Il brigadiere che uccise il suo maresciallo giudicato incapace di intendere e di volere. La famiglia della vittima: «L’omicidio poteva essere evitato»

Asso La perizia definisce il brigadiere incapace di intendere e di volere al momento del delitto. Parla l’avvocato Camporini: «Eppure gli era stato permesso di tornare in servizio con l’arma»

«Le conclusioni cui è giunto il consulente mi paiono contraddittorie, ma soprattutto mi rattrista il fatto che questo era un omicidio che si poteva e si doveva evitare».

L’avvocato Paolo Camporini assiste la famiglia del luogotenente Doriano Furceri, comandante della stazione dei carabinieri di Asso, ucciso da Antonio Milia, brigadiere della sua caserma, nel pomeriggio (erano le 17) del 27 ottobre 2022.

Il colpo di scena

Come raccontato sul giornale di ieri, l’incidente probatorio tenutosi davanti al Tribunale Militare di Verona, alla presenza anche della moglie e di due dei tre figli della vittima, si è concluso con un colpo di scena, ovvero con la valutazione del perito del giudice – il dottor Giancarlo Boncompagni di Bologna – sulla totale incapacità dell’indagato di intendere e di volere nel momento in cui veniva commesso l’omicidio. Milia che è stato anche ritenuto pericoloso socialmente (con una pericolosità quantificata in «medio alta») e, in chiusura di giornata, anche con la revoca della custodia cautelare in carcere per il brigadiere.

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Milia non è ancora uscito da San Vittore, per la verità, perché proprio in seguito alla pericolosità sociale dovrà attendere un posto in quelle che vengono chiamate Rems, ovvero le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza.

Conclusioni

«Rispetto le conclusioni del Ctu, che peraltro pubblico ministero e giudice potrebbero disattendere – commenta l’avvocato Camporini, all’indomani di questa turbolenta giornata – Conclusioni che tra l’altro non condivido perché mi paiono contraddittorie, laddove da un lato si afferma che l’atto omicidiario è stato volutamente diretto alla persona del comandante, dopo una notte insonne nella quale è maturata la decisione, dall’altro che lo stesso atto, portato a termine con ferma lucidità, sia frutto di un delirio paranoico che ne escluderebbe la capacità di intendere e di volere».

Due lati di una medaglia che per la famiglia di Furceri non possono affatto stare assieme: o Milia era lucido e in grado di capire quello che faceva, arrivando a quell’omicidio non frutto del caso, oppure non lo era ed era incapace di intendere di volere. Anche se il consulente della difesa al riguardo avrebbe dato una spiegazione, sostenendo che un soggetto psicotico non deve per forza di cose essere privo di lucidità.

Diagnosi non corretta

L’avvocato Camporini però va oltre: «Mi rattrista il fatto – commenta - che sia stato confermato che, a causa di diagnosi non corrette e di decisioni assunte senza i dovuti approfondimenti, sia stato consentito ad una persona malata di rientrare in servizio e comunque di utilizzare l’arma di ordinanza senza controllo».

Da questa considerazione la conclusione: «L’omicidio si poteva e si doveva evitare e quindi saranno sottoposte al vaglio delle Autorità competenti eventuali responsabilità». Il riferimento sembra essere rivolto a quella Commissione medica che, solo pochi giorni prima del delitto, aveva valutato positivamente il rientro in servizio del brigadiere Milia.

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