
(Foto di sprint cycling)
Ciclismo Decimo al Giro delle Fiandre, il canturino racconta e rivive la sua corsa da protagonista: «Mai ero stato così tanto a lungo davanti: pazzesco l’incitamento sui muri di tutta quella gente»
cantù
Mai nelle 15 classiche monumento alla quale aveva preso parte prima di domenica era riuscito a centrare la top ten. Massimo, un 12° posto alla Milano-Sanremo del 2023. All’edizione n.120 del Giro delle Fiandre eccolo invece giungere 10° al traguardo di Oudenaarde, dopo aver animato la corsa negli ultimi 100 km della stessa.
Davide Ballerini, da Cantù, non fa nulla per trattenere la gioia. «Per le sensazioni che ho avuto durante la gara, posso dire che si è trattato della classica mia più bella. Mai affrontato un Fiandre così le tre volte precedenti. Alla Gand-Wevelgen avevo capito che la gamba girava e ora ho la consapevolezza che il lavoro svolto in inverno si sta rivelando prezioso e utilissimo. Forse avrei potuto fare anche meglio e certo non considero questo piazzamento come un punto di arrivo, bensì di transito verso traguardi ancor più ambiziosi».
Quando si è ritrovato ad anticipare il gruppetto dei big avendo importanti compagni di fuga quali Ganna, Trentin, Benoot e Kung e un vantaggio attorno al minuto e mezzo, ha pensato che avreste potuto anche arrivare al traguardo? «A un certo punto sì, anche se il vero obiettivo era proiettarsi il più lontano possibile perché, realisticamente, Pogacar, Van der Poel e qualcun altro ci sarebbe prima o poi venuto a prendere. E infatti a una quarantina di chilometri dall’arrivo ecco che sono piombati su di noi. Rientrando, tra l’altro, in un momento decisivo della corsa perché c’erano due muri ravvicinati. Io lì ho accusato una piccola defaillance e non sono riuscito a resistere agli scatti successivi. In serata ho rivisto la corsa in tv e ho notato i cinque pazzeschi attacchi di Pogacar. Da toglierti il fiato».
Mads Pedersen, secondo, a proposito di Pogacar ha detto “Tadej fa un altro campionato”. È d’accordo? «Non proprio, nel senso che pure Van der Poel è su quel livello. Io avevo indicato proprio l’olandese quale favorito e ritengo che se non fosse caduto e avesse perso qualche compagno per strada ritrovandosi a spendere parecchio per rientrare, forse non si sarebbe staccato sull’ultima accelerazione di Pogacar».
Pure lei è finito a terra. Conseguenze? «Nessuna, eravamo all’attacco del primo muro, mi è caduto uno davanti e gli sono finito sopra. Non ho riportato guai fisici, ho perso soltanto un po’ di tempo. Ma siccome ancora non si andava fortissimo, sono rientrato abbastanza agevolmente». A proposito, questo Fiandre è stato vinto con la velocità media più alta di sempre: 269 chilometri a 44.981 km/h... «Potrò sempre dire, “quel giorno io c’ero!” Battute a parte, il pavé asciutto ha aiutato ad andar forte»
Uno spettacolo tutto quel pubblico lungo il percorso: in particolare 60mila gli appassionati che sono riusciti a trovare un posto sull’Oude Kwaremont e altri 50mila sul Kluisbergen. «Pazzesco. Non mi era mai capitato di stare così tanto a lungo davanti e comunque nel vivo della corsa per cui mi sono davvero goduto tutto. Al secondo passaggio sull’Oude Kwaremont ho tolto la radiolina che tanto non si sentiva nulla poiché coperto dalle grida d’incitamento, dal frastuono e da tutto quel casino. Una volta scollinato, mi fischiavano ancora le orecchie».
E dopo la gara che ha fatto? «Ho addentato subito un panino perché avevo una fame bestia. Poi i massaggi prima di cena e a nanna verso le 22. Mi sono addormentato secco e ho dormito sino alle 9. Ero stanco soprattutto mentalmente. Poi oggi (ieri, ndr) in mattinata una sgambata di 30 km, fermandoci a bere un caffè».
E adesso? «Mi fermo qui in attesa della Roubaix di domenica. Mercoledì (domani, ndr) faremo una lunga ricognizione del percorso, giovedì un’uscita corta e venerdì proveremo i primi tratti di pavé. Dai che magari con questa condizione potrei far bene anche all’Inferno del Nord...».
© RIPRODUZIONE RISERVATA