Il dolore della famiglia Castagna: «Dalla tv quanta violenza contro di noi»
Lo sfogo Pietro Castagna racconta nel podcast “Anime Nere” «Hanno permesso a Rosa di accusare me di essere l’autore della strage che ha portato alla morte di mia madre, mia sorella e mio nipote»
«Le luci dei lampeggianti. Ancora adesso quell’immagine l’ho cucita nei ricordi, belli precisi. È un flash continuo che non mi abbandonerà mai». Pietro Castagna siede sul divano della sala nella casa di suo fratello Beppe. È un divano grande, scuro, che subito dà il metro del gusto con cui i Castagna fanno dei loro arredamenti uno stile di vita. Beppe e Pietro accettano di raccontare, ai microfoni del podcast “Anime nere” Ecco una sintesi di quelle loro parole.
«Ogni tanto qualcuno trovava il cancelletto aperto ed entrava in casa»
Pietro: «Mi rivedo là, completamente spaesato. Incapace di capire cosa stesse succedendo. E queste luci blu continuavano a girare peggiorando quel senso di frastuono e caos». Beppe: «Il primo ricordo? Mio padre che mi telefona da piazza Mercato e mi dice “sono morti tutti”». Poi l’assedio dei giornalisti e delle tv. Beppe: «Ogni tanto qualcuno trovava il cancelletto aperto. Ed entrava. Una sera mi sono trovato un giornalista in casa. Che ha aperto la porta. Con la telecamera accesa, le luci accecanti accese. E si è messo a urlare: “signor Castagna, l’Italia deve sapere”. E io, per farli uscire, dovevo per forza promettere di dire due parole. È stata una cosa violenta!».
«Ci siamo chiesti tante volte: come famiglia avremmo potuto fare passi indietro? Stare più abbottonati, stare più tranquilli? A distanza di 17 anni la risposta è sì. Ma sarebbe stato possibile farlo? La risposta è no. E se non ci finisci dentro, a questo tritatutto mediatico, non ti puoi rendere conto di quanto sia difficile provare a resistere».
«Quante accuse. Quanti sospetti. Quanta fantasia. Quanti hanno mangiato sulla nostra tragedia»
Pietro: «Quando i media alzano l’asticella senza alcun minimo di morale, il rischio è che finiscano per dire qualunque cosa. E quella qualunque cosa può andare a toccare corde che sicuramente fanno notizia, ma che ti spalancano dentro voragini, che riaprono ferite impossibili da chiudere. Sono riuscito a farle smettere di sanguinare e bruciare con l’aiuto di professionisti, di psichiatri, di psicofarmaci. E non mi vergogno a dirlo». Sostegni psicologici che si sono fatti urgenti quando la tv ha attaccato la famiglia Castagna: «Bisognava puntare il dito contro altri. Tralasciando i macigni contro Olindo e Rosa ma concentrandosi sui sassolini. Quante accuse. Quanti sospetti. Quanta fantasia. Quanti hanno mangiato sulla nostra tragedia».
Pietro: «Nessun filtro. Hanno permesso a Rosa di dire che voleva sedersi a un tavolo con me, guardarmi negli occhi e capire chi, tra lei e me, era il vero assassino. Prova a pensarci. Prova a immaginarlo. Sei seduto sul divano, davanti alla televisione, e alla donna che ha sterminato la tua famiglia, senza nessun tipo di problema, viene consentito di dire una frase del genere. Ho vacillato, quella sera. Dopo quelle puntate non sono stato più capace di confrontarmi con il quotidiano. Uscire di casa è diventato un peso. A un certo punto ho perso il mio centro. Sono arrivato a non firmare più le mail o i messaggi Pietro Castagna, ma solo Pietro. Ma qualcuno avrà mai pensato al dolore che un’accusa del genere avrebbe potuto fare?».
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