
Strage di Erba, nuovo scontro. Ma la Cassazione potrebbe mettere la parole fine
Richiesta di revisione Tutti i motivi del ricorso dei difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Martedì l’udienza decisiva
Roma
Martedì 25 marzo potrebbe essere scritta, forse definitivamente, la parola fine sulla vicenda giudiziaria legata alla strage di Erba. È nella giornata di domani che la quinta sezione della Corte di Cassazione deciderà sul ricorso presentato dai difensori di Rosa Bazzi e Olindo Romano contro la sentenza della Corte d’Appello di Brescia, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione del processo.
L'incubo - Puntata 1. Dal videopodcast Anime Nere
Ma su cosa si devono pronunciare, esattamente, i giudici della Suprema corte romana? Il ricorso del pool di avvocati che assiste i coniugi di via Diaz, condannati in via definitiva all’ergastolo come responsabili della strage (vale la pena ricordare che l’11 dicembre 2006 vennero ucciso Youssef Marzouk, 2 anni, la madre Raffaella Castagna, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, intervenuto per prestare aiuto ai vicini con il marito Mario Frigerio, ferito gravemente nell’agguato), di fatto ripercorre tutte le contestazioni già discusse ampiamente a Brescia lo scorso anno.
Per comprendere meglio e nel dettaglio di cosa si discuterà in Cassazione l’ultimo martedì di marzo, ripercorriamo passo dopo passo i principali motivi del ricorso provando a esaminarli.
1.La richiesta di annullamento per non aver ammesso alcuna “nuova” prova.
A caldo, lo scorso luglio, i difensori dei condannati avevano accusato la Corte d’Appello di Brescia di aver violato nel norme processuali perché una volta aperto il processo di revisione avrebbero avuto l’obbligo (a loro dire) di discutere in aula in “contraddittorio” delle asserite nuove prove presentate dalla difesa. Si tratta dell’argomento più tecnico del ricorso, dove viene sottolineato come «la fase preliminare» del processo di revisione sia stata «del tutto trasfigurata» in quanto sarebbe «coincisa con una impropria fase di giudizio basata su elementi non verificati». In buona sostanza si sarebbe «avuto un giudizio senza contraddittorio».
È vero che le norme sul processo di revisione, una volta che si è aperto, fanno riferimento agli stessi articoli del Codice di procedura penale che regolano un normale processo in dibattimento. Dove, in aula, attraverso le testimonianze si raccolgono i vari elementi e si forma, appunto, la prova.
Ma in una fase di revisione, in realtà, il fascicolo è già formato. Perché per convincere i giudici a fissare il processo di revisione (appunto) la difesa fornisce tutte le carte in proprio possesso, consentendo quindi alla corte stessa un vaglio ben più approfondito, mettendo a i documenti della difesa con gli atti del processo. E, in ogni caso, non è vero che non vi sarebbe stato un contraddittorio tra accusa e difesa, tant’è vero che ci sono state ben tre udienze, durate tutto il giorno, proprio per illustrare i motivi di revisione.

Comunque la si pensi, questo è davvero l’aspetto più tecnico e giuridico tra tutti quelli affrontati nel ricorso ed è, probabilmente, anche quello più “pregnante” per un vaglio da parte della Cassazione che, com’è noto, si pronuncia su questioni di diritto e non di merito.
Il secondo capitolo del ricorso si apre quasi subito con una premessa degli stessi difensori, che dice molto su ciò di cui dovrà occuparsi la Cassazione. «Per rendere più agevole la comprensione dei motivi» del ricorso «sarà necessario richiamare i termini essenziali della prospettazione delle nuove prove (…) non certamente per devolvere un inammissibile vaglio nel merito» che la Cassazione non può fare «ma per rendere più scorrevole lo svolgimento delle critiche». Questa precisazione ricorrerà spesso nelle oltre cento pagine del ricorso, anche perché nel merito gli avvocati difensori entrano eccome.
2.La consulenza su Mario Frigerio e l’idoneità a testimoniare

E la prima questione di merito riguarda il tormentone sulla testimonianza di Mario Frigerio. Com’è noto secondo i legali di Rosa Bazzi e Olindo Romano il signor Frigerio sarebbe rimasto vittima di una grave intossicazione da monossido di carbonio che – stando ai consulenti tecnici che hanno lavorato per la difesa – avrebbe causato una amnesia anterograda che ha reso il riconoscimento di Olindo Romano quale suo aggressore come del tutto inaffidabile. In questo “aiutato” dalle domande definite come “suggestive” degli investigatori che, di fatto, avrebbero suggerito il nome di Olindo Romano quale assassino al testimone.
Una premessa è d’obbligo, su questo punto. Come ricordano gli avvocati e i loro consulenti l’amnesia anterograda che avrebbe causato la falsa memoria di Mario Frigerio «risulta essere stata provocata dall’intossicazione da monossido di carbonio». In questo ricorso e in quello ancor più corposo per la richiesta di revisione, su questo punto non vi è alcun dubbio da parte degli avvocati e dei loro esperti: è l’intossicazione da monossido di carbonio, quella e soltanto quella ad aver causato una lesione cerebrale tale da creare i «vuoti tipici» nel ricorso «dell’amnesia anterograda».
Nel consegue, per contro e per logica, che se Mario Frigerio non fosse rimasto intossicato dal monossido non sarebbe neppure stato vittima di amnesia anterograda. E, di conseguenza, tutta la suggestione sul ricordo di Olindo Romano come assassino innestata artificiosamente dai carabinieri e dai magistrati crollerebbe.
Nel ricorso in Cassazione in più parti viene data per certa l’intossicazione. Pagina 26: «una intossicazione da monossido di carbonio di cui vi è prova documentale nella relazione autoptica del dottor Scola», il medico legale incaricato delle autopsie (in realtà Giovanni Scola ha scritto di aver riscontrato un «danno da ipossia a carico del sistema nervoso centrale» che «potrebbe» derivare dall’azione dell’ossido di carbonio, senza alcuna certezza sul punto). Pagina 28: «L’intossicazione da monossido di carbonio ha una indiscutibile base documentale». Pagina 29: «L’esistenza innegabile della prova documentale della intossicazione». Pagina 30: «La causa della amnesia anterograda è stata individuata nell’impatto funzionale della intossicazione, documentalmente provata».
La vera prova regina e documentale di una intossicazione da monossido di carbonio, però, è un’altra: l’esito degli esami del sangue. Curiosamente i legali di Rosa Bazzi e Olindo Romano non hanno mai chiesto o, quantomeno, depositato gli esami del sangue che sono stati fatti a Mario Frigerio al pronto soccorso del Sant’Anna fin dai primissimi minuti del ricovero.
Nel fascicolo del processo non ci sono gli esami del sangue, ma c’è la cartella clinica nella quale non vi è mai alcun riferimento a possibile intossicazione o a ossigeno terapia dovuta a problemi di inalazione di monossido.
Gli avvocati Adamo e Andrea De Rinaldis, legali dei figli di Mario Frigerio, hanno recuperato gli esami del sangue. Il dato che interessa è la carbossiemoglobina (COHb), che si forma dal legame del monossido di carbonio con l’emoglobina dei globuli rossi. I valori normali in un uomo vanno dallo 0 all’1,5%. Un fumatore può avere livelli di carbossiemoglobina attorno o superiori al 4%. I livelli di intossicazione sono superiori: tra il 20 e il 30% si hanno cefalee e nausea; tra il 30 e il 40% tachicardia e stato confusionale; tra il 50 e il 60% si ha perdita di coscienza oltre convulsione e morte.
Fatta questa premessa ecco la progressione del livello di COHb degli esami del sangue di Mario Frigerio.
11 dicembre ore 21.55: 1,1%
12 dicembre ore 0.52 (meno di 5 ore dopo la strage): 1%
12 dicembre ore 2.04: 1,3%
12 dicembre ore 4.53: 1,3%
12 dicembre ore 20.04: 1,3%
13 dicembre ore 7.22: 1,2%
13 dicembre ore 17.51: 1,2%
14 dicembre ore 17.44: 1,5%
15 dicembre ore 11.10: 1,7%
15 dicembre ore 15.59: 1,6%
16 dicembre ore 6.18: 1,6%
17 dicembre ore 6.29: 1,4%
17 dicembre ore 15.29: 1,5%
21 dicembre ore 17.20: 0,8%
La traduzione è ovvia: Mario Frigerio non è rimasto intossicato dal monossido di carbonio. Quindi non è rimasto vittima di amnesia anterograda. Quindi nessuno può averne suggestionato il ricordo in merito al riconoscimento di Olindo Romano quale suo aggressore.
Ovviamente questo fa completamente crollare l’intero secondo capitolo del ricorso, ma ugualmente vale la pena ripercorrere alcuni passaggi evidenziati dai difensori nel loro riscorso. Consapevoli che l’atto è rivolto alla Cassazione, i legali contestano ai giudici bresciani di aver bypassato il tema posto dai consulenti in merito alla presunta nuova prova dei problemi di memoria di Mario Frigerio sostenendo che «il 15 dicembre» ovvero la prima volta che venne sentito da un pubblico ministero, l’uomo che non ha esitato a rischiare la vita per prestare soccorso ai vicini di casa avrebbe descritto «una persona totalmente non sovrapponibile a Olindo Romano perché avente caratteristiche somatiche completamente differenti».
È così? Ecco come Mario Frigerio ha descritto il suo aggressore: grosso; capelli neri e corti; tanti capelli: “bassi”, cioè tirati in avanti; non stempiato; senza né barba né baffi; carnagione olivastra. A parte la carnagione olivastra, sulla quale molto si è discusso (e ci torniamo poco sotto), la descrizione in realtà non sembra così dissimile da com’era allora Olindo Romano.
Mario pt.1 - Dal videopodcast Anime Nere. Video di Paolo Moretti
Sulla questione relativa alla carnagione olivastra, Mario Frigerio ribadirà il concetto ben tre volte: non solo il 15 dicembre, ma anche il 20 dicembre con Gallorini e soprattutto il 26 dicembre davanti ai pubblici ministeri Nalesso e Astori. Ed è un passaggio significativo, questo, perché la progressione della sua testimonianza (captata nella registrazione) è la seguente:
Pm Nalesso: Il colorito della pelle
Frigerio: Olivastro
Pm: La testa grossa, picc….
Frigerio: Grossa
Pm: Ma se lei lo rivedesse, lo riconoscerebbe?
Frigerio: (non comprensibile)
Pm: barba e baffi sicuro?
Frigerio: (non comprensibile)
Pm: comunque una persona che lei aveva già visto?
Frigerio: l’ho conosciuto subito
Pm: però adesso non si ricorda più chi è..
Frigerio: lo ricordo
Pm: Lo ricordo. Chi è?
Frigerio: (non comprensibile)
Pm: Il vicino di casa?
Frigerio: (non comprensibile)
Pm: Olindo?
Frigerio: (non comprensibile)
Pm: è sicuro? Era lui?
Quindi Frigerio descrive il colore della pelle del suo aggressore come “olivastro” pochi secondi prima di fare il nome di Olindo Romano.
Mario pt.2 - Dal videopodcast Anime Nere. Video di Paolo Moretti
Il resto del capitolo ripercorre i capisaldi delle convinzioni della difesa: «la Corte ha omesso di considerare l’esistenza innegabile della prova documentale dell’intossicazione» e quindi ha negato la possibilità di dimostrare il falso ricordo di Frigerio.
Sempre in questo capitolo, poi, gli avvocati lamentano come non siano state accolte come nuova prova le trascrizioni delle intercettazioni ambientali a Mario Frigerio, il cui ascolto «è stato sottoposto a un nuovo metodo costituito da un “verifica empirica” ossia un metodo messo a punto nel 2014». Verifica empirica che, peraltro, non avrebbe valore in un processo dovendo sottoporre l’eventuale trascrizione a un perito fonico forense. Queste trascrizioni, secondo il ricorso, dimostrerebbero che «sul piano clinico le condizioni del signor Frigerio» erano «peggiorate con l’incedere dei giorni, come e tipico negli amnesici anterogradi». Per contro, accusano, «la sentenza afferma che si tratta di prove che non introducono elementi di novità» e per questo la Corte «incorre nell’ennesimo travisamento probatorio» oltre a «manifesta illogicità» della sentenza. Il motivo: «Il dato che la difesa ha potuto trarre dalle conversazioni inedite non era affatto la generica confusione o sofferenza bensì il dato costituito dalla specifica condizione patologica della amnesia anterograda».
3.L’aggressione a Valeria Cherubini
Un altro punto cruciale nella richiesta di revisione del processo riguarda la dinamica dell’omicidio della moglie di Mario Frigerio, la signora Valeria Cherubini. In sintesi: secondo la difesa la vicina di casa di Raffaella sarebbe stata colpita a morte mentre era nel suo appartamento. Di conseguenza, avendo i primi soccorritori udito invocazioni di aiuto provenire dall’abitazione in mansarda, significa (questa la ricostruzione dei legali dei due condannati) che gli assassini si trovavano ancora nella palazzina e che dunque è impossibile che questi fossero Rosa Bazzi e Olindo Romano.
Per dimostrare questa tesi si contestano due lesioni riscontrate sul corpo della vittima che, a detta dei legali della difesa, sarebbero incompatibili con la ricostruzione fatta dalle sentenze, e cioè che Valeria Cherubini, colpita ripetutamente sulle scale, poi sia salita verso casa dove ha trovato la morte (per un concorso di cause tra lesioni e intossicazione da monossido).
Valeria - Dal videopodcast Anime Nere. Video di Paolo Moretti
Le due lesioni in questioni sono: un ematoma, da fendente, sul muscolo psoas, che si trova in zona lombare e che se reciso crea serie difficoltà di deambulazione, e un taglio alla lingua. Perché questi due elementi, secondo la difesa, sono importanti: il primo per sostenere che, con la lesione del muscolo, la donna non sarebbe riuscita a salire le scale per tornare verso casa. E, quindi, il fendente le sarebbe stato inferto mentre si trovava nella sua abitazione. Il secondo perché, sempre a dire dei consulenti della difesa, gridare “aiuto” con la lingua tagliata sarebbe impossibile (in realtà era stato fatto notare che la parola, composta praticamente quasi esclusivamente da vocali, non richiede necessariamente l’uso della lingua per essere verbalizzata) e quindi, anche qui, la ferita doveva giocoforza essere stata inferta in casa.
4.La ricostruzione dell’aggressione attraverso la “Bpa” di Roberta Bruzzone
Una delle consulenti della difesa, la criminologa – famosa per le sue comparsate televisive – Roberta Bruzzone, ha eseguito uno studio (sull’analisi delle fotografie della scena del crimine) noto come Bloodstain Pattern Analysis (Bpa), ovvero in parole l’analisi delle macchie di sangue riscontrate per cercare di dar loro un’interpretazione capace di aiutare la ricostruzione del delitto. Sulla base di queste tracce, si mette in discussione in parte la dinamica dell’omicidio, in parte la via di fuga dei killer.
Tra queste (oltre alla ben nota analisi delle macchie di sangue sulla tenda di casa Frigerio, anche qui per tornare a insistere sull’aggressione avvenuta dentro l’appartamento) pure «tracce non note prima, presenti sul terrazzino di casa Castagna» da dove, secondo la tesi innocentista, sarebbero fuggiti gli assassini che, invece, per la sentenza sono passati dal portoncino d’ingresso che dà sulla corte. La difesa, nei suoi atti, richiama spesso la relazione e il sopralluogo dei Ris di Parma, che elogia in più punti per la puntualità dei rilievi, quando deve insistere sull’assenza di tracce dei coniugi sul luogo del delitto (fatto storico e innegabile). Qui, però, decide di ignorare quei rilievi per dare valore probatorio alla consulenza della criminologa che ha riscontrato «tracce verosimilmente di sangue» sul balconcino.
In questo capitolo, poi, viene introdotto un elemento molto suggestivo, ma non riscontrato. Si ricorderà che uno dei numerosi argomenti che, in sentenza, viene speso per ribadire che la via di fuga degli assassini sia stata il portoncino che dà sulla corte di via Diaz, è la presenza di una vistosissima macchia di sangue sulla maniglia interna del portoncino della palazzina. I difensori, nel loro atto, scrivono che «evidentemente chi lasciò il sangue sulla maniglia non indossava i guanti».
Sangue - Dal videopodcast Anime Nere
E ancora, che quel sangue potrebbe essere stato portato da altri, ad esempio i primi soccorritori, che operarono «a mani nude e dunque certamente» misero «le mani, venute a contatto con le vittime e con il sangue, sul pomello del portoncino d’ingresso». A parte l’assenza di un dato oggettivo che riscontri come quella macchia si stata lasciata da qualcuno che non indossava guanti (anzi, parrebbe proprio il contrario), questo passaggio ignora il fatto che il sangue sulla maniglia apparteneva a Valeria Cherubini e i primi soccorritori Valeria Cherubini non l’hanno neppure vista. Se la ricostruzione della difesa fosse giusta, sarebbe stato più facile trovare sangue di Mario Frigerio o di Raffaella, che vennero trovati sul pianerottolo di casa Castagna.
5.La presenza dei killer in casa prima dell’arrivo delle vittime
Nella loro istanza di revisione i legali avevano allegato una consulenza di un ingegnere sui consumi elettrici nell’abitazione teatro della strage, per dimostrare che il pomeriggio dell’eccidio quando l’appartamento doveva essere disabitato (Raffaella era al lavoro, Youssef a casa dei nonni) sarebbe stato registrato un picco di consumi anomali, il che dimostrerebbe la presenza in casa di qualcuno: i veri assassini, nella tesi della difesa.

(Foto di Bartesaghi Stefano)
Il dato è stato presentato con altre due elementi: le dichiarazioni di uno spacciatore socio di Azouz Marzouk, tale Abdi Kais, e la testimonianza resa dalla famiglia siriana che abitava al pian terreno della palazzina teatro della strage. Secondo Kais la banda di spacciatori legata ad Azouz era in possesso delle chiavi dell’appartamento di Raffaella e, all’interno del gruppo, erano sorte divergenze. Mentre i vicini siriani avevano riferito di aver udito dei passi al piano superiore il pomeriggio dell’11 dicembre 2006.
La Corte d’Appello di Brescia, pur ammettendo che la consulenza sui consumi fosse un elemento di novità mai analizzato prima, ha però verificato i dati dei consumi dell’ultima settimana verificando così che i dati erano gli stessi dei giorni precedenti la strage. Anzi: quel giorno erano stati addirittura inferiori rispetto alla settimana precedente. Un elemento, quindi, quantomeno neutro.
A questo elemento si aggiungono le dichiarazioni di Abdi Kais, il quale però era in carcere da sei mesi quando è avvenuta la strage e in cella vi è rimasto per altri tre anni. Lo stesso Kais risulta residente nell’abitazione di via Diaz, ma l’indagine sullo spaccio del gruppo Azouz aveva dimostrato ampiamente che si trattava di una residenza fittizia. Per quanto riguarda i passi uditi dalla famiglia siriana, già nel corso del processo di primo grado, ben sedici anni fa, era emerso che in realtà quei rumori erano perfettamente compatibili con la presenza in casa del figlio del signor Ramon, un uomo con problemi di udito che viveva nell’abitazione accanto ai Castagna. C’è infine un ulteriore elemento, su questo aspetto.
Scrivono gli avvocati di Bazzi e Romano che, assieme alla consulenza sui consumi energetici, i giudici di Brescia avrebbero dovuto valutare congiuntamente anche la testimonianza di un residente di via Diaz, che aveva riferito di aver sentito l voce di tre extracomunitari la sera della strage, quella di Ben Chemcoun che aveva riferito di aver visto tre extracomunitari in piazza Mercato immediatamente dopo l’eccidio e le dichiarazioni dei residenti nella corte che hanno raccontato di aver chiesto in prestito a un extracomunitario il telefono per chiamare i soccorsi.
Tutti elementi già valutati: il vicino aveva riferito genericamente di passanti che chiacchieravano tranquillamente (difficile che degli assassini si attardino a contarsela su mentre fuggono), Chemcoun è lo stesso che ha riferito di aver visto in piazza Mercato un uomo che assomigliava a Pietro Castagna “con il volto da pazzo” e che capiva il tunisino, mentre per quanto riguarda l’extracomunitario che ha prestato il telefono per chiamare i soccorsi sembra davvero al di là del probabile che un assassino si fermi a guardare i soccorsi alla strage che ha appena commesso e che presti pure il suo telefono per chiamare aiuto.
6.Il quadro psicopatologico di Rosa Bazzi e Olindo Romano

La sentenza della Corte d’Appello di Brescia conterrebbe contraddizioni anche su un altro punto, secondo i legali della difesa: quello concernente il quadro psicologico dei due condannati. Il pool di esperti chiamato a raccolta per provare a smontare prove, indizi, moventi che hanno portato alla condanna dei due coniugi di via Diaz, sostiene che Bazzi-Romano fossero “assolutamente incapaci di strategie complesse e sofisticati inganni”. E che, per questo, è impossibile che siano loro gli autori della strage. Su questo punto, secondo la difesa, i giudici di Brescia non avrebbero fornito motivazioni adeguate sul perché sia stato deciso di rigettare la richiesta di revisione.
Confessioni 1 - Dal videopodcast Anime Nere
Su questo aspetto, l’istanza presentata in Cassazione richiama stralci della sentenza di condanna di secondo grado, nei quali si sottolinea come “gli indagati hanno a lungo meditato e preparato la soluzione finale del loro problema”, ovvero i dissidi con i vicini del piano di sopra. E ancora oltre, la predisposizione del “piano”: “tipo di armi, possibilità di agire con velocità, lavaggio in un luogo appartato e occultamento dei vestiti e delle armi in cassonetti non immediatamente prossimi al luogo del delitto; creazione di un alibi credibile con lo scontrino del McDonald’s”. Tutti elementi, in realtà, che difficilmente possono essere catalogati come “strategia complessa” o “sofisticato inganno”.
Confessioni 2 - Dal videopodcast Anime Nere
Sempre nello stesso capitolo si tocca poi la questione confessioni, già più volte affrontato, nel quale si inseriscono anche elementi suggestivi quale, ad esempio, una frase pronunciata dal difensore di allora attribuita invece agli inquirenti.
7.Giornalisti-testimoni
E infine il ricorso chiede l’annullamento della sentenza della corte d’Appello di Brescia anche su un’altra circostanza: “l’omessa motivazione” su una serie di richieste “testimoniali” fatta dalla difesa legata a una serie di interviste, servizi televisivi o libri:
Testimoni? - Puntata 9. Dal videopodcast Anime Nere
a. l’intervista all’ex maresciallo Tartaglia, il sottufficiale condannato per una serie di gravi reati quando vestiva la divisa dei Carabinieri, e che alla iena Antonino Monteleone avrebbe raccontato – senza però alcun riscontro concreto - che i suoi colleghi avrebbero avuto pressioni per indagare sui coniugi Romano e che dietro alla società che aveva svolto delle attività tecniche per conto della Procura si nascondeva, attraverso fiduciaria, un pubblico ministero della stessa Procura (circostanza assolutamente e clamorosamente falsa);
b.l’intervista allo spacciatore Abdi Kais, che aveva riferito che la casa di via Diaz sarebbe stata base di stoccaggio della droga del gruppo di Azouz, salvo il fatto che lo stesso Kais da molti mesi prima della strage a diversi anni dopo si trovava in carcere e nulla sapeva di ciò che avveniva all’esterno (per non contare che la Guardia di finanza che indagava su Marzouk aveva già escluso questa circostanza);
c.l’intervista a Ben Chemcoun, il tunisino amico di Azouz che aveva detto di aver incrociato Pietro Castagna pochi istanti dopo la strage, un Pietro Castagna che si aggirava con la faccia da pazzo, un cappello di lana in testa e che rispondeva a “comandi” impartiti in arabo;
d.l’intervista a Claudio Cetti, l’unico psichiatra che aveva avuto in cura Mario Frigerio;
e.l’intervista al brigadiere Carlo Fadda, l’uomo che ha repertato la macchia di sangue sul battitacco della Seat Arosa di Olindo Romano; lo stesso Carlo Fadda era già stato sentito come testimone a processo;
f. l’intervista all’ispettore di polizia D’Angelo, collaboratore della polizia giudiziaria del pm Simone Pizzotti, il primo magistrato ad aver sentito a verbale Mario Frigerio, il quale a favore di telecamere aveva riferito che in quella testimonianza Frigerio non aveva riconosciuto Olindo Romano;
E ancora:
a.la richiesta di escussione dell’ex iena Antonino Monteleone “che avrebbe potuto riferire su tutte le informazioni personalmente acquisite nel corso dei pluriennali servizi giornalistici rientranti nell’inchiesta de Le Iene”
b.l’escussione del giornalista Felice Manti, il quale aveva intervistato l’avvocato Manuel Gabrielli, il professionista (morto alcuni anni fa) che assisteva la famiglia Frigerio, “e che avrebbe potuto riferire dei dubbi espressi dal legale sul riconoscimento effettuato dal Frigerio solo successivamente” (a parte il fatto che sarebbe stata una testimonianza alla quale il diretto interessato non avrebbe più potuto rispondere, è appena il caso di sottolineare come Manti sia stato uno dei primi giornalisti innocentisti convinti nella tesi dell’abbaglio);
c.richiesta di escussione del giornalista Riccardo Bocca, che per un libro ha registrato una intervista al medico legale Giovanni Scola nella quale quest’ultimo, a suo dire, si sarebbe rimangiato quanto riferito in aula e negli atti formali a sua firma (in buona sostanza ammettendo di aver commesso almeno un paio di reati);

d.escussione del giornalista di Telelombardia Randazzo, che giorni dopo la strage ha ripreso la famosa pianta del balconcino di casa Castagna, quella che impediva il facile accesso all’esterno per chi avesse voluto fuggire calandosi dal balconcino stesso, spostata e “schiacciata”, come se una ripresa fatta chissà quando dovesse essere più importante dei video dei carabinieri del Ris;
e.escussione, infine, di Edoardo Montolli, altro giornalista innocentista della prima ora
Gli scenari possibili
Domani, martedì 25 marzo, la Corte di Cassazione dovrà dunque pronunciarsi sul ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Brescia. Due gli scenari possibili.
Il primo: i giudici della Suprema Corte dichiarano inammissibile il ricorso e lo respingono, chiudendo così una volta per tutte – dopo oltre 18 anni – la vicenda giudiziaria della strage di Erba. In verità, i due condannati avranno ancora e sempre la possibilità di chiedere la revisione del loro processo, ma ovviamente dovranno farlo su basi e circostanze nuove e inedite mai affrontate fino ad ora.
Il secondo: i giudici accolgono il ricorso e annullano la sentenza che ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione. In questo caso gli atti torneranno a un’altra sezione della Corte d’Appello, sempre di Brescia. Per fare cosa? Dipenderà – volendo seguire questa ipotesi – da quali saranno le circostanze che i giudici della Cassazione avranno ritenuto pregnanti per l’eventuale annullamento. Ovviamente, questa seconda circostanza spazzerebbe via la possibilità di far calare il silenzio sulla morte di tre donne e di un bambino, avvenuta in una gelida sera di un lunedì di metà dicembre 2006.
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