La Croce Rossa “salvata” trent’anni fa: «Si può fare di nuova, lavorando uniti»
Il retroscena Già negli anni Novanta l’associazione comasca ebbe grossi problemi finanziari. Alberto Croci: «Diamo il servizio alle associazioni provinciali che operano bene sul territorio»
«La Croce Rossa di Como in crisi? Non è certo una novità, furono gli erbesi a salvarla tra gli anni Ottanta e Novanta. I responsabili dovrebbero lasciare, diamo il servizio in mano alle associazioni provinciali che operano bene sul territorio». Alberto Croci, titolare dell’azienda Téchne di Erba, ha molto da dire sulla crisi economica del Comitato di Como della Cri: il caso, che tiene banco da giorni, ricorda l’esperienza vissuta più di trent’anni fa.
All’epoca a Erba c’erano due associazioni di soccorso, l’Esab (Ente Solidarietà Alta Brianza) e la Croce Rossa, che si sarebbero poi fuse in quello che ancora oggi si chiama Lariosoccorso. Croci conosceva bene gli animatori dei due gruppi ed ebbe un ruolo di primo piano nella nascita del Lariosoccorso.
«Nel 1988 - ricorda - la Croce Rossa di Como ebbe grossi problemi finanziari ed organizzativi, che ricordano molto da vicino le cronache di questi giorni. Per salvare la barca vennero chiamati i migliori “manager” che gestivano l’Esab e la Croce Rossa di Erba: arrivarono nel capoluogo e presero in mano la situazione, nel giro di qualche anno riuscirono a raddrizzare la rotta. Poi, al solito, la politica decise di metterci il becco».
La storia si ripete
Alcuni politici dell’epoca, in modo più o meno manifesto, decisero di riprendere in mano le redini della Croce Rossa comasca. «Forse dava fastidio che il Comitato fosse in mano a non comaschi e senza nessuna interferenza politica. Sta di fatto che ci furono problemi e incomprensioni, presto degenerarono. Ricordo una riunione in cui si arrivò quasi alle mani: alla fine gli erbesi tornarono a casa e lasciarono il Comitato di Como della Cri al suo destino, per concentrarsi sul potenziamento del Lariosoccorso a Erba».
Ecco perché, leggendo i giornali di oggi, Croci non è stupito. «La storia si ripete. I responsabili dovrebbero tutti fare un passo indietro, l’obiettivo del territorio è uno solo: salvare il servizio svolto dalla Croce Rossa a Como, far funzionare la squadra dei volontari. In Provincia ci sono tante realtà che si occupano di soccorso, ben radicate sui rispettivi territori: servirebbe un incontro allargato alle migliori associazioni, chiedendo loro di occuparsi per qualche anno della Cri di Como».
Una nuova classe dirigente
In questo modo, come è accaduto tra gli anni Ottanta e Novanta, si potrà rimettere in sesto il Comitato. «Nel frattempo bisogna formare una nuova classe dirigente, slegata dalla politica, che possa poi occuparsi in prima persona della Croce Rossa di Como, superando definitivamente l’attuale stato di crisi. La storia prova che con una buona gestione i problemi finanziari si possono evitare».
La condizione essenziale, ripete l’imprenditore, «è che tutti i responsabili si facciano da parte e lascino carta bianca a chi accetterà di mettere tempo e impegno per salvare un servizio essenziale per i cittadini del capoluogo». Serviranno lungimiranza e umiltà, da parte di tutti: il successo dell’iniziativa, se mai verrà presa in considerazione, non è certo scontato.
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