Diabete, che rivoluzione: ecco l’insulina settimanale

L’intervista La percentuale dei pazienti diabetici in Italia è intorno al 6% ma i numeri sono in costante incremento. «Ora sarà possibile esercitare un miglior controllo della malattia anche sui soggetti poco aderenti alle terapie»

L’approvazione dell’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) della nuova insulina con somministrazione settimanale segna un passo importante per i pazienti diabetici. Abbiamo chiesto al professor Carmine Gazzaruso, responsabile della Endocrinologia dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano e professore di Endocrinologia dell’Università Statale di Milano, di aiutarci a capire meglio come cambierà la qualità di vita dei pazienti grazie a questa novità.

Professore, la prima insulina settimanale è una novità di cui si parlava da tempo ma che oggi interessa più da vicino anche per i pazienti italiani. Di che numeri stiamo parlando?

La percentuale dei pazienti diabetici in Italia si attesta intorno al 6% ma i numeri sono in costante incremento. Una percentuale simile di soggetti è affetta dal pre-diabete. Inoltre, per ogni due diabetici noti ce n’è uno che non è noto. Ciò significa che in Italia almeno 5 milioni di soggetti hanno il diabete e che un numero simile di pre-diabetici è a forte rischio di svilupparlo.

Quanti con diabete di tipo 1 e 2?

Quasi il 10% dei diabetici soffre di diabete di tipo 1, caratterizzato da una incapacità di produrre insulina, per cui subito si ricorre a una terapia esclusiva con insulina. Circa il 90% dei diabetici è di tipo 2. In questi casi l’individuo mantiene la capacità di produrre l’insulina, che addirittura è spesso aumentata, anche se essa non è in grado di svolgere correttamente le sue funzioni biologiche. Pertanto, in prima istanza, si utilizzano altri farmaci. Tuttavia, anche nei diabetici di tipo 2 (in circa il 25% dei casi) col tempo può comparire una incapacità di produrre quote adeguate di insulina, per cui si deve avviare la terapia insulinica.

Qual è la principale novità che porta questa nuova insulina? E a chi è rivolta?

La novità è che viene somministrata una volta alla settimana al posto di quelle insuline assunte una volta al giorno. La sua durata d’azione è esattamente di 8.2 giorni, mentre le insuline giornaliere a lunga durata hanno una durata massima di 24 ore. La maggior parte degli studi è stata eseguita sui diabetici di tipo 2, per cui la sua prima indicazione sarà per questa tipologia di pazienti. Per i diabetici di tipo 1 abbiamo ancora dati insufficienti.

Quando sarà possibile prescriverla?

Appena ci sarà l’autorizzazione dell’Aifa. Questo potrebbe arrivare per il prossimo autunno.

Si parla di pazienti adulti, quindi, da che età sarà possibile utilizzarla?

La stragrande maggioranza dei pazienti dei diabetici di tipo 2 è adulta, con un’età in genere maggiore di 45 anni, anche se non mancano diabetici di tipo 2 giovani, talvolta adolescenti. L’utilizzo sarà grosso modo per i soggetti che in genere hanno un’età superiore ai diciotto anni. Per bambini e donne in gravidanza sono richiesti studi specifici che ne documentino, oltre alla efficacia, anche la sicurezza.

Ad oggi, invece, come funziona la somministrazione del farmaco?

Nella maggior parte dei diabetici di tipo 2, spesso si usa una delle insuline a lunga durata, che in genere vengono somministrate una volta al giorno, solitamente la sera dopo cena. Queste vengono di norma associate agli altri farmaci usati per la cura del diabete, oppure, nei casi ritenuti necessari, ad altre insuline a breve durata d’azione, somministrate ai pasti.

È vero che spesso i pazienti diabetici ritardano la somministrazione giornaliera?

Il fatto di doversi somministrare l’insulina tutti i giorni può portare a due tipi di problemi. Il primo è che il paziente potrebbe non rispettare l’orario di somministrazione. Un altro problema è che il paziente, alcuni giorni o in molte occasioni, salta completamente la somministrazione. Questo è un problema molto importante riguardante la cura di tutte malattie croniche e prende il nome di aderenza alla terapia.

E cosa comporta?

In genere l’aderenza alla terapia si riduce quando si assumono più farmaci, quando la loro somministrazione è frequente, oppure, se è potenzialmente dolorosa o fastidiosa. Nel caso di inadeguata aderenza alla terapia insulinica il controllo delle glicemie diventa inadeguato e questo si può ripercuotere su un maggior rischio di sviluppare complicanze a carico di cuore, cervello, occhio, rene e piede.

Ma come è stato possibile passare da un farmaco quotidiano a uno settimanale?

L’insulina settimanale, grazie a delle modifiche della sua struttura, si lega all’albumina nel sangue circolante e viene gradualmente e costantemente liberata nell’arco della settimana.

Da quanto tempo si parlava di questa novità, quindi, quanto ci è voluto prima di arrivare all’ok di Ema?

I sei trial più importanti sono stati pubblicati nel 2023. Questi sono detti trial di fase III e sono stati tutti iniziati almeno 26 settimane prima della pubblicazione. Solo però quando i trial di fase III vengono conclusi e pubblicati si può richiedere l’autorizzazione per l’immissione in commercio. È importante ricordare che un’altra insulina settimanale sta concludendo i trial di fase III e presto potrebbe avere l’autorizzazione di Ema.

Quanto inciderà realmente sulla qualità di vita dei pazienti?

Sicuramente inciderà sul controllo del diabete nei pazienti poco aderenti alla terapia che, passando da 365 a 52 iniezioni all’anno, saranno più regolari nella assunzione. La qualità della vita sicuramente migliorerà in tutti i pazienti che ne potranno usufruire.

Cambierà anche il monitoraggio quotidiano dei parametri?

Il controllo del compenso glicemico tra i pazienti diabetici trattati con l’insulina settimanale e quella giornaliera negli studi è stato sovrapponibile, per cui non c’è d’aspettarsi un migliore controllo nei diabetici che assumono l’insulina giornaliera e sono aderenti alla terapia. Il controllo sarà invece migliore in quei pazienti poco aderenti alla terapia con l’insulina giornaliera. I controlli delle glicemie ovviamente dovranno essere mantenuti con cadenze simili a quelli richiesti con altri regimi di trattamento insulinico, soprattutto per verificare che nel tempo il compenso si mantenga adeguato.

Il diabete è in costante aumento nella popolazione mondiale, quali i prossimi sviluppi per quanto riguarda diagnosi?

L’aumento in tutto il mondo è legato a uno stile di vita sempre più inadeguato. La diagnosi oggi è abbastanza agevole perché si fonda su banali esami di laboratorio. Più attenzione deve però essere rivolta allo screening del diabete, proprio perché sono ancora tanti i diabetici misconosciuti, che devono essere intercettati e trattati precocemente per evitare gravi complicanze.

E per il monitoraggio e trattamento?

La misura preventiva e terapeutica più efficace è la modificazione dello stile di vita, con l’introduzione di una regolare attività fisica e una dieta appropriata. Inoltre, è importante la conoscenza e la capacità di gestire la propria malattia, sia per quanto riguarda il suo monitoraggio che il trattamento. Riguardo il trattamento farmacologico, mai come in questo periodo, in diabetologia si hanno a disposizione farmaci innovativi, in grado addirittura di contrastare le complicanze del diabete indipendentemente dalla riduzione delle glicemie, tanto da essere stati autorizzati anche in pazienti non diabetici con alcune malattie cardiache e renali. Questi farmaci sono in grado di indurre un calo di peso, contrastando l’obesità. Altri farmaci presto arriveranno in commercio in Italia, tra questi la tirzepatide, già in commercio in altri stati.

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