Un politico di governo che, in piena campagna elettorale, impone una scelta impopolare è davvero un po’ come la mitica notizia inseguita da generazioni di giornalisti dell’uomo che morde il cane. Quindi bisogna dare merito a Giancarlo Giorgetti per aver affondato i denti nel superbonus 110, una delle misure più inique e scellerate della storia repubblicana. A maggior ragione perché il titolare dell’Economia nel governo Meloni appartiene alla Lega, il partito che più di altro è a caccia di consensi alle europee in cui aveva stravinto cinque anni fa e ora rischia di diventare il fanalino di coda della coalizione italiana di centrodestra. Per questo coraggio si può anche perdonare a Giorgetti di essere rimasto in silenzio quando l’esecutivo guidato da Mario Draghi e di cui lui faceva parte, aveva avallato il provvedimento, voluto dal movimento Cinque Stelle. Forse il superbonus poteva avere un perché ai tempi in cui è stato varato: si tentava di uscire dall’emergenza Covid e ci voleva una scossa per dare una spinta all’economia nel settore delle costruzioni. Ma dopo sarebbe stato meglio lasciar stare, visti i danni provocati ai conti dello Stato. Com’è noto il 110 consente di avviare lavori di ristrutturazione edilizia rimborsati dall’erario in misura maggiore rispetto alla spesa. Con questo 10% in più è stata data facoltà ai cittadini di cedere il credito alle imprese che realizzavano i lavori o alle banche che anticipavano le spese che avrebbero in cambio intascato quella percentuale eccedente i costi.
Un interesse, peraltro, molto superiore a quelli praticati sui prestiti anche personali e non solo sui mutui, persino in questi tempi di tassi elevati. Figuriamoci all’epoca in cui il superbonus era stato lanciato con il costo del denaro a livelli vicini o anche inferiori allo zero. Già questo poteva rappresentare una stortura. Poi ci sono stati gli effetti sul mercato delle costruzioni, con un immediato e incontrollato rialzo dei prezzi delle materie prime e delle lavorazioni che sono andati quasi a vanificare i benefici degli altri bonus edilizi. A seguire, perché siamo sempre in Italia dove i furbetti non mancano mai, sono arrivate le truffe dei falsi lavori certificati con superbonus approvato. Poi c’è un altro aspetto che rende questo provvedimento del tutto ingiusto: la sua applicazione indiscriminata a tutti, cittadini non abbienti e milionari nella stessa misura e a spese di Pantalone, cioè anche di coloro che non hanno usufruito del superbonus, ma, con le loro tasse, hanno contribuito a quella regalia del 10% che magari è stata intascata anche da tanti evasori.
Con tutto il rispetto dei benefici che sono arrivati per il settore delle costruzioni che fa Pil, e anche al decoro delle nostre città, il prezzo pagato da tutti e che si continuerà a pagare per anni, appare davvero eccessivo. Altro che “uno vale uno” il demagogico slogan dei Cinque Stelle. Qui uno paga e vale certo meno di chi beneficia di questa regalia di Stato. Bene perciò l’intervento di Giorgetti che quantomeno ha spalmato su dieci anni anziché quattro le detrazioni legate al superbonus. Poi si potrebbe andare oltre. Poiché tutte queste misure servono anche a cercare di far pagare il più possibile le imposte indirette e magari anche a “risarcire” i contribuenti onesti, se davvero lo Stato avviasse un’azione incisiva per il recupero dell’evasione, si potrebbe operare in un quadro più equo e sostenibile. Senza guardare, come ha fatto il ministro dell’Economia, solo agli interessi di bottega.
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