Strage di Erba, ennesima “nuova” prova. Ora tirano in ballo pure la ’ndrangheta

Richiesta di revisione A meno di una settimana dall’udienza decisiva, ancora un’istanza. I difensori reinterpretano un’intercettazione del 2020 di un’indagine su spaccio nell’Erbese

Gli spacciatori tunisini. Anzi no: la pista famigliare. No, meglio: la ’ndrangheta. A una settimana dall’udienza decisiva per il processo di revisione sulla strage di Erba e- soprattutto - 17 anni e 8 mesi dopo il massacro di via Diaz, la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi decide di imboccare l’ennesima pista alternativa. E in una memoria aggiuntiva depositata in extremis alla Corte d’Appello di Brescia ipotizza che ha uccidere a sprangate e coltellate tre donne e un bambino sia stata la ’ndrangheta. Lo fa reinterpretando un’intercettazione telefonica finita nell’indagine che poco più di un mese fa ha portato a una trentina di arresti per traffico di droga, armi, estorsioni, usura con l’aggravante del metodo mafioso.

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L’inchiesta e l’intercettazione

La nuova istanza dei difensori dei due coniugi, i quali stanno scontando l’ergastolo per la strage, punta evidentemente a far slittare la decisione sull’ammissibilità o meno della richiesta di revisione, decisione attesa mercoledì prossimo, 10 luglio. Ma, soprattutto, torna a intorbidire le acque di una vicenda nella quale più confusione viene fatta, più dubbi si ingenerano nell’opinione pubblica.

Proviamo a ricostruire l’ultima presunta “nuova” prova. Tra il 2020 e il 2021 i poliziotti della squadra mobile di Como e dello Sco (il Servizio centrale operativo) di Roma sono impegnati in una serie di intercettazioni su due gruppi distinti - ancorché in qualche modo legati - dediti soprattutto allo spaccio di droga. Uno di questi è capeggiato (ovviamente nell’ipotesi accusatoria, siamo ancora alle indagini preliminari) da Vincenzo Milazzo, 38 anni, residente a Canzo. Nelle sue chiacchierate Milazzo è impegnato a impartire ordini a quelli che chiama «i miei operai», ovvero spacciatori al dettaglio, e a litigare con Oppedisano padre e figlio, residenti a Bosisio Parini ma accusati di gestire il traffico di droga nell’Erbese. Sia gli Oppedisano che Milazzo sono legati (anche se non viene contestata loro l’associazione di stampo mafioso) alla ’ndrangheta. In particolare Milazzo è vicinissimo a Pasquale Varca, già capo della locale di Canzo della mafia calabrese, di cui gode della protezione.

Nell’indagine della polizia comasca, emerge un conflitto potenzialmente pericoloso, tra i due gruppi, per il controllo del traffico di sostanze stupefacenti in tutto l’Erbese. Con i vertici della ’ndrangheta impegnati a evitare che le tensioni potessero sfociare in vendette.

In questo panorama, il 16 giugno 2020, alle 2 del mattino, sulla Smart di Milazzo le microspie della polizia registrano la chiacchierata tra lo stesso Milazzo e il suo presunto “delfino”, Leonardo Potenza. Quest’ultimo era stato a Milano a prendere delle sim prepagate e con intestazione fittizia da distribuire ad alcuni uomini fidati del gruppo di presunti spacciatori. Nell’auto di Milazzo, Leonardo Potenza spiega il funzionamento delle sim, da utilizzare solo per ricerche internet. E fa alcuni esempio: «Hai capito come fare? (...) Anche tu fai così, chiudi il telefono, ascolta me, chiudi il telefono ed i cazzi...(parola incomprensibile) devi guardare: l’omicidio, Longone, e chiudi. Strage di Erba, e chiudi. Non lo devi usare mai per chiamare e mandare i WhatsApp...hai capito cosa voglio fare io con questa?».

La tesi difensiva

Apriti cielo. «La svolta!» Anche perché nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Milazzo, si legge un riferimento a «il fatto di Raimondo». Raimondo è Edmond Como, albanese, arrestato nell’operazione Infinito come legato alla locale di Canzo della ’ndrangheta (poi assolto da associazione mafiosa) e condannato all’ergastolo per l’omicidio del marzo 2017 di un connazionale avvenuto nei boschi di Longone al Segrino (una vera e propria esecuzione con un colpo di pistola alla testa e il corpo fatto sparire nei boschi stessi). Dopo aver riportato nell’ordinanza di custodia l’intercettazione «devi guardare: l’omicidio, Longone, e chiudi. Strage di Erba, e chiudi» gli inquirenti aggiungono che il «riferimento» è «ai fatti di sangue nei quali era rimasto coinvolto Como Edmond».

Gli avvocati: «Non conosciamo il motivo per il quale gli inquirenti abbiano affermato che nella strage di Erba ebbe un ruolo Como Edmond». Una conclusione - la loro - che gioca sull’equivoco ingenerato dalla frase riportata nell’atto (peraltro è il solo punto sia dell’ordinanza che dell’informativa da oltre milel pagine in cui si cita la strage di Erba). Ma se davvero si vuole prendere sul serio l’ipotesi in base alla quale la ’ndrangheta avrebbe avuto un ruolo nel dicembre 2006, ci sono alcune domande a cui sarebbe doveroso trovare risposta: davvero la mafia calabrese uccide le famiglie delle persone che vuole giustiziare e non i reali obiettivi? È credibile che emissari della ’ndrangheta usino coltelli e spranghe e non pistole per le proprie vendette? È verosimile che killer professionisti accoltellino 39 volte una donna senza riuscire ad ucciderla, visto che la povera Valeria Cherubini ha perso la vita a causa dell’intossicazione da monossido di carbonio? E come si spiega che dopo una strage contro la sua famiglia per mano della ’ndrangheta, Azouz Marzouk si ritrovi abbracciato (come dimostra la foto qui sopra) con Franco Crivaro, esponente di spicco della ’ndrangheta erbese, stando alla condanna per associazione mafiosa rimediata nel processo Infinito? A questi quesiti gli avvocati non rispondono. Anzi, nulla dicono. Chissà che non lo facciano i giudici di Brescia. Mercoledì prossimo. In aula.

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