Frigerio non rimase intossicato: ecco la prova

Esclusivo Spuntano gli esami del sangue all’uomo sopravvissuto alla strage di Erba: smentita la tesi della difesa sull’amnesia anterograda

«Solo l’intossicazione da monossido di carbonio è in grado di produrre una amnesia anterograda». Parola degli avvocati dei coniugi che, oggi, sperano nella revisione della loro condanna. Secondo i difensori Mario Frigerio, quando ha riconosciuto Olindo Romano come suo aggressore, non è credibile perché i danni cerebrali dovuti al fumo inalato nell’incendio in via Diaz avrebbe avvelenato il suo ricordo. Il problema è che gli esami del sangue raccontano un’altra storia: nessuna intossicazione. E, di conseguenza (seguendo il ragionamento dei legali e dei loro consulenti) nessuna amnesia anterograda.

La Provincia ha potuto visionare gli esami del sangue a cui l’uomo sopravvissuto alla strage di Erba è stato sottoposto fin dal primo momento, al suo arrivo al Sant’Anna la sera dell’11 dicembre 2006 (e che peraltro . E quegli esami parlano chiaro: nel sangue di Mario Frigerio non vi erano livelli elevati di monossido di carbonio.

I documenti esclusivi

La documentazione medica era stata depositata nel corso del processo di primo grado. Ma, nonostante questo, non si ritrova agevolmente nel fascicolo. Tanto che i consulenti degli avvocati di Rosa Bazzi e Olindo Romano, che sostengono la tesi dell’amnesia anterograda per bollare come inattendibile la testimonianza di Mario Frigerio, scrivono di aver ricostruito l’intossicazione pur se agli atti manca la cartella clinica integrale.

In realtà come detto, gli esami del sangue fatti al Sant’Anna all’uomo sopravvissuto alla strage ci sono. E smentiscono la tesi dell’intossicazione da monossido di carbonio rendendo - di conseguenza - inconsistente la problematica relativa alla sua memoria e al riconoscimento di Olindo Romano quale autore dell’aggressione.

Quella sera, fin dal suo arrivo in pronto soccorso, Frigerio venne sottoposto a ben quattro differenti prelievi del sangue. Il primo alle 21.55. Il tasso di carbossiemoglobina, che si forma dal legame del monossido di carbonio con l’emoglobina dei globuli rossi e - quindi - calcola il grado di intossicazione del sangue, era dell’1,1%. quando i valori di riferimento sono compresi tra 0 e 1,5%. L’intossicazione manifesta si ha con una percentuale superiore al trenta. Una intossicazione grave attorno al 50%. Come detto Frigerio si è fermato a 1,1.

Un secondo prelievo era stato fatto a mezzanotte e 52 minuti. E il tasso carbossiemoglobina era risultato anche più basso: 1%. Altri due prelievi alle 2.04 del mattino e alle 4.53. In entrambi i casi il calore di Cohb era di 1,3. Il limite di riferimento, come detto, è dell’1,5%. Ma cresce nei fumatori arrivando anche al 9% per gli incalliti.

Anche nei giorni successivi Frigerio è stato sottoposto a numerosi esami del sangue e sempre il livello di monossido è stato inferiore all’1,5%. Questo significa che i dati clinici escludono quell’intossicazione da monossido che, secondo gli avvocati di Olindo Romano è Rosa Bazzi, è «la causa dell’amnesia».

E dopotutto anche uno dei medici rianimatori che ha avuto in cura il signor Frigerio, il dottor Franco Foti, aveva rivelato al nostro giornale che se fosse stato riscontrato un livello preoccupante di intossicazione nel sangue sicuramente il paziente sarebbe stato trasferito in camera iperbarica. E invece il marito di Valeria Cherubini, l’ultima vittima della strage in ordine di tempo, non è stato sottoposto neppure a ossigenoterapia in rianimazione al Sant’Anna.

L’importanza di questi atti

Il dato scientifico, insomma, mina le certezze delle consulenze presentate dalla difesa come nuova prove per chiedere la riapertura del processo. Anche l’avvocato Adamo De Rinaldis, che con il figlio e collega di studio Andrea assiste Elena e Andrea Frigerio, i figli di Mario e di Valeria Cherubini, avevano insistito nel corso dell’udienza a Brescia sul fatto che non esistesse, agli atti, alcuna prova tangibile di intossicazione da monossido di carbonio. Contestando le ricostruzioni proposte dai legali dei due condannati.

Frigerio fu sentito come testimone tre volte nel corso delle indagini preliminari. Tutte e tre le volte ricostruì sempre nello stesso identico modo la dinamica dell’aggressione subita, senza mai cadere in contraddizione. Anche del suo aggressore diede sempre la stessa descrizione: grosso, molto grosso, pelle olivastra, capelli corti e neri bassi sulla fronte. Nel corso delle udienze del processo di revisione si è dibattuto molto anche della prima testimonianza, quella del 15 dicembre, nella quale secondo la verbalizzazione non aveva riconosciuto l’aggressore, limitandosi a descriverlo, mentre per la Procura generale già in quell’occasione si sente Mario Frigerio fare il nome di Olindo. Tutte le testimonianze vennero ribadite con forza anche nel corso del processo in corte d’Assiste, quando punto il dito contro l’imputato per dire: è stato lui.

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