La follia del brigadiere omicida: «Ha sorriso di me e gli ho sparato»
Asso Antonio Milia ricoverato in psichiatria: sempre più paranoico. «Il comandante mi perseguitava e mi intercettava». E ai colleghi del Gis: «Adesso entrate e sparatemi»
«Quando ho incrociato il comandante, lui mi ha salutato con un sorriso. Un sorriso che mi sembrava provocatorio. A quel punto gli ho sparato». C’è un mondo di paranoie e sindrome di persecuzione nell’animo sempre più tormentato di Antonio Milia, il brigadiere di Asso che ha ammazzato a sangue freddo il suo luogotenente sparandogli tre volte nel petto. E che, 12 ore più tardi, ha premuto altre tre volte il grilletto contro un altro collega, un militare del Gis, lanciato su di lui con lo scudo e con un solo scopo: prenderlo vivo. Nel giorno in cui Milia è comparso davanti al giudice delle udienze preliminari del Tribunale militare di Verona, per l’udienza di convalida dell’arresto, emergono nuovi particolari del racconto reso venerdì scorso in caserma negli uffici del nucleo investigativo di Como, davanti ai pubblici ministeri sia civili - della Procura cittadina - che militari. Particolari che confermano la paranoia in cui era piombato quest’uomo di 57 anni, al quale inverosimilmente una commissione medica ha restituito la pistola d’ordinanza, utilizzata per uccidere il luogotenente Doriano Furceri.
Molto probabilmente Milia aveva già deciso di uccidere il suo comandante. Da alcuni giorni, infatti, più o meno sempre alla stessa ora scendeva in ufficio dagli alloggi, che si trovano sul retro ai piani alti della caserma carabinieri di Asso. Il sospetto degli investigatori è che il brigadiere, costretto a prendere le ferie dopo che la commissione medica militare lo aveva reintegrato in servizio, tenesse controllati gli spostamenti del suo luogotenente. Per capire a che ora usciva dall’ufficio per risalire ai suoi alloggi.
«Giravo sempre armato perché mi sentivo in pericolo. Mi sentivo spiato. Mi seguivano»
«Giravo sempre armato - ha detto ai magistrati che lo hanno interrogato - perché mi sentivo in pericolo». Che genere di pericolo, Milia non lo ha saputo dire. «Mi sentivo spiato. Mi seguivano» si è limitato a dire. Tra le persone che, a suo dire, lo perseguitavano c’era anche il suo comandante. Il brigadiere era convinto, infatti, di avere le microspie in casa e il telefono cellulare sotto controllo. Di essere intercettato. E, addirittura, che fosse prossimo il suo arresto, per mano del luogotenente Furceri e del capitano al comando della compagnia di Como, ovvero le due persone che lo avevano mandato davanti alla commissione medica togliendogli tesserino e pistola, dopo che a gennaio era riuscito a esplodere un colpo in casa e a vergare lettere con intenti suicidi.
Di giovedì pomeriggio, Milia ha detto di essere sceso, come sempre armato. E di aver incrociato il suo comandante: « Mi ha salutato con un sorriso che mi sembrava provocatorio e allora gli ho sparato». Un colpo al petto, non fatale. Anzi, il luogotenente ha cercato di scappare verso la porta d’uscita della caserma, ma qui è stato raggiunto da altri due colpi esplosi quasi a bruciapelo sempre al petto. L’autopsia, ieri, ha confermato che quei due colpi hanno ucciso Furceri praticamente sul colpo: anche se fosse stato soccorso subito, per lui non c’era più nulla da fare. È emerso anche che il suo scopo, giovedì sera, quando si è asserragliato in caserma, era quello di farsi ammazzare. Ai mediatori che cercavano di convincerlo ad arrendersi continuava a ripetere: «Adesso i Gis entrano e mi sparano. Così la facciamo finita». Fortunatamente non è andata così.
Nella serata di ieri un nuovo crollo psichico e il ricovero al Sant’Anna
Ieri mattina Antonio Milia è stato accompagnato dalla polizia penitenziaria fino a Verona dove, alle 9.30, si è presentato davanti al gip Maurizio Lubrano, assistito dal suo avvocato, il penalista Roberto Melchiorre. Si è limitato a confermare il verbale reso venerdì scorso, aggiungendo che si sentiva in pericolo anche in carcere. Il giudice ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere. Ma, una volta tornato al Bassone, il brigadiere ha avuto un crollo emotivo improvviso. E i vertici del carcere hanno così chiesto per lui il ricovero immediato in psichiatria al Sant’Anna, dove da ieri è piantonato.
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