Avviso ai naviganti: se ha ragione Bertolaso ed entro l’estate saranno tutti vaccinati, i maggiorenni della città di Como, l’anno prossimo, saranno in grado di votare per il nuovo sindaco e il consiglio comunale. Le forze politiche locali sono perciò già di fronte al solito dilemma: dio, arrivano le elezioni e non so che candidato sindaco mettermi.
Qualcuno, in verità, ha già indossato la tuta da paracadutista e si è lanciato in attesa di sapere come e dove atterrerà. Alessandro Rapinese, per esempio, non si sa se terzo ,ma di certo incomodo tra gli schieramenti tradizionali, come si diceva una volta. Il suo volo rischia però di essere zavorrato dall’addio di Ada Mantovani, stimata dai più come figura che coniuga competenza ed equilibrio, e forse anche dalla fine annunciata della ricreazione del “vaffa”, una luce tetra nel cui cono si è infilato comodo il “Rasputin” (per tratti somatici e non solo) comasco.
Un altro che ha comprato, ancora una volta, il biglietto per l’empireo è l’eterno Bruno Magatti, croce più che delizia del centrosinistra comasco, apparso per la prima volta nel panorama politico cittadino al tempo in cui Silvio Berlusconi, con la finta libreria come sfondo (era già avanti il Cav) annunciava la sua discesa in campo nel nome dell’amore per l’Italia. Sono ancora qui tutte e due con ambizioni diverse e inappagate.
Centrodestra e centrosinistra si stanno avviando con il solito movimento rugginoso e scomposto, specie nel campo dell’attuale opposizione. Detto che Maurizio Traglio, con la sua truppa, ha scelto il generoso e umile ruolo di portatore d’acqua (chi glielo fa fare, ci sarebbe da chiedersi, comunque chapeau), la ricerca del candidato è partita nel consueto parterre dem allargato e segnato da autoreferenzialità, ambizioni frustrate, divisioni, voglia di bruciare il rivale o l’amico del nemico: le solite specialità della casa. Un supplizio su cui rischia di spegnersi una candidatura che potrebbe pure giocarsi qualche carta importante, ma che è già stata esposta all’eventuale gogna: quella di Mauro Guerra. Sarebbe lui uno dei nomi su cui puntano alcuni circoli cittadini che magari tentano, ogni tanto, di far uso di un po’ lungimiranza. Dalla sua l’ex parlamentare ha soprattutto indubbia esperienza e competenza amministrativa, irrobustita dalla fruttifera esperienza in corso all’Anci (l’Associazione nazionale dei Comuni): quello che servirebbe per far ripartire l’imballata macchina comunale. Inoltre vanta un giro di relazioni importanti coltivate come sindaco di Tremezzina, caput mondi (nel senso di mondanità) del lago di Clooney: e a Como c’è un turismo prostrato dall’epidemia che va rilanciato e consolidato. Inoltre, Guerra, è un tipetto che qualche sfida difficile l’ha già portata a casa, come quella per Roma che, anni fa, lo vide contrapposto al futuro ministro leghista della Giustizia Roberto Castelli, lui esponente dei cossuttiani Comunisti unitari, in un collegio tutt’altro che sicuro quale Merate.
Guerra è la novità emergente nel centrosinistra, dopo il lancio ad alto rischio di scottatura del presidente di Confcooperative Giuseppe Frangi. Ma nella coalizione vi sono manovre in corso per listoni civici all’insegna del tanti insieme appassionatamente con alleanze orchestrate da demiurghi esterni al mondo dem che lucidano lo specchietto per le allodole della possibilità di rosicchiare consensi al centrodestra. Si vedrà chi seguirà il passo di questi pifferai del riciclo.
Se si guarda al centrodestra, bisognerebbe partire del bilancio dell’amministrazione uscente, quella di Mario Landriscina, ormai avviata all’ultimo anno di mandato.
Eccolo:
Cari lettori, riempite voi questo spazio, se ci riuscite. Perché l’emergenza Covid ha dato il colpo di grazia all’operatività di una squadra, incapace di mettere su un progetto di largo respiro e goffamente ripiegata sugli affari ordinari. O no? Cosa resterà di questa esperienza? Non dite il lungolago che è farina del sacco regionale, e chi mancherebbe. Va bene, il colore delle maglie è lo stesso. Ma è come se Ramsey pretendesse di far propri i meriti di Ronaldo (paragone comunque esagerato, si badi bene). Tutto questo, al di là delle alchimie politiche, predispone poco a un altro impalpabile mandato di Mario Landriscina che sarebbe visto con l’entusiasmo di chi si ritrova un riccio negli slip addirittura dai suoi. Più papabile, una volta uscita di scena Alessandra Locatelli, a cui non si può certo chiedere di mollare anche l’assessorato regionale per tornare a palazzo Cernezzi, la “zarina” Elena Negretti.
Ma qui i giochi sono quantomai da farsi anche alla luce delle evoluzioni nazionali che vedono la coalizione divisa sull’appoggio a Draghi, una spaccatura anticipata dalle nostre parti in salsa canturina tra FdI e Lega, storicamente portati in riva al lago più alla pratica delle reciproche dita negli occhi che non agli abbracci di circostanza e convenienza. Vedremo cosa sortirà. L’importante è che gli elettori davvero siano attenti a fare la scelta migliore, magari al di là della logica degli schieramenti che potrebbe, alla luce degli accadimenti in atto, non è essere così ferrea. Perché sbagliare stavolta non si può.
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