Como, la sorpresa
di un voto consapevole

Si può dire pochi, ma buoni? Ma sì. Se alle comunali comasche la percentuale di votanti è stata la più bassa di sempre, l’analisi nel dettaglio del voto riserva qualche sorpresa. La più importante è che chi ha scelto di recarsi ai seggi lo ha fatto, in gran parte, con consapevolezza e conoscenza della situazione.

Non si sono, perlopiù, prese decisioni alla “carlona”. Dietro tante croci tracciate sulle schede c’è stato un ragionamento. Prendiamo il voto disgiunto, cioè la possibilità di dare il consenso a un candidato consigliere o a una lista non collegata all’aspirante sindaco scelto. Si poteva votare cioè, un esponente del centrodestra per l’assemblea di palazzo Cernezzi e un primo cittadino in pectore di un’altra lista o di uno schieramento diverso. Facile per gli addetti ai lavori, un po’ meno per gli altri. Eppure non sono stati pochi a scegliere questa opzione. E sarebbe stata una delle cause dell’esclusione di Giordano Molteni, sostenuto da FdI, Forza Italia e affini e Lega dal ballottaggio.

Non pochi infatti avrebbero barrato un altro candidato sindaco dopo aver scelto un nome delle liste di Molteni per il consiglio.

Sarebbe stato Alessandro Rapinese il principale beneficiato, ed è un fattore non secondario per il ballottaggio. Ma questa scelta ci dice che una parte dell’elettorato di centrodestra non ha percepito Molteni come l’uomo giusto per cingere la fascia tricolore nel capoluogo.Certo, qualcuno potrebbe obiettare che sarebbe bastata la promessa di un assessorato a Vincenzo Graziani per evitare l’esclusione dal ballottaggio del centrodestra, per la prima volta nella storia comasca dell’elezione diretta del sindaco. Ma il segnale del voto disgiunto sarebbe rimasto comunque.

Che molte scelte siano state consapevoli lo si può cogliere anche dall’esame delle preferenze ottenute da singoli candidati. Gli esponenti della giunta uscente non hanno raccolto un grande consenso, segno che gli elettori hanno capito che non tutte le responsabilità dell’amministrazione uscente sono del sindaco Landriscina. Anche se non si può ignorare il deludente risultato di Elena Negretti, sostenuta pubblicamente e privatamente attraverso una lettera, dal primo cittadino uscente.

Quasi nessuno degli ex componenti della giunta, salvo dimissioni degli eletti, entrerà nel nuovo consiglio comunale, chiunque sia il vincitore del ballottaggio.

Impossibile poi non notare come gli elettori abbiamo premiato chi ha saputo fare opposizione in modo efficace negli ultimi cinque anni. Un elemento che si evince dallo straordinario risultato di Alessandro Rapinese, ma anche dalle preferenze ottenute da Patrizia Lissi del Pd e Vittorio Nessi, eletto la volta scorsa nella lista civica a sostegno di Maurizio Traglio.

Infine, il consenso complessivo ottenuto dalla coalizione di centrosinistra a sostegno di Barbara Minghetti è andato oltre la tradizionale rappresentanza raccolta nelle elezioni precedenti in città. Certo c’è stato un effetto “traino” del Pd che, nel primo turno di questa tornata è andato bene pressoché ovunque, ma anche un giudizio positivo sulla coalizione di spiccato profilo riformista.

Se tanto dà tanto, anche il voto del ballottaggio rispecchierà, forse ancora di più, la consapevolezza degli elettori e anche la loro capacità di andare oltre l’identità politica in presenza di una proposta credibile. Non la trascurino i candidati perché l’esito delle urne di domenica 26 è tutt’altro che scontato. Certi automatismi che regolavano la politica di un tempo, ormai non funzionano più.

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