Frana di Civiglio, siamo alle carte bollate: ricorso contro l’ordinanza del sindaco

Quartieri La proprietà del terreno chiede al prefetto di annullare le richieste del Comune - Il motivo? L’origine dello smottamento di maggio sarebbe in un terreno sovrastante

Como

Si complica la questione della frana di Civiglio, che il Comune sperava di risolvere imponendo qualche centinaia di migliaia di euro di lavori alla proprietaria del terreno dal quale, lo scorso maggio, caddero i detriti che determinarono poi la chiusura di via dei Patrioti.

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In questi giorni il privato ha impugnato l’ordinanza, che risale allo scorso 26 giugno, davanti al prefetto, chiedendone l’annullamento. Il motivo? Più di uno, in realtà, ma la sostanza è quella che il provvedimento del sindaco sarebbe illegittimo ala luce degli esiti della perizia del geologo Flavio Castiglioni che colloca l’origine dello smottamento in un terreno sovrastante e altro rispetto a quello della signora contro cui il Comune vuole rivalersi. Il geologo scrive che lo smottamento di maggio fu conseguenza di «un accumulo strabordante di materiale eterogeneo di spessore non inferiore a un metro» contro la rete metallica che sovrasta il terreno e che segna il confine con l’altra proprietà, e che in altre parole quel materiale proveniva da un’area più a monte. Nel suo ricorso, l’avvocato Aristide Campisani - che assiste la proprietà contro cui il Comune vuole rivalersi - scrive che insomma l’ordinanza è «del tutto carente dei doverosi accertamenti istruttori (...)» i quali «se correttamente esperiti avrebbero consentito a qualsivoglia tecnico, con tutta facilità, di ricollegare quantomeno la provenienza delle acque dilavanti, la loro mancata (negligente) regimazione e, in ultima analisi, l’origine della frana dai terreni sovrastanti». Ci sarebbe poi una questione legata ai soliti presupposti di contingibilità e urgenza di questo tipo di ordinanze, che nel caso specifico - sempre stante il ricorso - sarebbero insussistenti, se non altro visto che in questi quattro mesi «le transenne sono sempre rimaste spalancate, con indisturbato passaggio quotidiano di pedoni, camion, trattori, auto, moto, ciclisti, croce rossa e persino - scrive l’avvocato - autobus di linea». Infine c’è una questione di “sproporzioni”, nel senso che l’ordinanza di giugno appare abnorme nelle sue pretese, trattandosi appunto di lavori per almeno 300mila euro, laddove invece la pubblica amministrazione avrebbe l’obbligo di usare nei confronti dei cittadini una certa cautela, per non dire un certo buonsenso, che in questo caso sembrerebbe venire meno. È un po’, in altre parole, come se l’amministrazione pretendesse di rifare la collina a spese del privato.

La palla passa al prefetto, che deciderà.

Appena la scorsa settimana Palazzo Cernezzi aveva stanziato il denaro per procedere alla messa in sicurezza del versante, in modo da poter riaprire la strada. Nell’occasione il sindaco Alessandro Rapinese, chiarendo che l’amministrazione si sarebbe poi rivalsa nei confronti della proprietà, aveva annunciato l’intenzione di portare la questione in tribunale.

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