
Cronaca / Como città
Giovedì 27 Febbraio 2025
«Ho detto a mio marito che l’avrei lasciato. E sono quasi morta»
Breccia Parla la donna intossicata per il monossido dal braciere: «Mi ha detto “saremmo stati separati per sempre”»
Gli avvocati dell’uomo accusato di aver tentato di uccidere la moglie e i suoi tre figli, avvelenando loro e se stesso con il monossido di carbonio, in un appartamento di via Tettamanti, a Breccia, respingono l’accusa e fanno notare: «È stato lui a dare l’allarme». Ma il giorno dopo l’allontanamento da casa dell’uomo, da parte dei carabinieri di Rebbio su ordine del Tribunale, emergono ulteriori dettagli sull’accusa. E, in particolare, le parole della moglie.
La donna, che si era rivolta a un legale (l’avvocato Federica Lombardo) per avviare le pratiche di separazione del marito, nei giorni successivi le dimissioni dall’ospedale dopo aver rischiato di morire a causa delle esalazioni di quel braciere acceso in camera da letto, ha raccontato i suoi sospetti a carabinieri e Procura. Assistita dall’avvocato Andrea De Rinaldis, ha spiegato agli inquirenti: «Da un anno mio marito ha iniziato a cambiare comportamento, con me. È diventato chiuso, taciturno, spesso pensieroso». Di più: «All’improvviso ha iniziato a dirmi di non andare più al lavoro, perché dovevo restare in casa a occuparmi dei nostri tre figli».
Per questo motivo sabato 25 gennaio scorso la donna, rientrata a casa dopo essere andata a fare la spesa con uno dei figli, ha detto al marito che voleva lasciarlo. Lui è rimasto calmo: «Come se nulla fosse accaduto tra di noi» ha spiegato lei.
Quella sera l’uomo, un operaio tessile di 50 anni (di cui non forniamo il nominativo per tutelare i figli minorenni), tunisino ma con cittadinanza anche italiana, dopo cena è andato a letto presto. La moglie, dopo aver terminato di sistemare la cucina, si è addormentata sul divano.
Dopo mezzanotte è stata svegliata dal marito: «Vieni in camera a dormire», le ha detto. E così lei l’ha seguito. «A quel punto, per quel che ricordo mi sono addormentata». L’immagine successiva è di molte ore dopo: «Ho riaperto gli occhi in ambulanza senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. Ricordo due dei miei figli, erano al mio fianco sull’ambulanza e cercavano di farmi parlare». La donna viene ricoverata, portata in camera iperbarica e salvata.
«Mio marito non mi ha mai chiesto come stessi» né si è mai presentato in stanza per trovarla. Quindi, il giorno dopo, gli ha scritto un messaggio chiedendo come mai avesse acceso il fuoco in camera, pur sapendo che la dottoressa si fosse raccomandata di non farlo perché era pericoloso. «Lui mi ha chiamato. E mi ha detto soltanto che così “saremmo stati separati per sempre”».
«Sulla base della misura emessa, e in attesa di poter valutare per intero il fascicolo, ci sembra di poter dire che in questa storia ci sia qualcosa che non torna – commentato gli avvocati Raffaele e Andrea Donadini che assistono il marito – Anche il nostro assistito è rimasto intossicato, era presente pure lui non solo nella casa ma anche nella camera dove c’era il braciere». I due legali comaschi fanno anche riferimento ad un preciso passaggio della misura cautelare, quello in cui uno dei figli della coppia avrebbe riferito di aver sentito il padre al telefono chiedere aiuto: «Se davvero l’intento fosse stato quello che viene contestato, che motivo avrebbe avuto di fare una telefonata del genere?».
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