Quando, il giorno dopo le elezioni, dall’esito tanto scontato quanto clamoroso, una garrula giornalista di una nota televisione nazionale ha comunicato alla nazione che “Giorgia Meloni - come sempre - è al lavoro” abbiamo capito che anche l’ennesima rivoluzione italiana sta già scivolando inesorabilmente nel grottesco.
Uno perde del gran tempo a interrogarsi, a cercare di cogliere l’emergere delle nuove pulsioni, il persistere di quelle vecchie e strutturate, insomma, a capire l’aria che tira, e legge e studia e analizza e si infervora e si arrovella e poi, invece, all’improvviso, realizza che è tutto molto più semplice. I giornalisti. Basta guardare i giornalisti. Ma non noi poveri e miseri giornalistucoli di serie C, anonimi personaggetti da racconto di Cechov, o forse meglio di Gogol’, con i nostri lupini, le nostre miserie, le nostre notiziole di paese, le nostre buone cose di pessimo gusto, tanto tanto provinciali, no, qui stiamo parlando dei Grandi Commentatori, quelli che te la spiegano da mane a sera, e catoneggiano e sdottoreggiano e tromboneggiano e ti indottrinano con il ditino alzato e si grattano la pera e danno la linea sull’universo mondo - dal fascismo alla filologia romanza, dalla poesia in lingua d’oc al carburatore del Garelli, dall’astrofisica quantistica alla manualità dei calafati genovesi - non tanto sui giornaloni, che non legge più nessuno, ma quanto e soprattutto in televisione e sui mirabolanti social, dei quali, signora mia, ormai non si può proprio più fare a meno.
In queste ore il Grande Commentatore di tipo A è tutto un frizzo, un lazzo, un guizzo. E Giorgia Meloni di qua e Giorgia Meloni di là e quanto è ganza la Meloni e quanto è seria la Meloni e quanto studia e si applica e si immola alla causa la Meloni e quanto è monastica e atarassica e flagellante e, soprattutto, sobria la Meloni (e quando il Grande Commentatore di tipo A tira fuori l’aggettivo “sobrio” è proprio finita, visto che è stato il sigillo papale che ha segnato la mitologia, e il declino, di Dini, Ciampi, Monti e Draghi). E tutti lì, i Grandi Commentatori di tipo A, ad appena 24 ore dal fattaccio, a trillare e a cinguettare e a pigolare e a sbavare e slappare e srotolare sulle magnifiche sorti e progressive della nuova Thatcher. E nei giorni seguenti, più si avvicina il momento delle nomine in Rai e nei posti chiave della comunicazione mainstream, più monta l’irrefrenabile orgasmo servile e adulatorio, che da sempre è la vera cifra della nostra meravigliosa categoria, e più sbocciano da queste penne montanelliane immagini retoriche degne dell’Istituto Luce: la Meloni che rianima le sorti del Belpaese, la Meloni che taglia le tasse e acciuffa uno a uno gli evasori, la Meloni che moltiplica i tassisti e i balneari, la Meloni che blocca il riscaldamento globale e difende la purezza del parmigiano reggiano, la Meloni che conia esametri e aforismi, la Meloni che impone le mani, la Meloni che nazionalizza Instagram, la Meloni che accarezza bambini biondi, la Meloni che bombarda Putin. Tutto vero.
In contemporanea, però, è entrato in scena anche il Grande Commentatore di tipo B, altro profilo umano della nostra poliedrica, ma sempre autorevolissima corporazione, il quale, pure lui appena 24 ore dopo la presa della Bastiglia, appare in video tutto rubizzo e scarmigliato a ululare sulla democrazia in pericolo, sull’attacco al cuore della Costituzione più bella del mondo (che poi questa cosa qualcuno un giorno o l’altro dovrà pure spiegarcela…) e che è una vergogna, è uno scandalo e dove andremo a finire e ora e sempre Resistenza, anche se non si capisce davvero come mai tutti questi signori, invece di rifugiarsi in Francia o a Malta o di inerpicarsi sul Resegone o sul Palanzone o sul Gran Zebrù con il moschetto degli alpini della Tridentina a organizzare le brigate Garibaldi contro il nuovo fascismo imperante siano ancora tutti qui a infestare telegiornali, talk show e maratone a ogni ora del giorno e della notte (e pure questo è un bel mistero…). E che disperazione e che avvilimento e che disprezzo per i soliti, insopportabili, ignoranti, ottusi italiani caproni e spaghettari, che non c’è verso, è un popolo di servi e di smidollati e aveva ragione Mussolini - contrappasso? - quando diceva che governare gli italiani non è impossibile: è inutile, e ce la meritiamo la Meloni e ce lo meritiamo Salvini e ce lo meritiamo Berlusconi, che alla fine diventa un po’ come una seduta di autocoscienza di “Ecce Bombo” di Nanni Moretti: e la sinistra dov’è? e la sinistra cos’è? e la sinistra non c’è! Tutto vero pure questo.
Che poi, in fondo, come sempre, tra il Grande Commentatore di tipo A e il Grande Commentatore di tipo B non c’è alcuna differenza. È tutta una sceneggiata, tutta scenografia, tutta coreografia. L’unica cosa a cui tengono, il tipo A e il tipo B, anche se sembrano così diversi - e invece sono del tutto identici e complementari - è recitare al meglio la propria parte in commedia, coprire uno spazio, ritagliarsi un quarto di visibilità pro o contro Meloni, è lo stesso, non è importante né dirimente. L’importante è rimanere lì, inchiavardati allo strapuntino, quale che sia, sempre e comunque, e passare le giornate a spiegartela, a dirti come vanno le cose, qual è il segreto segretissimo dell’esistenza, mentre tu te le bevi tutte quante le loro baggianate, le loro finte indignazioni, le finte zuffe circensi tra quelli di destra e quelli di sinistra.
Mentre invece non è vero niente, perché la vera divisione non è mai tra destra e sinistra, ma tra alto e basso, tra quelli che sanno stare al mondo e quelli che contano meno di zero. E indovinate un po’ chi siamo noi tra i due?
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