonificio in via di allestimento a Villa Guaita. Clemente abitava vicino a me, in tutta la mia vita penso di non averlo mai visto arrabbiato un giorno: è sempre stato cordiale, sorridente e di buon umore».
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