Strage di Erba, Tarfusser: «La revisione? Depositata per anticipare le Iene»

La sanzione Il Csm: «Il magistrato ha agito non per amore di verità ma per la propria visibilità»

La richiesta di revisione per la strage di Erba? «Ho ritenuto di dover depositare l’istanza in fretta in quanto avevo saputo che il programma “Le Iene” intendeva fare una trasmissione dedicata a questo caso». A dirlo, anzi ad ammetterlo nel corso di un interrogatorio a cui è stato sottoposto nell’ambito del procedimento davanti al Csm che lo ha ritenuto colpevole di “illecito disciplinare”, è stato il sostituto procuratore generale di Milano, nonché candidato all’Europarlamento per la lista Calenda, Cuno Jakob Tarfusser.

L’intera vicenda che ha portato alla “censura” formale da parte del Csm del magistrato altoatesino, affonda le sue radici nell’autunno 2022 quando lo stesso Tarfusser accetta di ricevere, nel suo ufficio al palazzo di giustizia a Milano, gli avvocati di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Ma prima di ricostruire tutto l’intricato iter dell’istanza di revisione, è bene fare un passo indietro. Nel 2021 il Consiglio giudiziario distrettuale di Milano - di cui fanno parte non solo magistrati ma anche avvocati e professori di diritto - ha approvato all’unanimità (peraltro alla presenza dello stesso Tarfusser) un lungo documento sull’organizzazione dei vari uffici giudiziari. Tra le disposizione, il punto 14 del documento parla proprio delle istanze di revisione che devono essere trattate dall’Avvocato Generale - una sorta di “vice” del Procuratore generale - il quale «riferisce al Procuratore generale». Quest’ultimo «in caso di dissenso» ha l’ultima parola. Tradotto: le istanze di materia di revisione delle condanne non sono facoltà dei sostituti procuratori generali. Quindi Cuno Tarfusser non aveva titolo di presentare alcunché, ma avrebbe dovuto informare l’Avvocato generale.

Fatta questa premessa, torniamo alla cronistoria. E riavvolgiamo il calendario all’autunno 2022 quando gli avvocati Fabio Schembri e Paolo Seveso varcano la soglia dell’ufficio del dottor Tarfusser per parlargli di una questione «delicata e urgente». Al magistrato i legali dei condannati per l’omicidio di Youssef Marzouk, Raffaella Castagna, Paola Galli e Valeria Cherubini e per il tentato omicidio di Mario Frigerio, consegnano centinaia di documenti, ovvero le consulenze difensive che dimostrerebbero - secondo loro - come i due coniugi sarebbero rimasti vittime di un clamoroso errore giudiziario. Gli avvocati, per ammissione dello stesso Tarfusser (lo scrive lui nell’istanza di revisione) «mi hanno chiesto se, quale rappresentante dell’Ufficio della Procura Generale della Repubblica, potevo immaginare di presentare, un ricorso per revisione in quanto la richiesta proveniente dall’Autorità Giudiziaria requirente, avrebbe certamente una particolare peso e credibilità».

Dunque il magistrato ben sapeva che si apprestava a studiare una vicenda che avrebbe potuto portare a una richiesta di revisione, eppure nell’interrogatorio a cui si è sottoposto, ha riferito che «nel momento in cui ho parlato con i difensori dei condannati non ho pensato di indirizzarli all’Avvocato generale (come avrebbe dovuto fare ndr)» perché «non avevo le idee chiare e non sapevo se vi erano i presupposti per una istanza di revisione». E quando ha capito che i presupposti c’erano? «Non ho pensato di conferire con l’Avvocato generale dopo che mi ero formato una opinione e prima di mettermi a scrivere l’istanza, anche perché quando mi sono convinto (...) mi sono messo a scrivere e non ho avuto tempo di parlare con l’Avvocato generale».

Siamo al 14 febbraio 2023. L’istanza di revisione verrà depositata il 31 marzo successivo senza informare né l’Avvocato generale, né il Procuratore generale.

Ancora Tarfusser: «Ho ritenuto di depositare l’istanza in fretta, ossia il 31 marzo 2023, in quanto avevo saputo alcuni giorni prima che il programma televisivo “Le iene” intendeva fare una trasmissione dedicata a questo caso» e di conseguenza non sarebbe stato «opportuno dare l’impressione che l’autorità giudiziaria intervenisse in conseguenza di tale trasmissione».

Nel condannare il sostituto Procuratore generale per «illecito disciplinare» il Consiglio superiore della magistratura ha parole dure nei confronti del magistrato. Innanzitutto sulla violazione del documento organizzativo, che non può essere considerato come un progetto banale che «regolava la vita privata» del magistrato, bensì un documento che «organizzava gli uffici della Procura generale di Milano e che, essendo approvato all’unanimità dal consiglio Giudiziario, peraltro senza osservazioni, era valido e vincolante» per tutti, Tarfusser compreso. E in ogni caso «in un rapporto di leale collaborazione con i dirigenti dell’ufficio il dott. Tarfusser aveva l’obbligo di informarli già nel mese di ottobre 2022 di aver avuto contatti con gli avvocati di Olindo Romano e di Rosa Angela Bazzi».

Ma il passaggio più duro deve ancora arrivare.

«Nonostante fosse da mesi a contatto con i difensori» dei coniugi Romano «senza che per tutto il tempo avesse ritenuto di accennare alcunché» a chi avrebbe dovuto occuparsi dell’eventuale istanza di revisione, Tarfusser «si è premurato di depositare l’istanza a loro insaputa sol perché nei giorni a seguire la trasmissione televisiva “Le Iene” avrebbe parlato della strage di Erba; evidentemente, così facendo, la trasmissione avrebbe parlato anche della sua istanza di revisione». E quindi Tarfusser «ha consentito che i tempi e le regole della giustizia venissero subordinati alle esigenze della platea televisiva».

Ma «il deposito dell’istanza di revisione è solo l’apice di una censurabile e grave condotta tenuta» dal sostituto Pg. Perché «il dott. Tarfusser ha dimostrato di subordinare i principi di leale collaborazione tra i magistrati addetti all’ufficio e di buon andamento dei pubblici uffici alla visibilità che l’istanza di revisione avrebbe avuto mediate un programma televisivo». Così facendo «il dott. Tarfusser ha agito in fatto come se fosse un componente del collegio difensivo» e infatti «ha preparato l’atto sostanzialmente insieme ai difensori dei condannati Romano-Bazzi, ne ha ricevuto le nuove prove e infine ha redatto l’istanza senza avere alcuno scrupolo di informare i dirigenti dell’ufficio».

La sentenza contro il magistrato-candidato smonta poi la giustificazione più volte sbandierata dallo stesso Cuno Tarfusser di aver agito «con il desiderio di giustizia e di ricerca della verità», perché giustizia e verità «in uno Stato di diritto - si legge ancora - si perseguono nel rispetto dell’ordinamento giuridico».

«Il dott. Tarfusser - conclude il documento del Csm - ha dimostrato di subordinare i principi costituzionalmente garantiti e sottostanti alle disposizioni relative ai progetti organizzativi non alla ricerca della verità, da perseguire con le forme e nei modi contemplati dall’ordinamento giuridico, che non gli avrebbero impedito di informare l’Avvocato generale e il Procuratore generale, bensì alla visibilità che l’istanza di revisione avrebbe ricevuto in forza del programma televisivo “Le Iene”, risultato che in effetti è stato raggiunto».

Il 10 luglio si torna in aula a Brescia. Forse per l’ultima volta.

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